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Lirica

Pertusi e Salsi, due parmigiani alla prima della Scala

Pertusi e Salsi, due parmigiani alla prima della Scala

25 Novembre 2023, 03:01

Per i milanesi è “Sant Ambroeus”. Per i melomani vale una messa cantata. Per stilisti, bijoutier e joaillier assortiti, è una formidabile vetrina, finita l'epoca febbrile delle aspre contestazioni (rileggere Dino Buzzati «Paura alla Scala»).

Quest'anno, all'illustre “prima” del 7 dicembre, sul palcoscenico del Piermarini, in un gran cast com'è ovvio, brilleranno due divi di fama internazionale ma, nel cuore, “sempre ragazzi parmigiani”: Michele Pertusi, 58 anni, e Luca Salsi, 48. A voler ben guardare i parmigiani sarebbero tre: c'è anche l'autore dell'opera «Don Carlo», quel Giuseppe Verdi delle Roncole... Un'operona per definizione, che il Nostro fece per Parigi (1867) e rifece proprio per la Scala (1884). Quale occasione migliore per capirla più a fondo se non attraverso lo sguardo dei due protagonisti? In una intervista doppia che esce dal palcoscenico per parlarci della vita.

Nel «Don Carlo» Verdi parla di politica: attraverso i vostri personaggi racconta l'impossibile alleanza tra l'assolutismo (Filippo II) e il liberalismo (Rodrigo Marchese di Posa). Due ruoli agli antipodi.

Pertusi: «Si potrebbe tranquillamente dire che sono due caratteri diametralmente opposti, ma in realtà il conservatore, reazionario Filippo II è incuriosito, se non affascinato, dall’intraprendenza del giovane Marchese di Posa, spirito libero e sognatore. A me piace pensare che Rodrigo rappresenti per Filippo il figlio ideale, mentre con il figlio reale, Don Carlo, ha un rapporto conflittuale, ritenendolo non degno di vestire i panni di un monarca. La politica in quest’opera ha una grande valenza, ma ci sono altri fattori altrettanto decisivi che fanno di Filippo il personaggio drammaturgicamente più completo e complesso di tutta la produzione verdiana per la voce di basso. Nel grande monologo del terzo atto “Ella giammai m’amò”, Filippo è un uomo solo ed è l’unico personaggio di tutta la produzione verdiana a evocare la morte senza esserne direttamente minacciato “Dormirò sol nel manto mio regal”. La morte come fine ultimo senza speranza, un sussurro disperatamente laico».

Salsi: «Rodrigo marchese di Posa è un personaggio positivo. Anzi, è l’unico personaggio positivo dell’opera. E' leale, lotta per la libertà, è fedele nell’amicizia verso Don Carlo e crede nei suoi valori. Ha un aspetto sotteso che lo caratterizza sempre ed è l'ideale politico. Tutto quello che il Marchese di Posa fa, in definitiva lo fa per la libertà delle sue Fiandre: è questo l'unico vero ideale a cui tende. E’ un personaggio difficilissimo, dunque, per le mille sfaccettature sia di interpretazione sia vocali che il ruolo richiede».

Siete infatti molto diversi in relazione a Don Carlo, infante di Spagna (Francesco Meli). Uno è il padre, uno il miglior amico ma con atteggiamenti e sentimenti molto differenti.

Pertusi: «Filippo ritiene il figlio Don Carlo incapace di gestire il potere e con tutta probabilità non si fida di lui, si potrebbe anche intuire che la rivalità in amore tra i due influisca nel deteriorare un rapporto già in origine molto problematico. L’Infante non esita a contrapporsi al padre anche pubblicamente minacciandolo a mano armata, ma non otterrà nulla e anzi, con la morte di Rodrigo, si ritroverà sempre più solo e impotente di fronte all’intransigenza del padre. L’ultimo incontro fra Elisabetta e Don Carlo non è più un duetto d’amore ma risulta essere un canto di morte: “Ma lassù ci vedremo in un mondo migliore”».

Salsi: «Il rapporto di Rodrigo con Don Carlo è di amicizia. Rodrigo cerca di proteggere Don Carlo addirittura arrivando a farsi uccidere per lui. Però credo che il vero volto di Rodrigo emerga nel duetto con Filippo II: lì esce un ragazzo tutto d'un pezzo che non ha timore di guardare il re negli occhi, di chiedergli libertà per il popolo fiammingo, accusandolo di imporre ai suoi stati “la pace dei sepolcri”. A quel punto Filippo, conquistato dal coraggio di Rodrigo, gli consegna il timore segreto di essere tradito e chiede al Marchese di spiare la regina e Carlo. Rodrigo canta “Inaspettata aurora in ciel appar!”, non è in imbarazzo, è contento di conseguire il suo fine politico».

