La storia
La nobile arte. Vuoi perché fu un nobile scozzese, John Sholto Douglas nono marchese di Queensberry, a dettare le basi regolamentari del pugilato moderno verso la fine del 1800. Vuoi perché a nobilitarlo come disciplina furono gli antichi greci. E dove c’è di mezzo l’Antica Grecia, tutto diventa arte. Il pugilato, ormai, non è appannaggio quasi esclusivo della “gente di strada”, per dirla alla Maurizio Stecca, anzi. Giovanni Rafaldi, infatti, 21 anni, non è uno di questi. Lui è il filo diretto fra arti. Studia Lettere Moderne all’Università di Parma e non penseresti che chi, come lui, ama le poesie e le scrive possa praticare questa disciplina. Ma è anche vero che se fai ciò, e quella è arte, non puoi non avere un nobile animo. La liaison è fatta. «Non parlerei di me stesso in termini così alti – si schermisce –. Ricerco qualcosa di profondo che sia veramente mio e lo cerco scavando nei miei pensieri con la poesia e mettendomi alla prova col pugilato. Mi piacciono soprattutto i crepuscolari e Ungaretti».
Origini pavesi, ha iniziato con la boxe a 17 anni in una società piacentina, l’Extreme Fighters, poi, frequentando l’Università a Parma, è stato notato e “scritturato” dalla Boxe Parma. «Mi sono avvicinato al pugilato per due motivi: per fortificarmi e per cercare un cambiamento. Mi è piaciuto l’ambiente, di come si condividessero la fatica e gli obiettivi. Il pugilato è considerato una rissa fra ragazzacci, ma qui non se ne trovano, ci sono ragazzi ligi. La gente vede gli incontri, le schermaglie al peso per spettacolarizzare, ma non ha presente tutto ciò che c’è dietro, incluse le regole da rispettare, dentro e fuori dal ring, oltre che pensare allo studio o al lavoro. Il pugilato non è soltanto per agonisti, è anche un buon metodo per mantenere un buono stato psicofisico».
Rafaldi ha disputato il suo primo match ufficiale il 1° giugno e lo ha vinto. Da queste sue ultime parole si capisce il perché della (sua) nobiltà. «Un ottimo inizio» commenta con un largo sorriso «Ero impaziente perché l’incontro è slittato a causa di un mio infortunio. Finalmente faccio parte degli agonisti. Non mi ero fissato degli obiettivi quando ho iniziato, ora ho un debito di riconoscenza che devo ripagare verso il mio presidente Adriano Guareschi che mi aveva notato e spronato a proseguire, per cui sarebbe meraviglioso arrivare in alto; se non dovesse succedere, il mio obiettivo principale, ossia rendermi una persona migliore e più forte, l’ho comunque raggiunto. Chi dà il massimo può anche permettersi di non arrivare primo, bisogna accettarlo».
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