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Il grido d'allarme del privato convenzionato: «Costi insostenibili per visite e esami con le nuove tariffe. Aumenteranno le liste d'attesa»

Il grido d'allarme del privato convenzionato: «Costi insostenibili per visite e esami con le nuove tariffe. Aumenteranno le liste d'attesa»

di Luca Molinari

27 Novembre 2023, 03:01

«Il più danneggiato è il paziente». É sempre lo stesso il primo commento dei rappresentanti locali delle strutture private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Il nodo della questione è l'applicazione - dal primo gennaio - del nuovo nomenclatore tariffario, ossia il documento su cui si basano i rimborsi previsti per le singole prestazioni offerte.

La Regione nei giorni scorsi, ha recepito con una propria delibera la proposta nazionale del nuovo nomenclatore che modifica e abbassa la retribuzione di gran parte delle prestazioni sanitarie previsti dal Servizio sanitario nazionale e che sarà applicato sia alle aziende sanitarie pubbliche che a quelle private in convenzione.

Il malcontento nasce anche dal fatto che l'Emilia Romagna ha adottato subito tale e quale il tariffario, mentre altre regioni non l’hanno ancora fatto o si sono impegnate a trovare modalità di correzione. Sulla questione la Regione, dopo essere intervenuta in precedenza tramite Luca Baldino (direttore generale Cura della persona, salute e welfare) parlando di «atto dovuto», ha preferito non rilasciare dichiarazioni.

Cosa cambia

Il nomenclatore tariffario, fermo da 27 anni, anziché essere rivisto al rialzo, almeno per adeguarlo all'aumento dei costi, è stato ridotto significativamente. Soprattutto per le attività di diagnostica per immagini, dove gli investimenti sono più alti, si osserva una riduzione tra il 30 e il 35 per cento. Un calo così pesante non consente la copertura dei costi e degli investimenti compiuti dalla strutture sanitarie private.

Le cifre

Ma a quanto ammontano i rimborsi previsti dal nomenclatore tariffario? Il rimborso attualmente previsto per le visite specialistiche è pari a 23 euro. In questo valore è compresa la remunerazione del medico, della struttura e la copertura dei costi generali. Da tempo è stato richiesto un adeguamento perché si tratta di un valore già insostenibile; il nuovo nomenclatore ritocca questa cifra al ribasso, che passa a 22 euro. In sostanza, un medico potrebbe percepire 8-10 euro lordi per un compenso netto per visita effettuata che si aggira intorno ai 5 euro.

Medici danneggiati

La difficoltà nel reperire medici aumenta costantemente: con le nuove tariffe diventerà quindi quasi impossibile trovare professionisti disposti a lavorare guadagnando il 35 per cento in meno del passato, tenuto anche conto di una maggiorazione di contributi Enpam (la cassa di previdenza dei medici) del 4 per cento.

Bisogna inoltre tenere conto che la domanda di prestazioni sanitarie private è in forte crescita anche grazie alla grande diffusione dei fondi ed enti assicurativi. A fronte di una riduzione del 35 per cento del compenso per le attività in convenzione i medici sarebbero portati a spostare le loro disponibilità sul settore privato.

Ticket addio

A tutto questo si aggiunge anche il fatto che fino ad oggi, le strutture erano autorizzate a riscuotere il ticket che poi veniva versato all’Ausl di riferimento, beneficiando di una, seppur minima, disponibilità di liquidità. Da gennaio il paziente dovrà effettuare il pagamento sulle piattaforme dedicate PagoPa, escludendo l’intervento della struttura che perderà così la precedente liquidità.

Guadagni azzerati

Normalmente un'azienda ha un margine di guadagno che oscilla intorno al 10-12 per cento del fatturato e che permette di reinvestire in ammodernamento delle strutture, nuove tecnologie (che in sanità è importante che siano sempre all'avanguardia) e personale per ampliare l'offerta per i cittadini.

Ora un abbassamento delle tariffe in convenzione, così come previsto in alcuni casi, dell’ordine del 20-30 per cento viene ad erodere quel margine di guadagno e pertanto la prestazione verrebbe resa in perdita e quindi non più sostenibile per una corretta gestione aziendale.

Le conseguenze

Le alternative per riuscire a mantenere un minimo livello di sostenibilità sarebbero deleterie: la cessazione di determinate prestazioni; l'erogazione di prestazioni con strumentazioni di basso costo e quindi di bassa qualità con tempi ridotti a semplici controlli superficiali (a questo proposito il nomenclatore tariffario non fa alcuna distinzione con quali strumenti vengono effettuate le prestazioni strumentali); l'impossibilità di trovare professionisti disponibili a lavorare con una retribuzione offensiva per la dignità professionale.

L'Ordine dei Medici

«Il nomenclatore tariffario - spiega Pierantonio Muzzetto, presidente dell'Ordine dei Medici - non riconosce i valori e le responsabilità dei medici e pone la sanità in un piano più basso rispetto a quello che meriterebbe, anche perché non è più rinviabile il dovervi investire con le dovute risorse. Queste scelte non dimostrano la dovuta considerazione riservata ai medici e, più in generale, alla sanità nel suo complesso, adottando soluzioni che tali non sono sul piano dello sviluppo. Davanti a scelte di questo genere viene da chiedersi che tipo di sanità si vuole davvero offrire ai cittadini».

I commenti

Mario Cotti, capo consulta della sanità dell'Upi e direttore generale del Valparma Hospital, è chiaro: «Si profila una grande crisi del Servizio sanitario nazionale perché in queste condizioni non riusciremo più a garantire i volumi di prestazioni diagnostiche fino ad oggi erogati, con il conseguente allungamento delle liste d'attesa. Questa difficoltà è comune a tutte le strutture che fanno parte della compagnie Aiop e Anisap della nostra regione».

Parole ribadite da Camilla Salvi, consigliere delegato della casa di cura Città di Parma. «Si tratta di una vicenda che ha del surreale - dichiara -. Stupisce la decisione della Regione di fare immediatamente proprie queste tariffe, abbattendo quelle già in vigore da tempo. Bisogna arrivare a un tavolo per rivedere assieme questa scelta, certamente non meditata per le sue nefaste conseguenze».

Guido Dalla Rosa Prati, fondatore e amministratore delegato del poliambulatorio Dalla Rosa Prati, non ha dubbi: «Come azienda accreditata offriamo un servizio equivalente al Ssn. Nel momento in cui vengono ridotte le tariffe con un taglio così consistente (30 per cento) e il nostro margine non arriva nemmeno al 20 per cento, è evidente che non c'è più margine per mantenere viva e sana un'azienda. Abbiamo un impegno verso i pazienti, ma anche verso i medici e i dipendenti. Con questa scelta si allungheranno ulteriormente i tempi di attesa».

Roberto Marchesi, direttore generale di Medi Saluser, ribadisce: «La necessità di sopravvivenza delle strutture, che peraltro oggi erogano buona parte del sevizio sanitario di specialistica ambulatoriale alla nostra popolazione, porterà ad una riduzione del servizio per conto del sistema pubblico (per indisponibilità dei medici e impossibilità economica) che si tradurrà in un importante allungamento delle liste di attesa, già fortemente critiche».

Luca Molinari

© Riproduzione riservata

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