Testimonianza
L'ultimo contatto risale a meno di due mesi fa: è racchiuso in un biglietto spedito dalla Svizzera a Parma in strada al Duomo con gli auguri (migliori, best, meilleurs) in triplice lingua accompagnato dallo stemma sabaudo. Nella pagina di sinistra, la fotografia dei mittenti: appoggiato a un muretto, Vittorio Emanuele con una mano tiene la destra di Marina, mentre tra le dita dell'altra regge il bastone chiaro suo fedele compagno di strada negli ultimi anni. Ha il volto sofferente, ma la firma appena sopra quella della moglie è salda e lineare. Vergato con l'inchiostro blu, il doppio nome, che vale la tappa di una dinastia e un pezzo della nostra storia, racchiude decenni d'amicizia tra il principe senza terra e Guidobaldo Dalla Rosa Prati.
Niente che sia ispirato a questioni nobiliari. Che Guidobaldo sia a sua volta marchese non conta nulla in questa vicenda: è stato l'amore per lo sport e per la natura a unire i due. Nel regno delle avventure condivise con il discendente del «re di maggio» semmai è più Dalla Rosa Prati a portare la corona. «Entrambi volavamo e andavamo sott'acqua: prima in apnea e poi con le bombole» racconta Guidobaldo - pioniere delle esplorazioni subacquee e spericolato pilota acrobatico - 98 anni compiuti da poco, ma ancora saldo alla cloche della memoria. La zavorra dell'età gli ha solo impedito il viaggio fino a Torino, per seguire i funerali a numero chiuso del principe-amico per i quali il suo nome figurava nell'elenco dei quattrocento invitati.
Cavallo è il luogo che li ha visti insieme. E ancora di più li ha avvicinati il mare davanti alle sue cale rifugi ideali dal maestrale e dal libeccio. Fu proprio il vento a spingere fino lì Guidobaldo, a guerra appena conclusa, quando l'isola francese accanto alla Corsica era poco più che un nome sulle carte nautiche fuori da ogni rotta turistica. «Con alcuni amici eravamo partiti da Parma per raggiungere la Sardegna - racconta -. Alla foce del Magra avevamo noleggiato una barca a vela con un piccolo motore fuori bordo. Era talmente vecchia e acciaccata da far immaginare che il nostro potesse essere un viaggio di sola andata». Come se non bastasse, nessuno del raccogliticcio equipaggio sapeva gran che di vele e timone. Ma a quei tempi la fortuna ancora aiutava gli audaci e navigare era più necessario che sopravvivere.
Fu una traversata estrema: bastarono pochi giorni perché si passasse dalla calma piatta alla buriana al di là del Tirreno. A Cavallo non c'era niente: solo, a dispetto del nome, un asino abbandonato dal custode che da poco aveva preso il largo, stanco di far la guardia al nulla per conto della proprietaria parigina assente da sempre. In quel deserto Guidobaldo vide un paradiso selvaggio a portata di mano. «Pronto ancora di più a svelarsi non appena ci si immergesse: il mare era ricco di pesce e di reperti, a causa degli infiniti naufragi avvenuti davanti a quelle coste nei millenni».
Dalla Rosa Prati tornò, come avrebbe fatto per il resto delle proprie estati, e cominciò a lavorare a un riparo che poi sarebbe diventata la sua casa. Fu un apripista (e il merito gli è stato riconosciuto una ventina d'anni fa, quando la piazzetta dell'isola ora tutt'altro che dimenticata dal mondo gli è stata dedicata), ma di lì a poco scoprì che gli innamorati di Cavallo aumentavano a vista d'occhio. «Vittorio Emanuele - ricorda - lo incontrai lungo un sentiero: io mi muovevo in bici, lui era a piedi». Però il Savoia era arrivato sospinto non dai venti del caso ma dai motori di un moderno yacht, accompagnato da chi era stato incaricato dalla parigina di promuovere l'isola.
«Ci salutammo subito in italiano, senza sapere niente l'uno dell'altro - prosegue Dalla Rosa Prati -. Poco dopo, lui mi rivelò di voler costruire una casetta per le vacanze a un quarto d'ora di cammino da dove si trovava la mia e mi chiese qualche consiglio». A quella villetta Guidobaldo e la moglie Zaira sarebbero stati invitati ogni estate più volte a cena. Non capitava a tanti, data la riservatezza dei Savoia. «Da non confondere con l'alterigia: Vittorio Emanuele era molto alla mano - raccontano -. Spesso era lui a cucinare. La sua specialità? La zuppa di cozze preparata con il vino bianco». Ma più ancora che ai fornelli si destreggiava in mare. «Un buon apneista, appassionato di pesca subacquea. Era portato allo sport - prosegue Dalla Rosa Prati -. Parecchie volte siamo andati insieme sott'acqua, anche se lui era meno interessato di me all'esplorazione dei relitti».
Il lignaggio, già dimenticato a terra, appena si mollavano gli ormeggi del gommone d'appoggio per le immersioni svaniva del tutto. Ognuno aveva i propri compiti: di navigazione e di logistica. Vittorio Emanuele ci scherzava su. Come la volta in cui, intento a portare due pesanti taniche di benzina, incontrando Guido (il primogenito di Guidobaldo), salutò con un «guarda che cosa mi tocca fare per tuo padre...». Real fatica subito perdonata: alla fine di quell'estate, il 24 settembre del 1988, il principe avrebbe nominato l'amico marchese cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Intanto, grazie a Guidobaldo, Emanuele Filiberto era diventato un provetto subacqueo. Il figlio di Vittorio Emanuele e Marina, Dalla Rosa Prati lo ha visto crescere e sposarsi, invitato con Zaira e il figlio Guido e la nuora Lorena alle sue nozze con l'attrice francese Clotilde Courau a Santa Maria degli Angeli a Roma, nel 2003. E un anno prima è stato tra i primi testimoni della gioia di Vittorio Emanuele per il voto con il quale la Camera aveva deciso la fine dell'esilio per i maschi di casa Savoia. «Era il luglio del 2002 - ricorda -. “Quante volte ho atteso questo giorno” ci disse. Temeva di non rimettere più piede in patria». Ma l'ultimo incontro tra i due amici sarebbe stato ancora una volta a Cavallo. «Parlammo come sempre di aerei e di mare. Entrambi con i nostri acciacchi, ma capaci di volare e di immergerci anche solo tra i ricordi».
Roberto Longoni
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da Media Marketing Italia
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata