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ADDIO

Cattedrale gremita per l'ultimo saluto a Paolo Chiesi. Il vescovo: «Capitano d'industria dedito alla salute». Il ricordo dei familiari

Cattedrale gremita per l'ultimo saluto a Paolo Chiesi. Il vescovo: «Capitano d'industria dedito alla salute». Il ricordo dei familiari

di Luca Molinari

10 Marzo 2024, 03:01

Un addio commosso, sobrio, arricchito dalla consapevolezza che l'esempio di vita di Paolo Chiesi non potrà rimanere relegato al passato.

Ieri mattina in Cattedrale il vescovo Enrico Solmi ha celebrato i funerali dell'imprenditore e scienziato parmigiano, scomparso nei giorni scorsi a 83 anni, rimasto alla guida del gruppo farmaceutico Chiesi assieme al fratello Alberto, per quasi quarant'anni.

Tante autorità

Alla funzione religiosa - concelebrata da don Luigi Valentini, don Alfredo Chierici, don Crispino Ngala con il cerimoniere don Paolo Carossa - erano presenti tanti fedeli e autorità. Tra queste Gabriele Buia, Cesare Azzali (presidente e direttore dell'Upi) e Annalisa Sassi, presidente di Confindustria Emilia-Romagna, a nome del mondo industriale locale, il sindaco Michele Guerra, il rettore dell'Università Paolo Martelli e il prefetto Antonio Garufi. La Corale Verdi invece ha voluto salutare Paolo Chiesi col soprano Sara Minieri che, durante la messa, ha cantato Panis angelicus.

L'affresco della cupola

Il vescovo nell'omelia, ricordando il percorso terreno di Paolo Chiesi, ha usato le parole di un salmo: «I nostri piedi si fermano alle tue porte Gerusalemme» e l'immagine dell'affresco della cupola del Duomo. «Sollevando lo sguardo alla cupola - ha affermato - guardiamo, con Maria Assunta, la casa di Dio accompagnando il dottor Paolo che ha compiuto il suo percorso su questa terra». «Tutto ciò che è vero, nobile, puro, giusto, amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode - ha proseguito - è stato da lui interpretato con i tratti che hanno contraddistinto la sua vita, i suoi affetti, la sua vocazione di scienziato, di capitano d'industria, di persona dedita alla salute della gente, dato essenziale e non rinunciabile per il bene pieno di ognuno».

Assieme alle persone care «c'è, sul modello della nostra cupola - ha precisato ancora - una folla infinita, beneficiata dai prodotti che il dottor Paolo, insieme alla sua famiglia e alla sua azienda, ha elaborato e resi accessibili».

«Amare, azione in salita»

Monsignor Solmi ha riflettuto sul significato di «amare, un'azione in salita - ha osservato - fino al dono di sé: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Infinite sono le forme e le sfumature con cui il dottor Paolo l'ha espresso: dalla casa, alla scienza, all'azienda, al mondo».

Soffermandosi sulla sua testimonianza di vita, ha ricordato «l'amore dato al lavoro, alla scienza, alla ricerca, alimento continuo di quell'insieme di preparati farmaceutici che raggiungono il mondo, rendendo la dedizione amorosa al proprio lavoro un vero dono verso tante persone che hanno trovato giovamento, salute e guarigione. Oso dire, senza retorica, custodendo l'amore di tante relazioni, facendo ritrovare la salute a bambini e adulti».

Monsignor Solmi ha pronunciato anche le parole del vangelo: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». «Parole - ha dichiarato - che sono come lo svelamento della realtà e di un fuoco profondo che ci abita e anima la vita di ognuno e certamente anche del caro dottor Paolo».

Il ruolo della scienza

Fondamentale inoltre il ruolo della scienza per andare oltre «l'apparire degli elementi e dei fenomeni, per trovare una rete di fili che la sostengono, come il retro di un arazzo prezioso, che svela trame ordite, nelle quali ogni persona è chiamata a operare». «In quest'opera - ha sottolineato il vescovo - il dottor Paolo lascia un contributo altissimo, uno snodo fondamentale. L'intelligenza superiore, lo studio e la ricerca continua e le loro applicazioni, rappresentano un impegno che, intrecciandosi con altri, crea ben-essere, costruisce pace, aspira alla giustizia perché tutti nel nostro Paese e nel mondo possano goderne».

Il ricordo dei familiari

Prima della conclusione della celebrazione, sono intervenuti i figli Giacomo e Maria Paola e il fratello Alberto, per un commosso ricordo. «Non potremo più apprezzare il suo sorriso, la generosità, la forza d'animo, la saggezza, la capacità di individuare e definire nuove sfide imprenditoriali e scientifiche, il coraggio di affrontare nuovi rischi vedendoli come opportunità - ha esordito Giacomo Chiesi -. Eppure la verità è che papà non se n'è andato. Rimane con noi attraverso gli insegnamenti che ci ha lasciato. Il ricordo che abbiamo di lui non è qualcosa del passato, ma per il futuro». «É responsabilità di ciascuno di noi - ha continuato - fare tesoro degli insegnamenti di papà per continuare a fare la differenza per i pazienti, le persone e la società in maniera sommessa, umile, ma sempre determinata, per continuare a lottare per un futuro migliore per tutti».

«In questi giorni - ha spiegato Maria Paola Chiesi - ho ricevuto centinaia di testimonianze di ammirazione e affetto. Ognuno di noi ha un ricordo speciale del dottor Paolo. Io ho una vita di ricordi, ma ce n'è uno che voglio condividere con voi, l'ultima parola che ha detto, un semplice “Grazie”. Questo era mio padre, un uomo che ha attraversato la vita in punta di piedi lasciando un'impronta indelebile».

L'ultimo a parlare è stato Alberto Chiesi. «Ho lavorato con Paolo in azienda per più di cinquant'anni - ha raccontato -, il risultato di questa collaborazione è stata la crescita di un'azienda a cui Paolo ha dedicato tutta la sua vita in ricerca scientifica e intuizione farmacologica. Siamo sempre andati d'accordo dividendoci la responsabilità e aiutandoci a vicenda. Ci siamo voluti bene in questi lunghi anni, con la riservatezza propria del nostro carattere». «Grazie caro Paolo - ha concluso - per tutto quello che hai fatto per la nostra famiglia, per le persone dell'azienda, per gli ammalati di tutto il mondo e infine grazie a voi presenti e a quanti hanno manifestato la loro vicinanza in questo triste momento».

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