GRANDI OPERE
Certo, trovare i milioni per completare il tracciato della Ti-Bre è tutt'altro che scontato. Per questo, ad un finanziamento diretto dello Stato potrebbe essere preferito un project financing in grado di coinvolgere capitali privati. Questa soluzione potrebbe dare qualche certezza in più e di sicuro accorciare i tempi del cantiere. Nel frattempo Parma, insieme alle regioni attraversate dalla futura autostrada, deve continuare a fare pressing sul Governo. Solo così il progetto non verrà superato da altri lavori e non cadrà nel dimenticatoio. Ne è convinto il presidente dell'Unione parmense degli industriali, Gabriele Buia. «I territori di Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Liguria devono fare squadra per sottolineare quanto quest'opera sia strategica per tutto un sistema sociale, economico e produttivo. Ora non bisogna mollare la presa, ora bisogna continuare ad esercitare una pressione costante sul ministero affinché la Ti-Bre sia messa in pole position rispetto ad altri progetti, per non essere superata da qualsiasi altra opera».
Già presidente nazionale dell'Ance, l'associazione dei costruttori edili, Buia sa che Parma e i suoi «alleati» devono far sentire la loro voce in modo costante a Roma. La lettera dei due assessori regionali alle Infrastrutture di Emilia Romagna e Lombardia sono un primo passo in questa direzione. «Spero che il ministro Salvini abbia quell'attenzione doverosa che si deve riporre quando due Regioni chiedono di poter completare un'infrastruttura importante come la Ti-Bre. Spero ci sia la volontà di completare l'iter rapidamente, per evitare che l'infrastruttura resti un'incompiuta in mezzo a un campo».
Il punto è proprio questo. Il primo tratto della Ti-Bre è realtà, ma dallo snodo di Fontevivo fra l'Autocisa e l'Autosole va avanti solo per pochi chilometri, diretto a nord, prima di fermarsi in aperta campagna a Trecasali. «Le infrastrutture sono progettate, nella loro interezza, per uno scopo, ma se non vengono ultimate sono inutili. Non raggiungono quel beneficio ipotizzato in fase di progettazione». Per non parlare di quello che Buia chiama «il dubbio sociale»: perché vengono spesi soldi pubblici per opere rimaste a metà?
«L'esperienza insegna che le infrastrutture in Italia hanno tempi di realizzazione troppo lunghi. Tempi biblici». E purtroppo non è un'esagerazione. «Le infrastrutture che costano più di 100 milioni di euro, e questo è il caso della Ti-Bre, hanno tempi medi di realizzazione di 16 anni. Sono dati della presidenza del Consiglio. Questi tempi impoveriscono ulteriormente il Paese, non aiutano il tessuto economico e sociale a crescere. Peggiorano la competitività delle imprese. Oggi i due terzi di tempo che si spendono per una grande infrastruttura sono legati alle fasi a monte della gara». I passaggi burocratici sono più lunghi del cantiere vero e proprio. Le lungaggini non fanno bene al Paese.
«Le aziende, per poter competere in un mondo globalizzato, hanno bisogno di infrastrutture. Dobbiamo puntare sul corridoio europeo Tirreno-Brennero per essere competitivi, perché oggi le merci fanno prima ad arrivare al porto di Anversa e poi scendere verso il centro Europa, che non sbarcare a Genova, Spezia o Trieste e salire verso l'Europa centrale».
Poi c'è il problema dei ripensamenti e delle contestazioni. «Una volta chiuso il dibattito su una grande opera, definita e approvata l'infrastruttura, non deve esserci nulla che si frappone tra la volontà espressa dalla maggioranza e la sua realizzazione».
Resta però il delicato equilibrio fra sviluppo e ambiente. «Crescita e ambiente devono viaggiare sullo stesso binario. Parma deve continuare a crescere, a produrre ricchezza e benessere per investire nella sostenibilità ambientale. La crescita è fondamentale per garantire un futuro alle nuove generazioni. Oltre che per pagare il debito pubblico».
Pierluigi Dallapina
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