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CINEMA ASTRA

Amelio e Borghi: «Un film per un mondo senza guerre»

Amelio e Borghi: «Un film per un mondo senza guerre»

di Emanuele Marazzini

04 Settembre 2024, 03:01

Crediamo che nel proprio cinema Gianni Amelio abbia sempre voluto incontrare la Storia lateralmente, cercando di scovare nelle dolenti, antieroiche gesta di individui minori quelle risposte (sottili, dunque sagge) agli interrogativi del vivere che le grandi epopee e i suoi illustri protagonisti spesso sono stati incapaci di dare.

Così, anche se di recente il Craxi di «Hammamet» e il Braibanti de «Il signore delle formiche» parevano disattendere questa tacita regola, nella sua diciannovesima fatica, «Campo di battaglia» (in concorso a Venezia), il regista calabrese torna nei ranghi: simili ai «ragazzi di via Panisperna» nella comune fede nella scienza i medici amici Stefano (Gabriel Montesi) e Giulio (Alessandro Borghi), che nel 1918 insieme all’infermiera Anna (Federica Rosellini) curano i feriti giunti dal fronte, sono di nuovo uomini piccoli travolti dallo tsunami degli eventi, in questo caso la Grande guerra. Una guerra epocale che non si limitò - come ben sappiamo dai libri di storia - a mutilare o frammentare solo i corpi, ma anche la morale: così se il primo chirurgo rimanda impietoso in trincea gli autolesionisti guariti, il secondo - in barba al giuramento di Ippocrate - li fa ammalare per tenerli al sicuro. A render la situazione ancora più drammatica ci penserà lo strisciante contagio dell’influenza spagnola che, come alcuni critici hanno rimarcato, spezza a sorpresa il film in due sezioni molto difformi tra loro. «È davvero un’emozione essere qui stasera. Al Lido il pubblico è finto, sembrano comparse pagate per stare in sala. Qui invece voi acquistate un biglietto e scegliete di vedere un film. Siete persone vere!» ha esordito ieri sera Amelio presentando all’Astra la pellicola davanti ad una foltissima platea.

«Non ho mai incontrato nessuno come Amelio» ha proseguito Borghi le cui ironiche schermaglie con il regista hanno scaldato il pubblico «è un essere umano incredibile, dotato di un grandioso senso dell’ironia. Il nostro sodalizio è speciale: abbiamo condiviso il meraviglioso viaggio di questo film per i tre mesi delle riprese, ma era da un anno e mezzo che ne parlavamo, nella sua cucina, nel bar sotto casa e anche in montagna. “Campo di battaglia” è ambientato durante la Prima guerra mondiale, ma potrebbe essere ambientato ieri perché la Storia è ciclica e gli umani non imparano dai loro errori, sempre dettati dalla sete di potere. Ciò che possiamo fare tutti noi, anche se siamo lontani dai luoghi di conflitto, è sentirci vicini a quelle situazioni. Il film trattatale tema e costruendo il personaggio di Giulio abbiamo plasmato un idealista che, di scena in scena, fa scelte importanti e che spero facciano cambiare spesso idea anche agli spettatori e alle spettatrici, costringendoli poi a portare a casa una serie di quesiti di non facilissima soluzione».

«Il film è un’utopia» ha concluso Amelio «non un apologo realistico contro la guerra. Tutto va in una sola direzione: le guerre fanno male e le vittime sono soprattutto innocenti. Allora utopisticamente per fermarle è meglio che non ci siano più braccia per sostenere un fucile».

Emanuele Marazzini

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