Piccola Industria
Tutto sta cambiando a ritmi vertiginosi L'innovazione tecnologica sta trasformando il modo di produrre e l'organizzazione delle imprese. Servono nuovi saperi e non c'è tempo da perdere perché sono a rischio le caratteristiche necessarie per competere nell'economia globale. Di questo si parla oggi a Pavia, in occasione del Forum promosso dalla Piccola industri di Confindustria dal titolo «Competenze per le transizioni» che inquadra un tema cruciale per le piccole e medie imprese.
«Transizione significa passaggio, attraversamento - è la premessa di Giovanni Baroni, presidente della Piccola Industria di Confindistria -. Parlare oggi di transizione delle imprese è un concetto molto diverso rispetto al passato. Venticinque anni fa le aziende avevano come obiettivo la crescita continua e cercavano di inventare sempre nuovi prodotti e servizi. Oggi anche quello che si è consolidato in passato viene realizzato diversamente e dunque transizione significa anche cambiare il modo di fare le cose».
La transizione è digitale e ambientale e per restare al passo sono richieste competenze specifiche, «un tema - spiega Baroni - che si inserisce in un quadro, quello italiano, in cui esiste il problema annoso del mismatch di competenze, con numeri che negli ultimi anni sono esplosi, complice anche un calo demografico che sarà sempre più marcato. Nel frattempo la disoccupazione giovanile si attesta al 23%. Le piccole medie imprese hanno finora tenuto il passo; oggi se non riescono ad adeguarsi alle nuove richieste rischiano di uscire dalle catene del valore. Come Confindustria, abbiamo ben presente tutto questo, ecco perché da più di un anno parliamo di Industria 5.0: occorre mettere in campo le innovazioni 4.0 ma tenendo al centro la sostenibilità e le persone. Ecco perché è importante investire in innovazione e formazione».
Il Forum di Pavia pone al centro le competenze.
«Industria 4.0 è stato l'ultimo provvedimento di politica industriale nel nostro Paese che ci ha permesso di avviare la ripresa post pandemia meglio di altri, grazie al grande rinnovamento all'interno delle fabbriche - sottolinea Baroni -. Però ci siamo resi conto che il potenziale non è utilizzato al 100%, perché non abbiamo le persone in grado di far funzionare le nuove macchine in modo adeguato».
In questa direzione qualche passo in avanti è stato fatto, gli Its, ad esempio, che proprio a Parma hanno precorso i tempi.
«Ora che è stata varata la riforma - assicura Baroni - sono ancora più incisivi, perché vedono le imprese all'interno dei loro organi di governo. Hanno formato 6mila persone all'anno e la domanda è di almeno 40mila, di certo rappresentano uno strumento di avvicinamento alle esigenze reali delle imprese. Parma è una terra felice, con un tasso di disoccupazione fisiologico. Le esperienze degli Its sono avvenute in tempi non sospetti, pensiamo al food, o alla realtà di Fornovo, grazie alle imprese che si sono impegnate direttamente. Gli Its rappresentano uno strumento interessante proprio per le piccole imprese, perché le grandi si sono organizzate con accademy interne, ovvero hanno la forza, le risorse e l'organizzazione per avviare percorsi per assunti e dipendenti».
Quali misure servirebbero? «Industria 4.0 è stato l'ultimo provvedimento di politica industriale in Italia. Non solo Confindustria, anche il Fondo Monetario Internazionale ha detto che nella manovra varata ora dal nostro paese manca il capitolo che riguarda la crescita. Non servono incentivi o prebende, sono necessari provvedimenti che vadano nella direzione della competitività e che può essere raggiunta solo attraverso un ammodernamento delle nostre imprese. Siamo in un contesto globale in cui gli Stati Uniti stanno scaricando a terra ingenti risorse per l'ammodernamento della manifattura, processo iniziato tanti anni fa, così come la Cina che da vent'anni sta mettendo in campo politiche di stimolo e incentivo alla propria industria. L'Europa, al contrario, è del tutto assente e con essa anche l'Italia. Negli ultimi 20 anni l'industria europea ha perso competitività. Siamo consapevoli delle difficoltà di far quadrare i conti, ma resta il fatto che alle imprese è destinato solo l'8% delle risorse. Quest'anno stiamo assistendo a una frenata clamorosa degli investimenti, complici gli alti tassi e la situazione geopolitica. La Germania, ad esempio, ha messo in campo un piano di politica industriale molto forte per sostenere gli investimenti delle piccole medie imprese. Il grande rischio che corriamo, ripeto, è uscire dalle catene del valore globale».
Patrizia Ginepri
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