×
×
☰ MENU

TRAVERSETOLO

Il neonato era vivo: la verità choc dell'autopsia. Dall'infanticidio all'omicidio: tutte le ipotesi

Il neonato era vivo: la verità choc dell'autopsia. Dall'infanticidio all'omicidio: tutte le ipotesi

di Georgia Azzali

12 Settembre 2024, 03:01

Traversetolo Respirava. E forse, prima di essere abbandonato, ha pianto anche a lungo davanti alla giovane madre. Cosa l'abbia spinta a liberarsi di quel bimbo, solo lei lo sa. O forse non l'ha ancora capito, assediata da chissà quali paure e insicurezze.

Certo è che il piccolo era nato vivo. E' il primo - inquietante - riscontro che emerge dall'autopsia effettuata nei giorni scorsi da Valentina Bugelli, responsabile dell'Istituto di medicina legale di Parma, insieme a un fetologo, sul corpo del neonato ritrovato il 9 agosto sul prato che divide le due villette confinanti di strada Baietta, a Vignale.

E' passato più di un mese, ma questa è la sola drammatica verità emersa dopo l'identificazione della mamma. Eppure, le indagini coordinate dal pm Francesca Arienti e portate avanti dai carabinieri di Traversetolo insieme ai colleghi di Parma, con la collaborazione fondamentale del Ris, hanno messo insieme una miriade di tasselli di questa storia tragica. E sconcertante. Anche perché maturata in un contesto di apparente «normalità»: una madre di 22 anni, cresciuta e abitante nella zona, inserita in un buon contesto familiare, con amici e passioni come tante ragazze della sua età. Così come il padre del bambino, un giovane più o meno della sua età.

Tanti sono gli elementi già in mano agli investigatori, ma il riserbo rimane ancora assoluto. A cominciare dai reati già messi nero su bianco. Perché è chiaro che, essendo il bambino nato vivo, si può ipotizzare che la madre possa essere indagata per infanticidio, oltre che per occultamento di cadavere, visto che il piccolo è stato trovato adagiato sul prato, pare sotto una lievissima coltre di terra che sarebbe stata spazzata via dai cani della famiglia che vive lì accanto. Tuttavia, non è escluso (in base soprattutto agli accertamenti completi dell'autopsia) che possa essere invece contestato l'omicidio. Ma da un reato all'altro, gli scenari cambiano completamente. Innanzitutto, di infanticidio può essere accusata una madre (e solo lei) che causa la morte del neonato immediatamente dopo aver partorito, o del feto durante il parto, in base a condizioni precise, però: ossia «quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto». Un reato che comporta dai 4 ai 12 anni di pena. L'omicidio volontario, invece, prevede condanne, al netto di eventuali sconti, che non possono scendere sotto i 21 anni. E anche chi aiuta una donna a compiere un infanticidio rischia la stessa pena dell'omicidio, ossia non inferiore ai 21 anni, a meno che abbia agito per favorire la madre, e in questo caso può beneficiare di una diminuzione fino a due terzi.

Eventuali complici? Anche questa resta per ora una domanda senza risposta, anche se pare che gli altri indagati, oltre alla madre, siano stati iscritti in relazione agli accertamenti tecnici che dovevano essere svolti.

Infanticidio o omicidio: entrambi reati gravi, seppure con pene diversissime. In entrambi i casi, tuttavia, può scattare l'arresto, come misura cautelare, dopo il via libera del gip. In particolare su quest'ultimo aspetto, ovviamente nulla trapela. Ma la storia ha sempre più bisogno di risposte.

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI