Emergenza al ponte Nord
E' inutile girarci intorno: per molti, nonostante la disperazione si tocchi con la mano, questa è casa, la tana. L'unico rifugio. E allora succede che, proprio come accade intorno alle abitazioni ci siano anche i servizi, le infrastrutture: come i cassonetti della differenziata.
Lo hanno notato in tanti in questi ultimi giorni: vicino al ponte Nord di via Europa, l'enorme scheletro di vetro, acciaio e miseria che non trova pace e una possibile destinazione, sono spuntati ora i contenitori per i rifiuti. C'è quello nero per l'indifferenziato, quelli blu per la carta, quello per il vetro e le bottiglie. Anche se forse può sembrare bizzarro che in una terra di nessuno, occupata dagli ultimi, si provino a rispettare le regole della corretta differenziata.
«Eppure è stata una esigenza a cui abbiamo dovuto dare una risposta – spiega l'assessore comunale alla Sostenibilità ambientale, Gianluca Borghi. - La presenza delle persone che si sono accampate intorno al ponte ha provocato, come conseguenza, accumuli di immondizia, vere e proprie discariche sulla struttura e soprattutto nel greto sottostante. Per questo abbiamo disposto dei contenitori per raccogliere questi resti e abbiamo iniziato un percorso per sensibilizzare chi si rifugia qui».
Così di recente, in particolare verso sera quando l'accampamento di tende, baracche di cartone e materassi buttati a terra si riempie della sua umanità raminga, sono arrivati gli operatori delle unità di strada a spiegare che non è solo questione di decoro, di apparenza. Ma anche di igiene e salute.
«E abbiamo notato che da parte di coloro che si rifugiano qui che c'è stata una positiva reazione: le immondizie sparse in giro si sono ridotte e la presenza di contenitori dedicati ha spinto molti ad utilizzarli». Insomma, la tecnica della «riduzione del danno», quella che viene di solito utilizzata nel campo delle dipendenze e nell'uso di stupefacenti ha trovato qui una nuova declinazione. Anche se, è ovvio, resta insoluto il vero problema: quello di un ponte che ormai, sempre più, è diventato una baraccopoli, un non luogo per cui pare impossibile trovare un destino. E paradossalmente sempre più affollato. Basta trascorrere li intorno una mezz'ora per capirlo: le tende appese ai tiranti di metallo sono sempre più numerose. E ieri pomeriggio, intorno alle 15, due persone erano impegnate come se nulla fosse a piazzare una nuova baracca. Mentre il passaggio di chi va e viene dai propri giacigli di fortuna è senza sosta.
«Rispetto al passato è stato ricavato un passaggio sul lato di via Reggio e ora da quella parte si nota molto più movimento – raccontano i residenti della zona che, a mezza bocca, dicono che un vetro rotto in un angolo fuori mano ha creato una nuova via d'accesso al ponte. - E intorno si susseguono le liti, gli schiamazzi».
Questo nonostante il Comune e l'Ausl proseguano la loro instancabile attività di monitoraggio e intervento. «Da parte nostra prosegue il dialogo con chi si trova qui - aggiunge l'assessore alle Politiche sociali, Ettore Brianti. - Stiamo offrendo loro una sistemazione nei dormitori come quello del Cornocchio e una presa in carico per l'assistenza sanitaria e non solo. Ma è una situazione non facile: qualcuno ha accettato ma la gran parte non ne vuole sapere di accedere alle strutture. E in più, oltre ai senzatetto classici, ci sono giovani con dipendenze da sostanze e altri che, magari, sono di passaggio a Parma, arrivano e si fermano per poche ore o qualche giorno e poi svaniscono». E queste ombre senza nome, nonostante gli sforzi degli operatori di strada, restano quasi impossibili da agganciare. Si capisce bene al tramonto quando li si vede passare, intenti nel loro estenuante vagare: quasi tutti hanno le bottiglie di birra che usano per addomesticare il tempo infinito della notte da passare all'aperto. Domattina i vetri finiranno nei nuovi cassonetti sparsi in giro. Mentre loro, i disperati del ponte, si rimetteranno in moto. Forse questa non è vita: ma di certo per loro questa è casa.
Luca Pelagatti
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