SAN POLO DI TORRILE
(Foto d'archivio)
E’ finalmente tornato a casa dall’ospedale il 92enne torrilese rimasto vittima di una brutale rapina nella sua casa di via del donatore a San Polo. A riavvolgere il nastro di quanto accaduto, che solo per pura fortuna non ha avuto conseguenze drammatiche, è il figlio Simone.
«Tutto è iniziato quando mio padre, vedovo da ormai 13 anni, ha deciso di cercare una persona che lo aiutasse nelle faccende domestiche – ricorda -. Al colloquio si è presentata una donna, di mezza età e originaria dell’est Europa, e mio padre le ha mostrato la casa perché si potesse rendere conto di quello che c’era da fare e dell’impegno che era richiesto».
Ma durante il giro la donna deve avere adocchiato qualcosa di più interessante di un impiego da colf. E così, qualche giorno dopo, si è fatta risentire chiedendo un incontro, fuori di casa, per definire meglio la questione lavorativa. «La mia idea è che avesse dei complici che volevano approfittare dell’assenza da casa di mio padre per saccheggiare l’appartamento mentre era fuori. In molti, infatti, hanno notato un’auto di grossa cilindrata parcheggiata lungo la strada con due persone a bordo. Mio papà è però rientrato dopo pochissimo». Solo un caso o il piano era rimandato? «Alla sera, qualcuno ha suonato al citofono e al “chi è?” di mio papà ha risposto “sono io”. Così ha creduto che si trattasse di mia figlia ed ha aperto la porta. Trovandosi invece davanti una sconosciuta le ha domandato cosa volesse e lei gli ha spruzzato in faccia qualcosa che l’ha stordito».
A quel punto devono essere entrati in scena i complici. «Hanno guardato ovunque e smurato la cassaforte in cui erano custoditi i gioielli che erano appartenuti a mia mamma e a mia nonna. Per farsi dire dov’era la cassetta di sicurezza, devono averlo picchiato molto perché papà non avrebbe mai parlato». A scoprire cos’era successo è stato proprio Simone che, non ricevendo risposta alla consueta telefonata del mattino, si è precipitato a San Polo. «Papà non rispondeva neanche al citofono quindi ho chiesto ad una vicina di aprirmi temendo il peggio. Quando sono entrato in casa, mi è venuto incontro, mi ha abbracciato e si è messo a piangere raccontandomi quello che ricordava».
Sul posto sono arrivati in pochi minuti i carabinieri di Colorno, che hanno subito iniziato le indagini, e l’ambulanza della Pubblica assistenza di Colorno per il trasporto in ospedale dell’anziano. «Il pestaggio gli è costato dieci giorni di ricovero. Ora sta meglio ma i suoi occhi sono “spenti” e continua a rimproverarsi di non avere custodito bene quello che pensava essere mio e di mio fratello. Probabilmente, queste persone senza scrupoli prendono di mira più facilmente i vedovi perché sanno che sicuramente hanno conservato i gioielli della moglie e che, avendo scelto di vivere da soli, hanno bisogno di un aiuto domestico. A tutti dico: non aprite la porta a nessuno e non fate entrare in casa estranei se siete soli. Quello che è successo a mio padre non deve capitare ad altri».
Chiara De Carli
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