PATTEGGIAMENTO
Il servizio offerto era completo. La mattina dell'esame non dovevi nemmeno preoccuparti di scegliere la camicia o la maglietta da indossare: ci pensava l'uomo di turno dell'organizzazione a fornirti il capo giusto. Con tanto di telecamerina, cucita nella fodera interna, fissata con nastro adesivo e con la parte finale collegata a un micro auricolare da inserire nell'orecchio. Per sentire la vocina di chi suggeriva le risposte. Così, completare i test diventava un gioco da ragazzi. E la patente, una volta superata la prova pratica, era assicurata.
Un'indagine, partita da Brescia e chiusa nel 2022, che ha coinvolto una quarantina di persone, tra membri dell'organizzazione e «clienti». Alcuni residenti anche nel nostro territorio, come la 31enne, origini albanesi, che ieri ha patteggiato 2 mesi per aver violato la legge del 1925 che punisce chi presenta come opera propria quella prodotta da qualcun altro. In particolare, in questo caso, il 15 novembre 2021, alla Motorizzazione civile di Parma, la donna aveva completato i test grazie alle risposte del suggeritore anonimo ricevute via auricolare. Un reato aggravato dal fatto che la 31enne aveva poi effettivamente superato l'esame, anche se poi la patente era stata sequestrata. Il giudice le ha poi sostituito la pena con lavori di pubblica utilità: dovrà fare volontariato alla Croce Rossa.
Anche lei uno dei tanti patentati senza forse la minima idea di cosa sia un segnale stradale o una norma del Codice. Perché l'organizzazione, guidata da un pakistano in collaborazione con diversi cittadini stranieri, alcuni dei quali romeni, aveva esteso i propri servizi un po' ovunque nel Nord Italia. E i ruoli erano ben definiti: c'erano i procacciatori/reclutatori dei «clienti» che desideravano un «aiuto» per la patente; gli organizzatori che gestivano l'attività, stabilendo chi faceva cosa; il tecnico che provvedeva a nascondere la strumentazione sotto gli indumenti del candidato; e, infine, il suggeritore delle risposte collegato da remoto.
Ognuno con un proprio compito, insomma. Quando l'aspirante patentato si faceva avanti, era il tecnico a entrare in azione poco dopo, e comunque non molto tempo prima della prova d'esame, per evitare che si scaricassero le batterie della strumentazione. E in quell'occasione veniva consegnata anche la maglia o la camicia sotto cui era già stato predisposto tutto: la telecamerina, in particolare, con router allegato per il collegamento wifi, serviva a inquadrare il monitor davanti al candidato su cui scorrevano le domande. Finché la persona non entrava in aula per affrontare l'esame, con grande scrupolo venivano fatte prove audio e video da parte del tecnico, che rimaneva in zona in caso di bisogno.
Tutto preparato nei dettagli. E ben pagato. Perché il candidato, a seconda del tipo di patente o abilitazione da conseguire, sborsava dai 3.000 ai 5.000 euro. La somma veniva consegnata spesso al tecnico già sul posto oppure al reclutatore, garante di tutta l'operazione.
Un canovaccio che si ripeteva ad ogni esame taroccato. Nel caso della 31enne residente nella nostra zona, la donna era stata contattata il giorno dell'esame da una 30enne romena abitante nel Veronese: il personaggio che ha coordinato tutte le attività. Sul posto era invece stato inviato un tecnico, anche lui romeno e marito della 30enne, che aveva provveduto anche a sistemare alcuni problemi di audio prima che cominciasse l'esame. Mentre le risposte ai test erano state dettate all'auricolare da un terzo membro del gruppo. Suggerimenti perfetti. Per una «promozione» assicurata.
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