PATTEGGIAMENTO
Settant'anni, eppure pronto a imbracciare un fucile per tornare sul posto e punire chi lo avrebbe aggredito. Ma il «giustiziere», oltre al desiderio di vendetta, aveva molto altro da nascondere, a partire dalla doppietta con cui si era ripresentato nel bar in cui poco prima era scoppiata la lite: un fucile Beretta calibro 12 con la matricola abrasa e pronto all'uso, carico e con la sicura disinserita. Come se non bastasse, nella ditta di cui l'uomo è titolare, c'era anche una carabina, intestata alla moglie, che però doveva essere custodita in un'altra casa, oltre a un'altra discreta collezione di armi: una katana, una spada e un machete con una lama da 30 centimetri. Ma una discreta collezione di reati è stata anche quella che subito dopo gli è stata contestata: il porto abusivo e la ricettazione del fucile, oltre alla detenzione illegale sia della carabina che delle altre armi che sono state ritrovate nell'azienda. Tutte accuse per cui ieri, dopo l'accordo con il pm, l'imprenditore, parmigiano, ha patteggiato: 2 anni, la pena a cui il giudice Gabriella Orsi ha dato il via libera.
Un pomeriggio movimentato, quello del 25 novembre scorso. Poco dopo le 5, una pattuglia di carabinieri era arrivata davanti al bar nella Bassa, dove poco prima era scoppiata una rissa tra un gruppo di clienti. Tutti, però, si erano già dileguati, ma proprio mentre i militari stavano raccogliendo alcune informazioni su ciò che era accaduto tra i tavolini del bar, era comparso qualcuno che non poteva certo passare inosservato. Una sgommata di furgone davanti al locale e un anziano era sceso con piglio deciso: il volto insanguinato, ma ciò che aveva messo tutti in allarme era il fatto che imbracciasse un fucile. Subito i carabinieri l'avevano disarmato, eppure non aveva rinunciato a chiarire quali erano i suoi propositi: «Devo vendicarmi di quei bastardi...». E poi era passato all'azione, piazzando un cazzotto sul volto di uno dei clienti: «Anche tu c'eri e hai partecipato», gli aveva urlato colpendolo.
Senza fucile e bloccato dai carabinieri, aveva cominciato a tranquillizzarsi e a spiegare di essere stato aggredito da un gruppo di familiari e amici chiamati a raccolta dentro il bar: «Hanno detto che avevo toccato il sedere alla moglie di uno di loro, così mi hanno dato calci, pugni e mi hanno colpito in faccia con una bottiglietta».
Al di là della violenza, su cui poi è scattata un'altra indagine, ciò che premeva in quel momento verificare era se il 70enne potesse avere altro (leggi: armi) da nascondere. Dopo aver controllato che l'uomo non avesse nulla di pericoloso in qualche tasca, la perquisizione era continuata tra le stanze di casa e in azienda. Niente di inquietante tra le quattro mura dell'abitazione, mentre nella ditta erano spuntate la carabina e le altre armi: la prima avrebbe dovuto dovuto trovarsi altrove, mentre la katana, la spada e il machete non erano mai nemmeno stati registrati. Un piccolo arsenale casalingo. Da utilizzare al bisogno, come il fucile con cui quel pomeriggio aveva fatto irruzione al bar.
Georgia Azzali
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