IL PERSONAGGIO
La sua storia con il contrabbasso è iniziata da ragazzo, quando da appassionato di jazz ha scelto gli studi musicali. Con la frequentazione delle lezioni di esercitazioni orchestrali, però, la direzione da prendere è diventata ancora più chiara: «Mi sono innamorato dell’orchestra: il jazz lo ascolto ma non lo suono e la mia principale passione è rimasta la musica classica».
Stefano Pratissoli, primo contrabbasso (parmigiano) dell’Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia dal novembre del 1993, descrive l’amore per la musica d’insieme uno dei motivi che ha determinato il corso della sua carriera. Il capoluogo veneto, casa sua da ormai 30 anni, è stato ed è ancora per lui un luogo pieno di stimoli. «Venezia, pur con tutte le sue contraddizioni, è una città che per cultura e per molte motivazioni artistiche ti coinvolge e ti prende, perché possiede una storia musicale infinita, che si svolge in secoli di estremo interesse e bellezza», racconta il musicista, che ha iniziato i suoi studi musicali a Parma, al Conservatorio «Arrigo Boito», dove si è laureato nel 1988.
Di recente, Pratissoli è stato invitato a collaborare con la Cappella Marciana, istituzione musicale fondata nel 1316 alla Basilica di San Marco, nel ruolo di «contrabbasso all’organo», ed è il curatore musicale del celeberrimo contrabbasso costruito da Gasparo da Salò nel 1596, che appartenne al virtuoso veneziano Domenico Dragonetti.
«Lo strumento è stato restaurato nel 2014, dopo un lungo periodo di inattività. Quando l’ho saputo ho chiesto alla procuratoria che venisse suonato, per fare in modo che si mantenesse sempre attivo e venisse curato da un punto di vista musicale e non solo museale – dice l’artista, oggi l’unico a poter suonare questo contrabbasso -. Con un cambio dell’orientamento dei curatori del museo, da un paio d’anni abbiamo trovato una formula e un’antica prassi esecutiva in cui il contrabbasso suona insieme all’organo, accompagnando il coro».
La scelta è stata compiuta soprattutto per onorare le volontà di Dragonetti, che si trasferì a Londra per gran parte della sua vita e che nel suo testamento dispose che il contrabbasso tornasse a Venezia per essere suonato nelle principali festività religiose dal contrabbassista più autorevole della città.
«Questa collaborazione con la Cappella Marciana aggiunge sempre qualcosa alla mia esperienza musicale che dura da tanti anni – ha spiegato il musicista parmigiano -. Questo contrabbasso, che costituisce una sorta di prototipo di quello che conosciamo oggi, fu costruito da Gasparo da Salò che, oltre a essere uno dei più autorevoli liutai della sua epoca, fu un polistrumentista che suonava gli strumenti ad arco che costruiva».
Per Pratissoli, «l’unicum» di questo strumento è rappresentato sia da chi lo assemblò e poi da chi, in seguito, lo suonò in modo eccelso, «diventando un virtuoso ante litteram». «La prima volta che mi è stato concesso di suonare il contrabbasso, che attualmente è esposto in una teca del museo della basilica di San Marco e di norma viene utilizzato da me quasi ogni domenica per la messa cantata, è stato al di fuori degli orari di visita – spiega -. Era una mattina d’inverno, in cui mi diedero appuntamento per le 7.30 e quando arrivai la struttura era vuota. Mi fu permesso di suonarlo fino a quando il museo non sarebbe stato aperto alle visite, quindi fu un momento di grande intimità, in cui ho avuto modo di percepire tutta la storia artistica e musicale che questo contrabbasso racchiude, perché fu suonato per e con i più grandi musicisti della sua epoca. Si parla di Beethoven, Rossini, Haydn, Paganini e tanti altri musicisti italiani che si sono trovati a passare da Londra nella prima metà dell’Ottocento: Dragonetti, lì, divenne un’istituzione e la sua casa fu un punto di ritrovo e di ospitalità per tutti gli artisti, soprattutto italiani, che arrivavano in città in quel periodo».
Pratissoli definisce «intensi» gli anni alla Fenice, «un teatro importante per la tradizione che rappresenta e, dal punto di vista artistico, molto stimolante». «Mi piace anche l’idea di suonare in un teatro dove Verdi ha dato delle prime assolute, a cui venivano commissionate delle opere nuove. Questa vocazione del teatro ad avere sempre a che fare con la musica nuova, dei propri tempi, è una dimensione che mi piace molto e che, in fin dei conti, continua anche al giorno d’oggi, con repertori diversi – conclude Pratissoli, guardando alla sua carriera trentennale a Venezia -. Sono stati anche anni pieni di eventi abbastanza importanti: ho vissuto l’incendio del 1996, come il periodo di attività sotto un tendone, in attesa che il teatro venisse ricostruito. Poi c’è stata la grandissima gioia della riapertura del 2003, le tante tournée all’estero, in sale e festival prestigiosi, e l’occasione di incontrare artisti e direttori di grande livello è sicuramente una parte gratificante per un musicista. È un percorso questo che ancora mi appassiona».
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