Intervista
Se fosse un'eroina del melodramma, sarebbe la verdiana Amelia del «Ballo in maschera» che cerca di cambiare vita ma ciò che la circonda non glielo permette, oppure la pucciniana Tosca, donna forte, temeraria, decisa, emancipata.
Si definisce «tenace e disciplinata» Ana Isabel Lazo, soprano guatemalteca che, per inseguire il filo dei sogni, è arrivata fino a Parma. Per imparare l'opera dove è nata l'opera. I sacrifici, in termini di affetti e nella parentesi buia del Covid, sono stati tanti, talora drammatici, non li cela.
Ora però raccoglie le soddisfazioni di un'estate di grande lavoro.
«Mi sento realizzata in questo periodo - racconta con il suo garbo serio - Ho affrontato nuovi palchi come il bellissimo teatro romano di Benevento e il Festival “Lirica in Piazza” a Massa Marittima con Santuzza della “Cavalleria rusticana”. È un’opera che mi ha dato belle soddisfazioni, anche se non riesco a identificarmi con il personaggio, troppo remissivo, riconosco che musicalmente si possono cesellare frasi stupende di grande effetto. Ho ripreso anche un ruolo pucciniano che amo e non cantavo da anni, Suor Angelica, in una bellissima produzione degli Amici della Lirica di Piacenza. A fine agosto sarò a Firenze per interpretare Leonora ne “Il Trovatore” con il maestro Allemandi che tiene un corso per direttori d’orchestra. Di certi impegni non posso ancora rivelare i dettagli ma ci saranno un bellissimo concerto con la Fondazione Museo “Renata Tebaldi”, e due titoli pucciniani: nel “Tabarro” sarà Giorgetta e poi Tosca. Per questi impegni ringrazio in particolar modo Giovanna Colombo, Antonio Delnevo e Carlo Menconi».
Si è perfezionata al Conservatorio «Boito» con Lucetta Bizzi; studia molto e ascolta il più possibile le sue colleghe: a che punto si ritiene rispetto agli obiettivi che si era data venendo in Italia?
«Mi sono perfezionata con la bravissima maestra Bizzi, dentro e fuori dal Conservatorio “Boito”: ho la fortuna di conoscerla da tanti anni, è la mia figura di riferimento. Vero, sono studiosa e perfezionista: quando ero in Conservatorio o partecipavo a una masterclass, ero la prima ad arrivare e l’ultima ad andarmene perché mi piaceva ascoltare le lezioni degli altri e vedevo in loro ciò che dovevo migliorare in me. Lo stesso faccio quando vado in teatro a vedere qualche spettacolo. Rispetto agli obiettivi, penso di essere sulla buona strada: ho calcato palchi che sognavo fin dal primo giorno che ho deciso di inseguire questa carriera a tempo pieno, tra cui l’Elbphilharmonie ad Amburgo, la Staatsoper di Berlino, la Carnegie Hall a New York, ma sogno ancora l’Arena di Verona e anche il Festival Verdi, qui nella mia città di adozione. La mia voce si è sviluppata tanto, non solo nel volume e nello spessore, ma anche nella gamma di colori e di dinamiche. Mi sento molto vicina a Verdi: Amelia, Leonora di Vargas, Elisabetta di Valois, Aida sono ruoli in cui la mia voce si sente a casa, ma non posso dire di non sentirmi bene anche con Tosca, Suor Angelica, Giorgetta o Manon Lescaut».
Ha lasciato il suo Paese per inseguire un sogno bello ma complicato.
«I sacrifici sono tanti, essere lontana dalla mia famiglia è sicuramente la cosa più difficile con cui devo convivere. Il timore più grande, che avevo già il giorno in cui ho preso l’aereo per venire in Italia, era di non esserci se fosse successo qualcosa ai miei cari: ecco che nel 2020, con il mondo fermo e gli aeroporti chiusi, sono stata costretta a vivere il funerale di mio padre attraverso uno schermo. La vita lontani da casa è molto difficile, piano piano senti di non appartenere più a quel mondo che poco tempo prima era il tuo. Anche se sto bene a Parma, e ho trovato un uomo meraviglioso e una famiglia meravigliosa, è difficile! Ma quando sono su un palco, ascolto l’orchestra che si accorda, vedo le luci e sento quell’attimo di silenzio che precede i primi accordi, mi commuovo, provo un'immensa gratitudine verso la vita, penso a mio papà e ai sacrifici che ha fatto tutta la mia famiglia perché io potessi essere lì in quel momento e cerco di dare tutto attraverso la mia voce».
A chi inizia ora, cosa dice?
«Non è una carriera facile, anzi! Ricordatevi che ci saranno momenti difficili; ascoltate sempre le critiche costruttive, ma tappatevi le orecchie per quelle distruttive. E soprattutto non date per scontato quello che avete, ci sono Paesi dove non esistono i Conservatori, dove, nelle scuole di musica, prima dell’era digitale, non si trovavano gli spartiti: voi avete tutto a portata di mano, iniziate il vostro percorso con un grande vantaggio».
A Parma, lo ha detto, ha trovato l'amore: suo marito, Giulio Bocchi, è giornalista musicale e cantante. Vi date consigli?
«Sempre! Passiamo tantissimo tempo insieme. Quando studiamo, ci ascoltiamo a vicenda e ci aiutiamo; andiamo insieme a vedere tanti spettacoli che poi commentiamo. Imparo tanto da lui, è un uomo di grande cultura. Condividiamo veramente tutto, ci piace molto questo modo di affrontare la vita».
Mara Pedrabissi
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