Quante volte avete già interpretato questo ruolo e quanto lo studiate, con quale accorgimento?

Pertusi: «Filippo II lo studio da quando sono ragazzo anche se l’ho debuttato superata la cinquantina e da allora l’ho interpretato in otto diverse produzione e contesti. Ho avuto la fortuna di cantarlo anche nella versione originale in francese. Ma è un personaggio che non si finisce mai di comprendere e per studiarlo, oggi come allora, mi affido a quello che mi suggeriscono le parole. L’unico accorgimento è lasciarsi trasportare dalle parole avvolte da questa straordinaria musica per renderle e comprenderle al meglio. Verdi entra nelle anime e le porta nel suo mondo, fidiamoci di lui».

Salsi: «Questa è la mia quinta produzione di “Don Carlo”. Ogni volta che affronto il ruolo di Rodrigo capisco che è difficilissimo, pieno di impervie insidie e di scogli vocali e tecnici. E' un ruolo che va studiato molto attentamente, soprattutto cercando di eseguire tutti i segni di agogica (le variazioni di movimento, ndr) che il Maestro Verdi scrive in partitura».

Sul podio c'è il maestro Chailly , la regia è dello spagnolo Lluís Pasqual: cosa vi colpisce di più dello spettacolo visivo che immaginiamo sarà imponente…

Pertusi: «Lo spettacolo sarà di un bell’impatto visivo grazie alle scene di Daniel Bianco e ai costumi di Franca Squarciapino garanzia di eleganza e rigore stilistico. Il lavoro sui personaggi è improntato su una recitazione partecipata e mai sopra le righe. Secondo me la strada tracciata in questi giorni di preparazione è giusta».

Salsi: «Lo spettacolo immaginato da Lluís Pasqual è molto classico, rispecchia il tempo e devo dire che mette molto a proprio agio gli artisti. Quanto alla lettura del maestro Chailly, la trovo davvero interessante. Chailly ama molto eseguire i tempi scritti da Verdi (giustamente) e mai come in “Don Carlo” il lavoro è preziosissimo perché Verdi qui scrive tutti i metronomi e i riferimenti di tempo di suo pugno».

Essere amici, venire dalla stessa città (dalla stessa Corale Verdi) forse rende più facile lavorare, specie in occasione di una prima alla Scala che un po' agita…

Pertusi: «Io e Luca ci conosciamo da tanti anni e “parliamo” la stessa lingua, quindi lavorare insieme è per me sempre una festa. Trovarmelo come compagno di viaggio in un’esperienza molto particolare come l’apertura della stagione del Teatro alla Scala e in più con un’opera di Verdi (e che opera!) non mi può che rendere felice. È vero, la serata di Sant’Ambrogio un po’ agita, ma siccome per me sarà la prima volta e Luca ne ha già collezionate diverse, mi farà da padrino e io andrò in scena, se non tranquillo, almeno fiducioso».

Salsi: «E' presto detto, Michele per me è come un fratello maggiore, mi dà sempre consigli, mi sta vicino e mi aiuta nei momenti di difficoltà. Sono fortunato ad avere un “fratello maggiore” così».

Infine: la qualità che apprezzate di più l'uno dell'altro.

Pertusi: «Credo che Luca abbia tutte le qualità che un baritono della sua tipologia deve avere: bellezza di suoni, ampiezza e spessore della voce con una voglia di approfondire stili e personaggi attraverso un attento lavoro sulla tecnica vocale che non può mai essere separata dall’interpretazione. Ma quello che più mi colpisce di Luca è la comunicativa che raramente ho riscontrato anche in grandissimi baritoni del passato. Nella vita di tutti i giorni abbiamo un rapporto quasi fraterno: si ride, si scherza, ci si prende in giro e si parla spesso di canto, di tecnica e… spesso tutto questo finisce con i piedi sotto la tavola perché fra le altre cose siamo anche due buonissime forchette!».

Salsi: «Descrivere le qualità vocali e interpretative di Michele è semplice. Sicuramente è un punto di riferimento da almeno trent'anni per qualsiasi cantante abbia voglia di imparare a cantare bene: legato, morbidezza, fraseggio, interpretazione! Questo è Michele! Un artista con la A maiuscola!».

Mara Pedrabissi

© Riproduzione riservata

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