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Accademia dei giorni straordinari: ragazzini, genitori e educatori alla festa al Campus

Accademia dei giorni straordinari: ragazzini, genitori e educatori alla festa al Campus

di Roberto Longoni

21 Giugno 2024, 03:01

Troppo entusiasmo. Colpito da un bagher estremo, il pallone s'impenna di una decina di metri e non torna più. «È il primo. Finora non era mai capitato» esclama stupito un pallavolista in erba, quasi si chiedesse se la sfera rimasta sul tetto possa valere un piccolo record. È un giorno ancora più straordinario all'Accademia dei giorni straordinari, e nel clima scoppiettante era immaginabile che un pallone sparisse come nello scoppio di un fuoco d'artificio. A settembre, alla ripresa dei lavori («e sarà ancora un anno zero» sorride Elio Volta, sottintendendo che sarà sempre un po' così, come si conviene a chi non s'accontenta), si darà il via anche ai laboratori. Ma si ha l'impressione di esserci già, nel bel mezzo di un laboratorio vivente. Bambini, genitori, volontari, istruttori: tutti insieme in quest'angolo magico di Campus, dedicato alle scienze dell'umanità possibile. I saluti dei più piccoli sono petardi di gioia in aggiunta al palmo battuto per «il cinque» dato a chi fino a pochi mesi fa era uno sconosciuto magari sbirciato con sospetto. I sorrisi delle mamme e dei papà sono un grazie multicolore che s'intreccia ripetuto con cadenze diverse. «In teoria dovevamo aiutare i bambini a fare i compiti - spiegano le ragazze del liceo economico-sociale Sanvitale - ma è stato solo il punto di partenza: è sorprendente vedere il legame che si è instaurato con loro».

Che sia questo il nodo simboleggiato sulle magliette azzurre dell'Accademia, indossate da bambini e istruttori, diverse solo per taglia? Qualcosa che unisce frammenti di mondo così diversi impegnati a farsi comunità. La stessa maglietta indossata da Elsa, figlia undicenne di Paolo Barilla. Il papà, padre anche dell'Accademia, l'accompagna sorridente tra i capannelli all'esterno e davanti al buffet. È qui da prima dell'inizio della festa, che ora condivide con il resto della famiglia, accanto a Elsa, alla moglie Samantha e alla mamma Marilena. Gli occhi scintillano un po' a tutti: l'altrui gioia raddoppia la propria. Surclassata dal calore umano, sembra più sopportabile anche questa prima afa, in genere la più annichilente.

Intanto, le studentesse della Sanvitale parlano degli allievi come di fratelli minori. «Nessuna di noi ne ha: abbiamo colmato una lacuna, ascoltandoli, condividendo le loro paure e le loro speranze». Sorprese loro, sorpreso Gabriel, 12 anni, che gioca con Serena e Sveva e mai avrebbe immaginato che gli insegnanti potessero piacergli tanto. E che anche i coetanei fossero così simpatici. «Quanti amici nuovi» esclama. Di quelli veri, non catturati a distanza attraverso tastiere. Non c'è una testa china su uno smartphone. «Quando si entra qui, lo si lascia nell'armadietto all'ingresso» commenta Umberto Panizzi, del Cda della Fondazione dell'Accademia dei giorni straordinari. I piccoli non sembrano sentirne la mancanza. «Liberi da cellulare e televisione - commentano i genitori di Helena Sophie, 12 anni -. Liberi dalla solitudine che spesso li avvolge nel nostro mondo».

