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Alzheimer, due sentenze bomba. I malati di Alzheimer e di demenza senile non sono tenuti a pagare le rette «alberghiere» delle strutture dove sono ospitati

I giudici: «Diritto alla cura totale».

Alzheimer, due sentenze bomba. I malati di Alzheimer e di demenza senile non sono tenuti a pagare le rette «alberghiere» delle strutture dove sono ospitati

di Roberto Longoni

21 Giugno 2024, 03:01

Due sentenze che equivalgono all'uno-due di un pugile per il Servizio sanitario nazionale e a un risveglio della speranza (almeno di quella economica) per un milione di pazienti e oltre tre milioni di loro familiari alle prese con un devastante «cancro della mente» che si presenta in varie forme. In estrema sintesi, i malati di Alzheimer e di demenza senile non sono tenuti a pagare le rette «alberghiere» delle strutture nelle quali sono ospitate.

Quando si è ricoverati in ospedale, a nessuno deve essere presentato il «conto» il per vitto e l'alloggio dei quali si è usufruito durante la degenza. Allo stesso modo, secondo i giudici, va trattato chi è affetto dalla patologia neurodegenerativa che rende dipendenti dalle cure del prossimo. Poco importa che ad accoglierlo sia non una clinica specialistica ma una Rsa. Certo, le Rsa non devono perderci, e così viene chiamato in causa il Servizio sanitario nazionale.

Le due sentenze riguardano i casi di una donna di Monza e di una fiorentina, entrambi seguiti dall'avvocato parmigiano Giovanni Franchi da tempo impegnato su questo fronte con l'associazione Konsumer della quale è presidente regionale. Sulla prima vertenza, è stata la Corte d'appello di Milano a pronunciarsi. «Con una sentenza storica - sottolinea Franchi - alla quale si è giunti dopo dieci anni di battaglia legale». Konsumer e la sua assistita avevano incassato un giudizio avverso sia in primo che in secondo grado, con conseguente condanna anche al pagamento delle spese processuali. Ma né Franchi né l'erede di una malata di Alzheimer deceduta nell'ottobre del 2015 hanno mai pensato di arrendersi. È stata la Corte di Cassazione ad accogliere le tesi da tempo sostenute dall’avvocato parmigiano, rinviando la causa alla stessa Corte d’appello di Milano, dopo aver annullato la sentenza.

Così, il verdetto è stato ribaltato. E la società proprietaria della Rsa nella quale era stata ospitata l'anziana malata l'erede della paziente si è trovata condannata al pagamento dell'erede della donna di 8.501,20 euro oltre agli interessi e alle spese di lite dei quattro gradi del giudizio, poste a carico, anche dell'Agenzia di tutela della salute della Città metropolitana di Milano e della Regione Lombardia.

«Il rinvio della Cassazione e la conseguente decisione della Corte d’appello di Milano - commenta Franchi - rappresentano una vittoria importantissima che consolida finalmente la giurisprudenza in materia: nulla può essere chiesto alle persone affette da demenza e Alzheimer, ricoverate presso Rsa, come pure ai loro coniugi, figli o nipoti. Gli uffici Konsumer di tutte le regioni sono a disposizione di tutti gli interessati, per sospendere i pagamenti e ottenere il rimborso di quanto versato».

Diverso (ma comunque sempre favorevole alle famiglie dei pazienti) è il caso di una signora fiorentina, che a sua volta ha richiesto l'assistenza di Konsumer e dell'avvocato Franchi. Alla donna era appena stato presentato un decreto ingiuntivo con il quale le si chiedeva di pagare 37.273,40 euro di retta alla Rsa nella quale la madre era stata ricoverata dal dicembre 2020 al gennaio 2021 e dall'aprile 2021 al febbraio dell'anno seguente.

Sulla causa di primo grado è stata la Terza sezione civile del Tribunale di Firenze a pronunciarsi, stabilendo che «spetta solo all’assistito, se è in grado, pagare la retta, e i Comuni non possono rivalersi sui cosiddetti “obbligati per legge”, ovvero i parenti fino al quarto grado. Quando l’anziano o il disabile grave non ha mezzi, la retta è a carico del Comune di appartenenza (Cassazione civ.n. 26863/08), secondo il quale per disabili e anziani non autosufficienti conta il reddito dell’interessato e non di tutta la famiglia». Così, nel caso in esame, avendo l’anziana ricoverata esaurito le risorse per il pagamento con i propri mezzi della retta della Rsa, «i famigliari non possono essere obbligati al pagamento».

Il decreto ingiuntivo è così stato revocato. Inoltre, il giudice ha condannato la Rsa a rifondere alla figlia della paziente le spese di lite da liquidare in 3.500 euro 3500. Al tempo stesso, ha accolto la domanda riconvenzionale proposta dalla Rsa, condannando i terzi chiamati in causa (Azienda sanitaria Toscana centro e Comune di Firenze), ciascuno per il proprio titolo di legge al pagamento di 44.461,76 euro, oltre al pagamento delle spese di lite da liquidare in 4.500 euro.

Roberto Longoni

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