IL CASO
«E' lui che deve andarsene», pensi ogni volta che lo incroci. Eppure, quando il tuo incubo è lo stalker della porta accanto, saresti pronto a migrare lontano. Se poi, anche dopo una condanna, quell'uomo torna all'attacco, rischi di cedere all'esasperazione. Padre, madre e una figlia poco più che ventenne: sanno bene cosa significhi tutto ciò. Nella loro casa dalle parti di via Pasubio hanno sperimentato la paura, l'ansia e il senso di impotenza fino a qualche mese fa, quando il loro stalker se ne è andato. Costretto a lasciare il campo, dopo che sono scattati il divieto di avvicinamento e di dimora a Parma. Ma fino a quel momento sarebbe stato un susseguirsi di insulti e provocazioni. Fino all'aggressione. Un vicino che - 53enne, parmigiano - già condannato a 1 anno per stalking nel 2022, ieri ha aggiunto altri 11 mesi alla pena. Le accuse? Stalking, ma anche lesioni. Con la continuazione, quindi, il conto finale (almeno per ora) è di 1 anno e 11 mesi. Il giudice Alessandro Conti ha poi detto no, considerando anche il parere negativo del pm Laila Papotti, alla richiesta della difesa di revocare la misura cautelare.
Dovrà quindi rimanere lontano dalla famiglia. E da Parma. Ma quell'odio strisciante è andato avanti per anni. Senza un perché, almeno secondo quanto ricostruito dal padre. «Non riesco a capire il motivo», ha ribadito anche al processo.
All'inizio ci sarebbero state battute sgradevoli, frasi di scherno e qualche offesa. Provocazioni a cui la famiglia aveva deciso di non replicare. Un'indifferenza che avrebbe dovuto smorzare i toni: questa era la convinzione. Sbagliata, purtroppo. Perché l'altro sarebbe invece andato ancora di più all'attacco: contatore dell'acqua chiuso, insulti violentissimi e ingiurie perfino nei confronti dei nipotini della coppia.
Una situazione intollerabile, tanto che a quel punto il padre aveva deciso di passare alla denuncia, presentandosi ai carabinieri anche con alcune foto per dimostrare i blitz del vicino. Documenti e testimonianze che hanno poi portato alla condanna.
Ma si era chiuso solo il primo capitolo della storia. Perché la tregua sarebbe durata solo una ventina di giorni e poi la situazione sarebbe diventata ancora più esplosiva. «Dovete morire», era la minaccia che si sentivano dire spesso. Nel mirino il padre, la madre, ma anche la figlia: «Ti do fuoco», le aveva sibilato un giorno il vicino. E ogni tanto pezzi di pizza e cibo vario rischiavano di planare addosso ai tre.
Un giorno di febbraio dello scorso anno, poi, si erano ritrovati con l'auto in sosta ricoperta di uova rotte. La donna era uscita per scattare alcune foto e il vicino aveva cominciato a insultarla. A quel punto il marito era sceso in strada per riportare in casa la moglie. Voleva evitare di far esplodere la tensione, ma l'altro l'avrebbe spinto a terra pestandogli una mano e colpendolo con alcuni pugni in testa.
Il contrattacco. Dopo la prima condanna.
Georgia Azzali
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