Molto, lo fa il luogo, creato per accogliere e dare spazio. «Bello, pieno di luce anche con questo cielo cupo» commenta con sguardo da tecnico il padre di Helena Sophie, che dopo il sisma aveva lavorato alla realizzazione di una scuola in Abruzzo. «Come potrei immaginare mia figlia più accudita di così?» aggiunge, ottenendo l'assenso della vicina mamma di Maya. Dei bambini, della loro partecipazione si sapeva. Ora è il riscontro del coinvolgimento dei genitori a rappresentare il valore aggiunto. «E se le madri e i padri prendono fiducia, domani i figli potranno sperare di essere supportati nei loro progetti» sottolinea Agnese Tirabassi, preside dell'istituto Anna Frank, a sua volta parte del progetto. A margine, emerge la storia di una bimba dal sicuro talento pianistico alla quale la famiglia ha negato il Conservatorio. Se avesse avuto modo di trasmettere l'energia che si respira oggi qui, se i genitori l'avessero respirata con lei, forse la sua vita avrebbe preso una piega diversa.

«Due mesi e mezzo - esclama Nadia Malcisi, preside della Salvo d'Acquisto - sono bastati a migliorare l'apprendimento e il comportamento di buona parte dei nostri studenti ospiti dell'Accademia. I bambini si sono riattivati e stanno elaborando esperienze di fiducia in loro stessi e negli adulti». Che siano stati scelti «tra chi aveva meno opportunità di accedere a queste esperienze qualificanti» nessuno lo direbbe. Impressione confortata dalla docente volontaria Gabriela Pederzani: «La cosa più bella è stata vedere quanto questi ragazzini siano svegli. Integrare compiti e attività motoria è stata un'idea vincente». Non sono solo i primi a rappresentare un ostacolo: c'è anche chi li preferisce alla ginnastica. «Noi abbiamo studiato per mesi le possibili proposte con l'idea di non imporre nulla - spiegano in coro i sei istruttori di educazione fisica ora impegnati anche a Giocampus -. Siamo stati pronti ad ascoltare e ad adattarci a ciò che sembrava nelle corde dei bambini. Che ricompensa vedere le loro facce sorridenti». La prova è evidente: i discorsi sono interrotti di continuo dai piccoli amici che vengono a risalutare e salutare ancora Francesco Corradi, Giovanni Mastrantonio, Michele Rossetti, Luigi Marchesani e Andrea Farnese. Con loro il volontario Antonio Franchella, come gli altri coinvolto da Elio Volta. «Ci divertiamo già tra di noi» fa lui. Non solo la depressione, anche la gioia è contagiosa.

A osservarsi attorno si incrociano gli sguardi vivaci di chi ha piuttosto una marcia in più e deve solo avere la possibilità di imboccare la giusta strada. Anche se Murtadà, altissimo per i suoi 13 anni, andrà piuttosto per sentieri, con la mountain bike della quale vuole diventare campione. «All'inizio - rivela - non volevo tanto frequentare l'Accademia: mi sembrava rubasse tempo ai miei allenamenti». Un giorno è bastato a fargli cambiare idea. «La prima sera è tornato entusiasta - ricorda mamma Bousso -. Perfino fare i compiti ha cominciato a piacergli. Così, oggi l'ho iscritto al prossimo anno».

C'è chi non vede l'ora che sia già settembre. «Il 30 maggio qualche lacrimuccia è scesa» commenta Volta, felicissimo per «avere respirato ore di serenità: una mescolanza di belle persone che ci ha fatto proprio bene». Barilla passa tra i tavoli all'esterno. «Ciao, sono Paolo, com'è andata con i compiti?» chiede. Santiago Zumaran, 12 anni risponde bene, senza sapere con chi stia parlando. Arrivato in agosto con la mamma Lilian Estrada dal Perù, si è innamorato della lingua italiana. «E stare qui mi ha aiutato a impararla più in fretta». Gianluca Molardi, ingegnere strutturale della Dallara, approfitta dell'incontro con Barilla per ringraziare «lui e la famiglia per quanto hanno fatto per il nostro territorio. Io mi sono laureato a pochi metri da qui, nella facoltà realizzata grazie alla donazione del signor Pietro». E ora è qui con Santiago e Lilian, in un altro luogo nato per costruire.

Roberto Longoni

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