VIA TOSCANA
Il pietrisco sull'asfalto è stato spazzato via. Eppure, si respira ancora aria di guerra in via Toscana: macerie sulla massicciata, pali e segnaletica divelti. Ti guardi attorno, e ti sembra di risentire il boato delle 16,36, quando il treno merci è deragliato perdendo le carrozze di coda. Ed è cominciata la pioggia di sassi sulla strada e sulle macchine in sosta e in transito. Troppo poche ore sono passate per capire il perché, ma nel frattempo la procura ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario. Per quanto riguarda i tre feriti, fortunatamente lievissimi, si procederà soltanto in caso di querela. Tutt'altro discorso, invece, deve essere fatto per i danni: non solo i pali delle rete elettrica, la segnaletica e le infrastrutture tecniche dell'area in cui il merci ha «sviato», ma anche quella trentina di auto posteggiate sulla strada o di passaggio che, in alcuni casi, hanno la carrozzeria devastata. Per i risarcimenti potranno poi eventualmente essere portate avanti delle richieste in sede civile.
Piani diversi. Ora è necessario capire cosa sia accaduto a quel convoglio merci, di proprietà di una società straniera, che viaggiava in direzione di Reggio Emilia e all'altezza di via Trieste ha visto «slittare» le carrozze di coda fuori dai binari, facendo anche schizzare una sventagliata di pietre contro un interregionale che stava arrivando in quel momento in direzione opposta. Qualche primo punto fermo potrà forse essere fissato dai tecnici della Polfer che arriveranno a breve da Milano. Ma adesso nessuno vuole lanciarsi in ipotesi che sarebbero quantomeno azzardate. «Al momento non si può fare alcuna valutazione. In casi come questi, spesso le indagini non solo sono complesse, ma anche piuttosto lunghe», sottolinea il procuratore Alfonso D'Avino.
Un percorso che andrà avanti per diversi mesi. E forse anche accidentato, o almeno spesso così è stato per altri terribili disastri ferroviari, come Viareggio, nel 2009, e Andria-Corato, nel 2016: ferite ancora aperte. Al centro ci saranno le consulenze tecniche, elaborate da specialisti in ingegneria dei trasporti ferroviari. E, dopo le prime relazioni della Polfer, sarà questa la strada che seguirà anche la procura.
Siamo ancora nella fase dei sopralluoghi. Degli accertamenti iniziali. Andrà verificata la velocità a cui stava transitando il merci: un dato abbastanza semplice da rilevare. Così come sarà analizzato lo stato dei binari e degli scambi in cui si è verificato l'incidente. C'è chi ha ipotizzato anche una possibile deformazione del metallo per il caldo, tuttavia bisogna considerare che ormai da alcuni anni Rfi sospende temporaneamente il traffico o lo rallenta, riducendo la velocità massima, quando le temperature raggiungono o superano i picchi massimi che le infrastrutture possono sopportare senza problemi.
Sicurezza. Manutenzione. Controlli. Tutti aspetti che saranno approfonditi per accertare eventuali responsabilità. Senza sottovalutare il possibile errore umano, ossia qualcosa di sbagliato da parte del macchinista del merci, le cui parole potranno comunque essere un tassello importante per la ricostruzione della dinamica dell'incidente.
Un altro fronte che verrà scandagliato sarà quello dei lavori, in corso da tempo, per la realizzazione delle barriere antirumore. Opere che nell'ultimo periodo stavano andando avanti nella zona verso la stazione, lì dove il merci avrebbe cominciato ad uscire dai binari. Ma una relazione tra quegli interventi e il deragliamento è, almeno per ora, solo una suggestione. Servono risposte tecniche per fare luce. Per spiegare quell'esplosione di pietre e macerie.
Georgia Azzali
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