MEZZANO INFERIORE
Sorbolo Mezzani Un sicario della mafia barese che si era rifatto una vita sulle rive del Taro. E' Francesco Riccardi, 61 anni, origini napoletane, l'ergastolano in semilibertà che lunedì sera, a Mezzano Inferiore, ha aggredito la compagna versandole una bottiglia di acido sulla testa e colpendola al fianco con una coltellata. La squadra Mobile di Parma l'aveva scovato a Fornovo, nell'aprile del 2007, inseguito da una condanna definitiva all'ergastolo per aver ucciso, insieme a un complice, Gregorio Coschiera, il 3 dicembre 1986 a Trani.
Erano gli anni in cui a nord di Bari comandava Salvatore Annacondia, a capo della più sanguinosa organizzazione criminale della zona. Il boss che deteneva il monopolio del traffico di eroina e cocaina nell'area di Trani, finché nel 1992 divenne collaboratore di giustizia confessando oltre 70 omicidi. «Non mi piaceva lasciare una persona viva. Perché? Perché i morti non parlano», ha detto qualche settimana fa in un'intervista alle «Iene». E in quel contesto di conquista del territorio e faide fra famiglie si inserisce l'omicidio di Coschiera, per cui Riccardi è stato condannato, benché lui abbia sempre negato ogni responsabilità. «Inizialmente era stato arrestato, ma dopo qualche settimana era stato rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame - spiega il difensore, Alberto Settesoldi -. Sono trascorsi molti anni prima che la condanna diventasse definitiva e lui era libero quando è stato arrestato a Fornovo, dove si era costruito una nuova vita con la compagna».
La donna che lunedì sera aveva raggiunto nelle casa di Mezzani, come spesso faceva, prima di rientrare in carcere per la notte. Dal 2021 Riccardi poteva lavorare all'esterno del carcere, in un'azienda della zona, e dalla fine dello scorso anno il tribunale di Sorveglianza gli aveva concesso la semilibertà, dopo aver acquisito il parere favorevole della Direzione nazionale antimafia. Ma ciò che è accaduto lunedì nulla ha a che vedere con le guerre tra organizzazioni mafiose. Questioni di famiglia, ma non di clan, eppure affrontate con la stessa ferocia. La gelosia di Riccardi nei confronti della compagna, così parrebbe. Ma, qualunque sia la ragione - vera o presunta - l'aggressione è stata brutale: l'acido in testa e poi quel fendente al fianco, sotto agli occhi della figlia. Lesioni terribili, tuttavia ora la donna sta meglio, la prognosi è stata sciolta, anche se fino a ieri era ancora ricoverata al Maggiore in Osservazione breve.
Ma l'aveva lasciata a terra, davanti a casa, mentre le sue grida e quella della ragazza avevano fatto accorrere alcuni passanti e poi i soccorritori. Lui si era infilato in auto cominciando a macinare chilometri. Ma i carabinieri del Nucleo investigativo, insieme ai colleghi di Firenze e Arezzo e con la collaborazione della polizia stradale, qualche ora dopo l'hanno localizzato a Figline Valdarno e poi bloccato nell'area di servizio di Badia al Pino. Ieri il gip di Arezzo ha convalidato l'arresto, trasmettendo subito gli atti per competenza a Parma, al pm Sara Faina, titolare del fascicolo. Entro 20 giorni dovrà essere reiterata l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. «Durante l'interrogatorio ad Arezzo Riccardi si è avvalso della facoltà di non rispondere - sottolinea l'avvocato Settesoldi -, ma entro una quindicina di giorni sarà trasferito a Parma, e a quel punto chiederemo di essere sentiti dal pubblico ministero».
Tentato omicidio e deformazione dell'aspetto con lesioni permanenti al viso, oltre all'evasione: questi i reati contestati a Riccardi. «Il gip non ha ritenuto sussistenti le aggravanti, tra cui quella dei futili motivi», aggiunge Settesoldi. Ma è chiaro che poi spetterà al pm decidere quali accuse mettere nero su bianco in vista del processo. Certo è che il beneficio della semilibertà è stato immediatamente sospeso. Ed entro un mese il tribunale di Sorveglianza ne dovrà sancire la revoca. Facendo tornare Riccardi un ergastolano dietro le sbarre.
Georgia Azzali
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