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LA STORIA

Palanzano, quel soldato salvato dagli «eroi dell'Appennino»

Palanzano, quel soldato salvato dagli «eroi dell'Appennino»

di Maria Chiara Pezzani

11 Ottobre 2023, 09:12

Palanzano Si è trasformato in un «detective» a servizio della storia, appassionandosi al racconto racchiuso in quelle pagine che per caso gli sono finite tra le mani. Ha cercato di ricostruire il percorso, di intuire le date, i volti e le persone incontrate, i luoghi descritti. Ed ora è tornato in Italia per aggiungere nuovi tasselli al racconto, ripercorrendo i passi di un giovane soldato inglese in Appennino, scenario della vicenda che ha appassionato numerose persone tra Inghilterra e Italia, unite dalla memoria e dalla storia.

Il professore Robert Tregay, pianificatore ambientale e architetto paesaggista, nonché scrittore di romanzi di ambientazione storica, nei giorni scorsi è giunto sul nostro territorio per approfondire ancora una volta le vicende narrate da Eric Newby, noto travel writer britannico scomparso nel 2006, che trovò rifugio nel nostro Appennino grazie ad una straordinaria catena solidale.

Una storia narrata in «Love and War in the Apennines», pubblicato nel 1971, in cui ha messo nero su bianco gli anni trascorsi in Italia, dalla cattura in Sicilia (era in forza alle Special Boat Service) nell’agosto 1942 fino al trasferimento nel campo PG49 a Fontanellato.

Poi l’8 settembre e l’annuncio dell’armistizio, che vive in ospedale a causa di una frattura, la fuga grazie ad una ragazza di origine slovena (Wanda, che diventerà poi sua moglie), al padre della giovane, insegnante a Fontanellato, ad un medico locale e al movimento partigiano. Viene portato a Capoponte: in mano ha una lista di nomi e indirizzi a cui rivolgersi. È l’inizio del suo cammino, ospite del coraggio di chi incontra a Capoponte, Madurera, poi a Lalatta, Casagalvana e infine a Vecciatica. Il 29 dicembre 1943 venne catturato dai tedeschi, tradito (pare) in cambio dell’incolumità del paese vicino.

Un libro in grado di offrire, attraverso lo sguardo del protagonista, anche uno spaccato della vita della gente in quegli anni. Paesaggi, case e incontri che ha narrato tra realtà e romanzo e che Tregay ha quasi completamente ricostruito nei suoi sopralluoghi, seguendo la mappa e le descrizioni dei luoghi, affidandosi agli appunti di Newby e alle testimonianze delle persone.

«Nel 2016 ero malato e un amico mi ha dato questo libro da leggere – racconta il professore -. Mi ha preso come nessun’altra avventura che ho letto, ma mi ha suscitato anche tante domande». Interrogativi che non ha lasciato cadere, molla per ricostruire passo dopo passo la vicenda. «Il primo viaggio l’ho fatto con mio fratello nel 2017, poi ancora nel 2018 e nel 2019. Per la mia ricerca ho contattato la famiglia Newby, la figlia Sonia, e la Monte San Martino Trust (associazione nata per mandare avanti i rapporti e la memoria dei soldati britannici in Italia dopo l’8 settembre e gli italiani che li hanno aiutati, ndr). Non è stato facile, il libro è romanzato, i nomi sono diversi a tutela delle persone coinvolte, i tempi sono difficili da accertare».

Colpito da una vicenda manifesto di una straordinaria solidarietà, «che mostra come gli eroi della storia sia la gente dell’Appennino, molti dei quali hanno rischiato tutto, se stessi, i loro bambini e i loro paesi per salvare uno straniero in difficoltà» ha scritto in un recente saggio esito del suo lungo approfondimento, Tregay è riuscito a dare un volto ad alcuni dei protagonisti, come la famiglia Ugolotti che viveva a Madurera, la famiglia Pellegri a Zumara di Lalatta e la famiglia Agostini.

L’ultimo suo viaggio, accompagnato dalla moglie Karin Ertzgaard e da Maria Teresa Bonomini, lo ha portato a Lalatta, a Villa Ada, uno dei luoghi in cui il giovane soldato inglese trovò rifugio, protetto dalla famiglia del dottor Giovanni Agostini. Accolto dalla pro nipote Eva Cislaghi e da suo zio Ambrogio Cislaghi, attento ascoltatore e custode di queste memorie, ha potuto visitare la grande casa in cui il tempo sembra cristallizzato, respirando l’atmosfera di uno dei luoghi narrati nel libro.

Qui Tregay ha potuto confrontarsi con i racconti tramandati nella famiglia Agostini, verificando alcuni fatti riportati nel romanzo. Ha toccato con mano il tavolo attorno al quale Newby e gli Agostini si sono riuniti per quello che lo scrittore definisce «the board», il consiglio, per decidere dove nasconderlo visto il pericolo ormai crescente.

A Lalatta e Zumara, dimora con intorno un podere sempre di proprietà di Giovanni Agostini e gestito dalla famiglia Pellegri, il soldato si è fermato probabilmente per molti giorni, forse settimane. A villa Ada, che porta il nome di Ada Rossi, prima moglie del rinomato dentista a Milano, il dottore viveva con il figlio Giampiero, (giovane studente di medicina che ha aiutato, ricucendo le loro ferite, anche i partigiani della zona), la seconda moglie Maria Attolini, e tre sfollati provenienti da Langhirano, Irma, Mario e Rossana, futura moglie di Giampiero. Il figlio più giovane, Bruno, era invece tra le fila dei partigiani, probabile collegamento per l’arrivo e gli spostamenti di Newby. Una casa con tante persone in cui ha trovato solidarietà e aiuto, più forti del timore di essere scoperti.

Cislaghi ha mostrato la sala dove la sera si giocava a carte e i tre nascondigli da usare in caso di perquisizione da parte dei tedeschi: la stanza nascosta dall’armadio, la ghiacciaia, e il terzo, ora non più raggiungibile, attraverso un tombino, ingresso ad un locale cieco sotto la limonaia.

Il giorno successivo si sono poi inoltrati nel bosco sopra al paese per cercare un altro luogo descritto nel libro, dove, accompagnato da Giampiero, Newby si era nascosto per diverso tempo dopo un’incursione tedesca. Lo scrittore inglese lo identifica come «the cave», una piccola grotta naturale sotto un costone di roccia, coperto con delle assi e celato dalla fitta vegetazione. Oggi l’instabilità del terreno ne ha cambiato il volto rispetto a 80 anni fa, ma per la soddisfazione di Tregay sono riusciti a individuarlo.

Nuovi tasselli per continuare a raccontare questa straordinaria storia perché possa essere tramandata alle nuove generazioni, protetta dalla scomparsa dei protagonisti, preservata dall’oblio del tempo.

Maria Chiara Pezzani

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