Intervista
Dal lavoro come stuntman e controfigura a «Il giardino dei Finzi Contini» ai thriller, passando per la serialità televisiva: la carriera di Fabio Testi - 83 anni ad agosto e più di 100 film realizzati - è poliedrica e vitalissima proprio come la sua indole. Arrivato ieri a Parma per presentare «Cosa avete fatto a Solange?», l’horror cult proiettato durante la prima, affollatissima serata de «I Giardini della Paura», Testi ha sfruttato il tardo pomeriggio per una passeggiata in centro; lì lo abbiamo incontrato.
Testi, com’è iniziata la sua avventura nel cinema?
«Per puro caso. Potrei dire che è stato lui a cercare me. Sul lago di Garda, dove sono nato, si giravano molti film di pirati, era stata costruita una vera e propria cinecittà sull’acqua con galeoni e navi d’epoca. Ogni estate arrivavano le produzioni internazionali e noi studenti di quattordici o quindici anni facevamo le comparse. Paga di tremila lire al giorno: una cifra enorme. Così ho conosciuto una troupe romana e il gruppo degli stuntmen, ho cominciato a fare l’acrobata anch’io e poi, ottenendo una piccola parte, ho girato anche delle scene di interni a Roma. Poco dopo, sempre per caso, feci una scena di controfigura per alcuni caroselli della Coca Cola e il regista mi chiese di fare il protagonista per gli spot dell’anno successivo. In quel momento stavo partendo per l’Africa come geometra ... La carriera da geometra è finita lì».
Era l’epoca d’oro degli spaghetti western…
«Un periodo unico. All’inizio ho lavorato soltanto come stuntman che significava cadere sempre. Un giorno, cambiando barba, abiti e cappello, mi fecero morire ben dodici volte!».
Ha lavorato anche con Sergio Leone?
«Sì, dovevo anche comparire in “C’era una volta il West”, facendo la parte del belloccio in una terza banda oltre a quelle di Henry Fonda e Charles Bronson. Purtroppo però decisero di abolire il ruolo, ma avendo il contratto, non potevo litigare con Leone e così ho fatto sia lo stuntman sia un paio di apparizioni. Nonostante tutto, è stata una bellissima esperienza che mi ha insegnato tanto».
Com’era Leone sul set?
«Una persona meravigliosa, ma nervosissimo e attentissimo al suo lavoro. Una sera, mentre stavamo tornando dal set sulla Sierra Nevada, un attore della troupe si suicidò. La prima cosa che lui disse fu: “Prendete i costumi, domani dobbiamo girare con la controfigura”. Impressionante, ma il regista ha due cuori, uno umano e uno che pensa al risultato del film».
Poi è cominciata la sua carriera da attore…
«Decisi di fare l’accademia di recitazione, trasformando la passione in una professione. Tra il secondo e il terzo anno De Sica venne a farci un esame, cercava un attore italiano per “Il giardino dei Finzi Contini” e ottenni la parte di Malnate, il migliore amico del protagonista. La pellicola vinse l’Oscar come miglior film straniero e in un attimo sono diventato un attore internazionale».
In «Cosa avete fatto a Solange?», girato nel 1972 per la regia di Massimo Dallamano, lei impersonava il professore Enrico Rosseni
«Durante le riprese a Londra ero molto concentrato perché recitavo per la prima volta in inglese. Però fu un film anche divertente, dovevo lavorare con un cast giovanissimo, uno stuolo di ragazzine che impersonavano le studentesse del college. In generale, mi piacevano molto i thriller che si facevano portavoce di temi sociali (in questo caso l’aborto) urgenti».
Ha mai preso parte ad un film girato dalle parti di Parma?
«Sì, “Addio fratello crudele” di Giuseppe Patroni Griffi; ho partecipato ad alcune scene nel castello di Torrechiara».
Quale sarà il suo prossimo film?
«Una produzione belga intitolata “Riflessi in un cristallo morto” e girata da una coppia di registi davvero formidabile, Bruno Forzani e Hèléne Cattet. Uscirà probabilmente nel 2025».
Nella sua lunga carriera ha maturato qualche rimpianto?
«Provo davvero molta contentezza e soddisfazione, ma ho un sogno o meglio un copione nel cassetto. Uno script che racconta la vera e tragica vicenda degli imprenditori veneti che, quando le loro aziende falliscono anche a causa delle banche, decidono di farla finita».
Altri progetti oltre al cinema?
«Nell’ultimo periodo tengo letture di poesie d’amore accompagnato da un gruppo di musicisti con un riscontro sorprendente. La poesia di Neruda, Prévert, Merini o Garcia Lorca tocca nel profondo anche i giovani: in questo contesto di odio e di guerra, condividere versi che sottolineano come soltanto l’amore possa salvarci è davvero catartico».
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata