Proseguono le indagini sulla morte di un ghanese al Cornocchio
I soccorritori del 118 lo hanno trovato riverso tra l'asfalto e le erbacce, col polso sempre più debole e sangue sul volto, sulla nuca.
Era solo, a due passi da quel rudere diventato rifugio di disperati e così il primo pensiero è stato raggelante: lo hanno massacrato di botte e buttato li. E chissà se ce la farà.
Purtroppo non ce l'ha fatta, il suo cuore ha smesso di battere mentre l'ambulanza correva verso il Maggiore e via Stallini, la bretella tra via Mercati e via Cornocchio, è stata sigillata dalle fettucce come sempre accade quando una vita finisce tragicamente. E si deve capire chi fosse quell'uomo, perché sia morto. In questo caso è subito apparso chiaro che non sarà un compito facile.
Le ex stalle di Maria Luigia: questo il nome che profuma di un nobile passato dove ieri mattina, intorno alle 9, è stato trovato il corpo di un uomo ferito gravemente. A lanciare l'allarme è stato prima un vigile del fuoco di passaggio a cui, poco dopo si sono affiancati due dipendenti di Iren che stavano andando al lavoro.
In quello stradello, una sorta di chicane su via dei Mercati, sono così arrivati automedica e ambulanza di Parma Soccorso e gli operatori hanno provato disperatamente a rianimare il ferito. In un primo momento si è sperato che la tempestività dell'intervento permettesse all'uomo di riprendersi ma ancora prima che l'ambulanza arrivasse al pronto soccorso ci si è dovuti rassegnare. E allora è stata la volta per gli investigatori di provare a cercare una pista, un indizio.
Ma quella non è una fetta di città come le altre: quello è uno sprofondo di disperazione affollato da anni da senzatetto, tossici e fantasmi come si capisce anche solo guardandosi intorno: ovunque immondizie, lerciume, porte murate e bottiglie vuote, le uniche medicine che permettono di sopravvivere in quell'antro. E allora ricostruire una storia tra quelle mura è una sfida grande.
I poliziotti della Mobile, coordinati dal commissario capo Filippo Cocca, si sono dedicati in un primo tempo ad identificare il morto: di lui si è saputo solo che si tratterebbe di un ghanese di 40 anni, noto alle forze dell'ordine, ma neppure il nome è stato finora confermato. Il corpo, poi, mostrava profonde ferite compatibili con un pestaggio violento ed infatti è stato aperto un fascicolo che ipotizza un'aggressione fatale per l'immigrato. Ma i poliziotti non hanno potuto escludere una seconda ipotesi, quella di una caduta accidentale in quella casa abbandonata e pericolante.
Due ipotesi e un quesito: come poteva un uomo con traumi cosi gravi essere uscito dalla casa ed avere raggiunto il marciapiede dove è stato trovato?
In questo senso fondamentale sarebbe la testimonianza di un altro straniero che vive in quel rudere che avrebbe raccontato di avere trovato l'amico a terra e di averlo portato all'esterno dove, questo il pensiero, qualcuno avrebbe potuto notarlo e chiamare i soccorsi. I primi passanti, in effetti, hanno confermato di avere notato degli stranieri intorno al luogo del ritrovamento ma quelle persone, evidentemente non in regola con documenti e permessi, sono svaniti subito dopo. E solo un minuzioso lavoro di contatti e mediazioni ha permesso di ritrovarli, di sentire i loro racconti.
Queste testimonianze, rese difficili anche dalla scarsa conoscenza della nostra lingua, sono ora al vaglio degli inquirenti cosi come fondamentale sarà, nelle prossime ora, l'esame sul corpo per raccogliere altre indicazioni sulle cause del decesso.
Intanto, con un lavoro meticoloso ma per forza di cose frenetico, si sono cercati ulteriori riscontri: l'interno delle vecchie stalle è stato ispezionato dal personale della Scientifica e sono stati messi a confronto i racconti di quelli che gravitano qui intorno. L'edificio è stato interessato da molti incendi nel recente passato e già qualche anno fa qui è stato ritrovato il cadavere di un altro senza tetto. Da allora quasi tutte le aperture sono state bloccate eppure c'è ancora troppa gente che qui viene per cercare una tana per sopravvivere. Purtroppo, anche per morire.
Luca Pelagatti
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