L'intervista
Fausto Pizzi, doppio ex di Parma e Napoli, inquadriamo il momento delle due squadre. Partiamo dai crociati.
«Ero al Tardini sabato contro il Milan: quella di Pecchia mi è sembrata una squadra organizzata e in salute, che ha testa e gambe. Il Parma fa cose semplici, ma le fa più che bene: si difende in modo compatto e attacca sfruttando a dovere la velocità di giocatori come Man, Mihaila e Bonny. Anche se è una neopromossa, potrà dare fastidio a tutti».
Nella vittoria contro il Milan tanti meriti del Parma, ma forse anche qualche demerito dei rossoneri.
«Sicuramente. La difesa del Milan annaspava, concedendo almeno due metri ai giocatori del Parma. E dal momento che i crociati hanno interpreti di assoluta qualità, così facendo Fonseca si è esposto a rischi enormi, pagando dazio. Contro la Fiorentina, che pure è una formazione sulla carta meno attrezzata del Milan, il Parma non aveva creato così tante nitide occasioni da gol. Sabato, invece, il match poteva concludersi con uno scarto ben più ampio».
Pecchia contro Conte.
«Un duello a distanza bellissimo. Dopo averla vissuta solo di passaggio, a Verona, penso che per Fabio quest'anno possa arrivare la consacrazione anche in serie A. è il suo momento. Lui prepara benissimo le partite e riesce ad entrare nella testa dei suoi giocatori, qualità che non passano inosservate. Su Conte, cosa dire: per lui parla la storia. Al Napoli si intravede già la sua impronta caratteriale. Contro il Bologna i partenopei hanno sfoderato una prova di grande intensità, senza mai rischiare. è una squadra in costruzione, i nuovi acquisti avranno bisogno di tempo, ma i segnali sono incoraggianti».
Quale potrà essere l'arma in più del Parma per tentare di sorprendere il Napoli?
«La velocità: il Parma ha giocatori che possono fare davvero male nelle ripartenze. Ho visto i crociati rifilare quattro gol all'Atalanta con una facilità impressionante: si trattava pur sempre di un'amichevole, questo sì, ma i bergamaschi una settimana dopo avrebbero affrontato il Real Madrid nella finale di Supercoppa europea».
Fausto, stagione 1995-96: al San Paolo lei ha il privilegio di indossare la maglia numero 10 appartenuta a Maradona. Un peso enorme.
«Da chi portava addosso il numero 10, a Napoli, i tifosi si aspettano magie. Ma certe magie poteva farle solo un giocatore: tutti gli altri non erano nemmeno lontanamente accostabili alla grandezza di Diego».
Lei non era Maradona, certo, ma il pubblico l'apprezzò ugualmente.
«Napoli è una città meravigliosa, mi ha dato tanto: ho avuto la fortuna di giocare in un club fantastico. Quell'anno, pensi, nacque il mio secondo figlio: lo chiamammo Tommaso. Quando lo seppe lo storico magazziniere del Napoli, Tommaso Starace, ne fu così orgoglioso da organizzare a Soccavo, al mattino, uno spettacolo di fuochi pirotecnici in onore proprio del mio bambino. Un ricordo che mi porterò sempre nel cuore».
Al Parma non fece sconti, segnando a Buffon nell'1-1 dell'andata.
«Che in quella stessa partita, con una parata delle sue, mi negò la gioia della doppietta personale. Ero arrivato Napoli nella trattativa che aveva portato in gialloblu Fabio Cannavaro. Tra Napoli e Parma, allora, c'erano rapporti di mercato molto stretti: alla corte di Scala, in precedenza, erano arrivati anche Crippa e Zola. A Napoli sarei rinasto volentieri anche nella stagione successiva, ma ero in prestito. il club decise di puntare su un giovane, Beto, che a dire la verità non fece benissimo».
Che squadra era il suo Napoli?
«Una buonissima squadra: insieme a me c'erano Taglialatela in porta, Ayala e Cruz in difesa, lo stesso Pecchia e Boghossian a centrocampo. E poi i vari Tarantino, Buso, Bordin, il "condor" Agostini, oltre ad alcuni giovani di prospettiva: Colonnese, Arturo Di Napoli, il povero Carmelo Imbriani, che fece gol nella vittoria contro l'Inter su un mio assist. Nonostante all'inizio ci fosse stata qualche difficoltà a livello societario, disputammo un campionato più che onorevole: ricordo anche un pareggio in casa della Juve di Lippi. E sapete chi segnò quel giorno? Proprio Pecchia. Avessimo avuto qualcosa in più davanti, quel Napoli avrebbe lottato per un posto in Europa: ne sono sicuro».
L'allenatore era Vujadin Boskov…
(Qui Pizzi si ferma un attimo e fa un bel respiro che la dice lunga sul rapporto tra i due, ndr). «Un personaggio carismatico, il mister. Per me è stato come un padre, sempre prodigo di consigli. Del duro aveva solo la scorza: in realtà era un uomo di una simpatia straordinaria. L'allenamento finiva sempre con una partitella: nell'elencare le formazioni, accompagnava il nome di ciascun calciatore con una battuta. Quante risate. Vujadin sapeva come prenderli e come sostenerli, i suoi ragazzi: era un grande motivatore».
Vittorio Rotolo
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