Reportage
DAL NOSTRO INVIATO
Roberto Longoni
Campi Bisenzio Una diga di tavole separa via Buozzi dalla rampa di un garage. Sa tanto di stalla chiusa dopo la fuga dei buoi, come testimonia una Peugeot 208 ricoperta di fango secco che sbuca da laggiù. Non è un gran danno, l’anziana proprietaria l’aveva dimenticata da tempo, ma chissà quant’altra devastazione c’è stata sotto il condominio. «A mio marito ho dato le gocce quella notte, temevo gli si spezzasse il cuore: con i suoi 85 anni non era riuscito a correre giù, per mettere in salvo le tre moto d’epoca che sono la sua passione - racconta Carla Melloni, ferrarese d’origine e da 18 anni campigiana -. Meno male che ci avevano pensato i vicini». Il resto è stato buttato, tranne il tricolore riscoperto in un armadio sommerso e ora appeso a un palo dopo un sommario lavaggio. Nella calma di vento, la bandiera così immobile ha un aspetto malinconico. Ma l'anziana sorride. «Ho accettato tutto dalla vita, farò lo stesso pure stavolta, perché c’è anche del bene».
Lei lo ha incontrato (oltre che nei vicini) nei tanti volontari che hanno asciugato e ripulito il garage. «Incredibili, i romagnoli: qui sono venuti con tre motopompe - ricorda -. Hanno ancora problemi a casa, ma sapevano bene quanto bisogno ci fosse qui. Mi hanno perfino ringraziata, andandosene». Intanto, giovani con la pala le chiedono se abbia bisogno. Domanda ripetuta da altri, pochi minuti dopo: a due passi dal municipio, c'è un gran viavai. «E c’è chi li chiama mammoni» commenta la pensionata, aggiungendo che la diga condominiale non verrà tolta fino a quando rimarrà l’allerta. Fa niente che non sia ufficiale: basta un cielo plumbeo come quello odierno, per decretarla. Come Carla, la gente ha paura. «Fragili le “toppe” agli argini del Bisenzio» commenta. E poi a che pro aprire il passaggio per i garage? Là sotto è il regno del fango.
Ci si lotta, con il fango. E lo si usa per sollevare il morale: in terra, su uno spiazzo nella mota la punta di uno stivale ha tracciato un grande cuore; sulla parete interna di un palazzo, tra decine di manate, l'hanno usato come inchiostro, per scrivere «Ti amo» e «Datemi un secchio». Richiesta soddisfatta: parecchi l'hanno avuto, il secchio, e ora ci svuotano le cantine sottostanti, dopo aver formato una catena di una quindicina di volontari. Al vertice, al piano terra, due pratesi «venuti qui perché non si poteva far finta di niente». Tocca a loro svuotare quel che sale da sotto nei bidoni dell’immondizia poi portati via da altri, trainati sulle ruote posteriori. Due ragazze, dal fondo, chiedono il cambio dopo ore senza pausa. Manco a farlo apposta, un paio di giovani s’affacciano dalla via: «C’è bisogno?». Eccome.
Cesare Gentili, un abitante del palazzo, li accoglie sul portone con un grazie. La sua età gli permette di ricordare bene l’alluvione del '66 con i molti stranieri accorsi ad aiutare. Allora di mezzo c’era Firenze. Il 2 novembre la piena ha travolto una Toscana meno nota e per questo più fragile. «Stranieri non ne ho visti - commenta - ma di italiani di tutte le regioni sì, e tanti. Pure giovanissimi: i primi giorni c’erano anche tredicenni a spalar fango». Chi non l’ha fatto subito è perché non ha potuto. Le perturbazioni hanno viaggiato in serie, spesso minacciando le regioni vicine. Per questo, dalla nostra città si è rimandata la partenza: troppo alto il rischio di dover intervenire già nel proprio territorio.
Ora, i cinque del Seirs (il presidente Luigi Iannaccone, con il fratello Paolo, Ines Seletti, Alessandro Tosatto e Luigi Quintavalla), i due di Sos Langhirano (Fabrizia Malpeli e Alessandro Casella) e Rubens Pelizzoni della Croce Azzurra di Traversetolo, arrivati venerdì mattina, nel contesto della colonna dell'Anpas regionale, inseguono gli indirizzi segnalati dalla centrale. Prosciugano pozzetti di ascensori, ripuliscono dal fango strade e cortili. Se la bomba d'acqua che ha trasformato il Bisenzio in un devastatore fosse caduta un po' più a nordovest, ora forse non avrebbero bisogno del Gps.
Come non servirebbe a Roberto Lombardi e ai 30 volontari del gruppo di Protezione civile della Pubblica assistenza di Campi Bisenzio, se solo avessero ancora gli strumenti per intervenire. «Dei venti nostri mezzi - commenta - se n'è salvato uno: era fuori per un'emergenza ed è stato bloccato da un ramo caduto su una strada risparmiata dal disastro». Gli altri? Tutti alluvionati, come la grande sede, moderna e funzionale allagata fino a 70 centimetri d'altezza. Il volontario mostra un furgoncino il cui abitacolo è intriso di fango fino ai poggiatesta. «C'erano due volontari a bordo: hanno fatto appena in tempo a scendere e a correre via». Meglio non fare la conta dei danni, scuote il capo il presidente del sodalizio Settimo Lipani. Meglio contare gli aiuti. «Subito ci sono state prestate due ambulanze - aggiunge Lombardi - e sono venuti “colleghi” fino dalla Calabria, dalla Val d'Aosta e da Bolzano ad aiutarci». Lontani dall'allerta, primi a essere vicini nell'emergenza.
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