Carabinieri
La divisa mai tolta del tutto gli va di nuovo a pennello, come se il 1988, quando fu riposta nell'armadio, fosse l'altro ieri. Così vestito, accompagnato dagli amati alamari e mostrine, il tenente colonnello dei carabinieri Rufino Regni morto a 93 anni affronterà l'ultimo viaggio, mentre riecheggiano le parole di lutto, affetto e ammirazione di colleghi, allievi e sottoposti. «Una vicinanza commovente e sorprendente, se si pensa al tempo trascorso» dice il figlio Luigi Regni, a sua volta colonnello dei carabinieri (in pensione dal 2022, dopo aver comandato le compagnie di Casalmaggiore e di Guastalla). Non importa il tempo, ma il segno che si lascia. Così come non serve alzare la voce per farsi obbedire. Rufino Regni seppe sempre farlo con la forza dello sguardo, dell'esempio e del rispetto.
Ufficiale e gentiluomo, il tenente colonnello arrivato a Parma nel 1980 e mai più ripartito. Ufficiale e padre di cinque figli nati dall'unione con Gilda. Oltre a Luigi, il primogenito, Federico (dipendente ex Robuschi), Daniela (restauratrice in borgo Onorato), Paola (impiegata dell'Unione parmense industriali) e Valeria (dipendente Cedacri). Un legame inossidabile, sopravvissuto anche al Covid che portò al ricovero di coppia dei Regni nel marzo 2020. Entrambi di Tuscania, si erano sposati nel 1961, dopo un decennio di fidanzamento.
Il 1961 è anche l'anno in cui Regni entrò in servizio permanente effettivo, dopo essere stato tenente di complemento dell'Arma al Battaglione di Firenze. Un breve periodo alla Scuola sottufficiali, sempre nel capoluogo toscano, quindi Moncalieri, e poi, dal '63 al '69, il comando della Tenenza di Acqui Terme. Quindi, fino al '72 alla Compagnia di Novara. «Anni difficili - ricorda Luigi -. Papà tornava a casa con la divisa strappata. Una volta rientrò con una gamba ferita da una coltellata. Ma lui minimizzava e non ha mai chiesto la causa di servizio».
Per un paio d'anni, poi, l'incarico alla Scuola sottufficiali di Velletri: gli allievi di allora ancora si ricordano di lui. A Parma, dove si occupò di personale, amministrazione e logistica fino al 1988, anno del pensionamento, arrivò nel 1980, dopo sei anni al comando della Compagnia dell'Arma nella base Nato di Gioia del Colle. Amava il suo lavoro, Regni, e per lui fu difficile lasciarlo, e l'hobby della falegnameria («aveva mani d'oro») e della cucina colmò solo in parte quel vuoto. Poté specchiarsi in Luigi, al quale diede pochi consigli (di esempio, vicinanza e condivisione) che avvicinano l'arte del comando a quella di crescere i figli. Ne ha fatto tesoro, il colonnello, che tra le decorazioni più importanti ha il ricordo di una frase del padre: «Sei meglio di me». Precetti che Rufino mise in pratica per primo, lasciando il segno, come dimostrano le attestazioni di stima di queste ore. Il figlio sta scoprendo di avere tanti fratelli. Per loro, il tenente colonnello, oltre che comandante è stato un secondo padre.
Roberto Longoni
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