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Intervista

Un «Elisir d'amore» per Francesco Meli: «Il ritorno al Regio, l'amicizia con Salsi e Pertusi»

Un «Elisir d'amore» per Francesco Meli: «Il ritorno al Regio, l'amicizia con Salsi e Pertusi»

di Mara Pedrabissi

07 Marzo 2024, 03:01

«Mamma-mia-che-responsabilità!». Il tenore Francesco Meli sarà Nemorino, il protagonista de «L'Elisir d'amore» al debutto il 15 marzo al Teatro Regio di Parma. Da quando si è diffusa la notizia - in una nota il teatro, il 27 febbraio, ha ufficializzato che il tenore genovese avrebbe sostituito John Osborn, impossibilitato a prendere parte alla produzione - tra i melofili parmigiani ha cominciato a serpeggiare adrenalina: ché Meli mancava dal Regio da 13 anni. E Meli sa di essere atteso, per questo commenta: «Mamma-mia-che-responsabilità» ma nella voce mette un carico di gioia.

Lei mancava da molti anni. C'era stata forse qualche divergenza, in passato, con gli allora vertici del Regio?
«A parte una recita “volante” di “Rigoletto”, in sostituzione di un collega, l'ultima produzione intera fatta qui fu “Un ballo in maschera” nella stagione 2011. I dissapori... sa, a volte, sovrintendenti e direttori artistici hanno i loro gusti, i loro usi e costumi. Ma niente di grave. Nel mondo del lavoro succede a tutti che, per dei periodi, alcune porte si chiudano e poi si riaprano per lungo tempo. Mi è accaduto lo stesso alla Scala: dal 2015 a oggi sono stato sempre presente, nei cinque anni precedenti quasi mai».

Forse ha portato bene a questo ritorno la sua partecipazione alla serata «Bergonzi100», l'11 gennaio al Teatro Verdi di Busseto...
«Davvero. Mi dispiace per il collega che ha dovuto rinunciare all'Elisir, però sono molto contento di essere qua».

Ha parlato della Scala: lei oramai è un “ApriScala” per definizione. L'ultima inaugurazione, il 7 dicembre, l'ha condivisa con due parmigiani illustri: Luca Salsi e Michele Pertusi. Com'è andata, vi siete divertiti insieme?
«Tantissimo, è stato bellissimo. Loro bravi, bravi. Quando è arrivato Michele, è stata una festa; avevo cantato tanto con lui, i miei primi “Lombardi” li feci con lui. È un grande. Di Luca non devo dire niente: è stato il padrino al battesimo di mio figlio, più amico di così!».

Parliamo di Nemorino: finalmente un amore col lieto fine! Qui non muore nessuno, non ci sono passioni impossibili per le matrigne...
«Adoro Nemorino, anche se sono tanti anni che non lo faccio perché oramai i sovrintendenti sono abituati a pensarmi in un altro repertorio, più lirico, più drammatico. Venire a Parma in un ruolo importante, e che è
stato importante nella mia carriera, è molto bello. E poi io dico sempre che spero di cantarlo fino alla fine dei miei giorni, proprio come fecero Carlo Bergonzi e Luciano Pavarotti».

Quali caratteristiche richiede vocalmente?
«Come tutti i ruoli che canto, Nemorino lo canto sempre con la mia voce, né più né meno. Sicuramente questo personaggio ha bisogno di una brillantezza, una leggerezza nella voce che mi fa bene perché ogni tanto darsi una ripulita dai “pesi” del repertorio verdiano fa bene, è un po' come uno stretching. A parte la “Furtiva lagrima”, che è una pagina completamente diversa, richiede sempre molta brillantezza».

Bergonzi e Pavarotti: li hai ascoltati per “formare” il suo Nemorino?
«Sì, soprattutto Pavarotti, in questo caso. Poi in realtà negli anni mi sono fatto il “mio” Nemorino. Chi lo ha visto, lo conosce: è fresco, molto allegro. Quando ero più giovane, “saltellavo” come un grillo da una parte all'altra del palcoscenico; oggi devo fare un po' più attenzione per non arrivare col fiato corto, ma è sempre molto frizzante. E consapevole di se stesso, non è uno stupidone o lo scemo del villaggio, anche se fa cose stupide come andare a comprare l'elisir da Dulcamara o arruolarsi soldato per una delusione».

Ecco il dottor Dulcamara ci dimostra l'attualità dell'opera: oggi, ancor più che ai tempi di Nemorino, tutti noi siamo potenziali vittime di imbonitori truffaldini.
«A quei tempi i ciarlatani venivano una volta al mese nel paese, oggi ce li abbiamo quotidianamente, sui telefonini. Eserciti di ciarlatani che ti vendono il ghiaccio come se fosse carbonella per accendere il fuoco. Vero è anche che, quando una persona è disperata, si attaccherebbe a qualsiasi cosa...».

Infine, in questo allestimento in co-produzione col Regio di Torino, il regista Daniele Menghini, immagina Nemorino come un burattinaio; ci saranno in scena anche gli storici Burattini dei Ferrari. Qualche anticipazione?
«Nemorino si rifugia in una vita che non esiste, quella del teatro dei burattini, e qui plasma la sua storia, legata alle sue paure, ai suoi desideri. Alla fine del primo atto, entra anche lui come come burattino e lì c'è lo sviluppo della storia dell'Elisir d'amore. I burattini servono a rendere i sentimenti di paura di Nemorino, la sua solitudine».

Recite successive: domenica 17, venerdì 22 e domenica 24 marzo.

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