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Intervista

Fausto Pizzi portò Camara al Parma nel 2016: «Un grissino sgraziato ma già calciatore»

Fausto Pizzi portò Camara al Parma nel 2016: «Un grissino sgraziato ma già calciatore»

di Sandro Piovani

05 Febbraio 2024, 03:01

Parma-Venezia è finita da un'oretta. Per Drissa Camara il dopo gara è insolito. L'ebbrezza di un gol vittoria segnato al minuto 100 di una gara che potrebbe valere la serie A, una partita che certamente vale molto. Poi la conferenza stampa davanti a molti giornalisti, alcuni anche tifosi. Poi gli amici di sempre, quelli di Traversetolo e quelli che giocavano con lui nelle giovanili del Parma. Le foto con i tifosi. Con quel sorriso che sembra senza fine. L'ultimo abbraccio è forte, forse più forte degli altri. Per il dirigente che lo portò al Parma nel 2016. E che poi lo ha aiutato come calciatore e come uomo. Fausto Pizzi fu scelto dal Parma Calcio 1913, ovvero dai sette soci di Nuovo Inizio, come responsabile del settore giovanile del rinato club. Era il 2015, la ferita del fallimento era ancora profonda ma parallelamente c'era tanto entusiasmo intorno alla nuova società. Il settore giovanile perse molti tesserati, portati dai vecchi dirigenti in giro per altri club professionistici. E lui, Fausto Pizzi, insieme ai suoi collaboratori, cercava giovani calciatori nel territorio per allestire le squadre del nuovo Parma. «Mi dissero che all'Audace giocava un 2002 forte, inserito nella squadra dei 2000. Era gennaio del 2016, lo andai a vedere a Colorno. Una domenica mattina, faceva freddo, ma tanto tanto freddo. E c'era la nebbia, tanta. - spiega Pizzi -. E lui giocò soltanto nel terzo tempo di questa amichevole».

Quel giocatore era Drissa Camara...

«Giocava sotto età, era magro che sembrava un grissino, sgraziato, un po' con le ginocchia in fuori. Però si vedeva che aveva una intensità di gioco, una personalità, si faceva dare palla e mandava i compagni al tiro. Dissi subito ai responsabili dell'Audace che l'avrei portato al Parma».

In prestito per i tornei giovanili e tesserato per la stagione successiva...

«Sì, lo portai subito già ai tornei di Pasqua e di fine stagione perché volevo che si ambientasse al meglio, da subito, con noi. Ma non ce n'era bisogno. La stagione dopo con noi, al primo anno, vinse il campionato Giovanissimi Nazionali. In quella squadra c'erano giocatori del territorio, tra cui Rinaldi (ora a Olbia e ancora di proprietà del Parma ndr), c'era appunto Camara e c'era Chaka Traorè (ora al Palermo, dal Milan ndr)».

Al di la comunque del rapporto dirigente-giocatore, si capisce che c'era qualcosa di più. Tu eri una figura molto importante per Camara in quel periodo.

«Non so, credo di sì. Diciamo che in quel periodo soprattutto ci siamo sempre scritti molto. Drissa mi messaggiava spesso, ci siamo sentiti per telefono. Ma questo accadeva con tanti ragazzi, non dico che sono diventati per me come dei figli, ma quasi, mi sono preso a cuore molte situazioni. Poi Drissa era un ragazzo sempre sorridente, molto disponibile, con molta capacità di apprendimento, con molta disponibilità ad ascoltare. E lo vedo anche quando esce dal Tardini e mi saluta. Mi fa piacere».

Tra l'altro Camara viveva nell'ostello del Parma, quindi la squadra per lui era anche qualcosa di più del calcio.

«Assolutamente. Tra l'altro lui ha un senso abbastanza spiccato di appartenenza, visto che da noi ha fatto quasi tutte le categorie. Dai Giovanissimi alla Primavera, sino all'esordio in prima squadra. Sabato per esempio ad aspettarlo c'erano due suoi amici che giocavano con lui nelle giovanili. Calcisticamente si sono persi, ma sono ancora molto uniti. Significa che non ha disperso le sue qualità umane, la sua umiltà pur diventando professionista».

E ora che è professionista che consigli gli daresti?

«Ha un allenatore splendido, comprensivo. Ha un agente che lo segue come se fosse un figlio. Credo che sia giò a posto».

Che ruolo si potrà ritagliare in questo Parma?

«Purtroppo l'infortunio e l'operazione gli hanno fatto perdere un po' di tempo. Non ha un campionato da 25-30 partite giocate in una stagione, solo nel passato campionato ha giocato con un po' più di continuità. Quindi è solo all'inizio della sua carriera. Le sue qualità tecniche comunque sono importanti, è duttile e può giocare esterno d'attacco nel 4-2-3-1, può giocare sotto punta o nei due centrocampisti. Per me era una mezzala nel 4-3-3 perché sa fare bene le due fasi e ha il tempo giusto per l'inserimento. Nella passata stagione ha segnato proprio alcuni gol grazie ai suoi inserimenti. Perché è intelligente, si trova in area al momento giusto».

Possiamo dire alla fine di questa chiacchierata che Parma gli è stata vicina e che ora Camara è un parmigiano d'adozione?

«Ah, certo. Lo hanno accolto bene ma è stato anche facile volergli bene. Perché è umile, ha un modo garbato di porsi, lavora tanto, molto. Nelle giovanili si fermava anche dopo l'allenamento, raccoglieva i palloni, le casacche. Si fa apprezzare facilmente. E vedo che queste doti ci sono ancora. E anche l'abbraccio dei compagni di sabato, dopo il gol, è stato sincero, di ragazzi che gli vogliono bene».

Parliamo anche del Parma. Sabato una vittoria da serie A?

«Sì. Perlomeno una vittoria che vale tanto. Chiaro che le partite sono ancora tante ma avere messo dietro di 7 punti un avversario pericoloso come il Venezia, squadra ostica e pericolosa, è stato importante. Una vittoria che per come è venuta può dare entusiasmo e slancio per il futuro. Però i pericoli ci sono, non bisogna abbassare la guardia. Cremonese fastidioso, Como rinforzato dal mercato: bisogna pedalare ancora e forte».

Fausto Pizzi e il calcio?

«Fausto Pizzi vede le partite e si diverte. Soprattutto a vedere il Parma. E intanto continuo la mia attività nell'ambito sanitario e vado avanti. Sono contento perché ho fatto qualcosa di diverso anche nel calcio, è stato un mettersi in discussione, mettersi alla prova e sono contento. Un mio momento di crescita, va bene così».

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