CATASTO
Quasi settemila edifici abbandonati sparpagliati tra la città e la provincia. E così il Parmense si guadagna il primo posto in regione per il numero di immobili che non danno rendita – in gergo tecnico si chiamano unità collabenti – a causa del loro stato di abbandono. Va però chiarito che la maggior parte dei ruderi censiti nelle Statistiche catastali 2023 dell'Osservatorio del mercato immobiliare (Agenzia delle Entrate) si trova in provincia, al di fuori quindi del capoluogo. Nel dettaglio: a Parma gli edifici in classe F2 (come i ruderi o gli immobili che non sono agibili) sono 223, ma il dato si impenna se si passa a considerare tutta la provincia. In questo caso i «muri dimenticati» balzano a quasi settemila, per la precisione sono 6.968.
E negli altri territori dell'Emilia-Romagna cosa succede? Come riportato nel grafico a destra, la città con il maggior numero di edifici abbandonati è Ferrara, con 679 unità immobiliari che non garantiscono alcuna rendita, seguita da Ravenna (402) e da Modena (371). Rimini chiude la classifica dei nove capoluoghi, con solo 78 edifici che possono essere definiti dei ruderi. Parma, con i suoi 223 edifici abbandonati e fatiscenti, si colloca in sesta posizione.
Se si allarga l'inquadratura a tutto il territorio provinciale, la classifica cambia. Parma, come detto, è in testa con quasi 7mila immobili abbandonati, tallonata dalle province di Modena (6.251), Piacenza (6.183) e Bologna (5.244). La provincia più «virtuosa» è quella di Rimini, con solo 1.703 «unità collabenti».
Sul sito dell'Agenzia delle Entrate è possibile risalire ai dati nel corso del tempo e per quanto riguarda Parma la scoperta non è delle più esaltanti: dieci anni fa, sia in città che nel resto della provincia, c'erano meno ruderi. I numeri parlano chiaro: nel capoluogo gli edifici che non garantivano alcuna rendita a causa delle loro condizioni erano 145 (78 in meno rispetto al 2023), mentre in tutta la provincia erano 5.457 (1.511 in meno). Ma nonostante i valori più bassi rispetto a quelli attuali, anche dieci anni fa quella di Parma si confermava come la provincia con più ruderi in tutta l'Emilia-Romagna.
E per quanto riguarda gli immobili di lusso? In città il catasto censisce 36 abitazioni signorili (A1, una categoria che paga l'Imu anche se si stratta della prima casa). A Piacenza ce ne sono 189 (primato tra le città della regione), a Modena 127 e a Bologna 105, mentre Rimini è in coda con solo 4 unità immobiliari signorili.
P.Dall.
Bössi di Bedonia e Cà Scapini di Compiano, Lavacchielli, Pareto o Vosina di Bardi e Varviaro di Tornolo. Nomi vuoti sparsi fra la Valtaro e la Valceno, che alle nuove generazioni non dicono nulla. Punti sperduti sulle montagne. Quelle stesse montagne che negli anni del boom economico hanno iniziato a perdere la loro gente, attirata dal lavoro e da un'esistenza più comoda altrove: chi non è voluto andare lontano si è fermato in città o nella prima periferia alle porte di Parma.
Oggi quei nomi indicano paesi senza più anime, veri e propri borghi fantasma che vanno ad ingrossare l'elenco già corposo dei ruderi presenti nel Parmense.
A Bössi di Bedonia non è stato l'esercito tedesco a far «scomparire» gli abitanti (come racconta qualcuno) bensì l'emigrazione, che li ha sparpagliati fino in America. E pensare che quel borgo rappresentava un mirabile esempio di architettura rustica, dove ogni spazio aveva la sua funzione: dispensa, cantina, stalla, pollaio, ricovero per gli attrezzi. Piccolo inciso: pare che l'esercito tedesco non arrivò mai nel borgo, come se non lo avesse notato.
A pochi chilometri di distanza c'era Varviaro, nei pressi di Santa Maria del Taro. Di questo borgo citato nelle cartine dell'800 si sta perdendo anche la memoria. Altro luogo fantasma è Cà Scapini, antiche case in pietra costruite, a quanto pare nel XVIII secolo dai sopravvissuti di un’epidemia di colera scoppiata nei borghi circostanti. Anche in questo caso non è stata la guerra a decimare gli abitanti, bensì l'emigrazione, che spopolò, negli anni '50, anche Lavacchielli, che conservava soffitti decorati, a conferma del fatto che la montagna non era fatta solo di fatica e miserie.
r.c.
Il pericolo è diventato quasi una certezza: la casa natale di Ferdinando Santi, in strada dei Mercati, rischia di crollare. La denuncia arriva dall'associazione Amici di Ferdinando Santi. L'associazione ricorda che l’abitazione di uno dei leader del socialismo riformista del nostro Paese, tra i padri fondatori della Cgil insieme a Di Vittorio, è stata meta e simbolo delle radici culturali del politico parmigiano. Oggi, tra le sterpaglie, resta solo la targa che celebra l'opera del sindacalista, ma anche questa rischia inevitabilmente di cadere.
È per questo che, a 55 anni dalla scomparsa del politico e sindacalista parmigiano, l’associazione Amici di Ferdinando Santi, rappresentata ancora in città dal parente più prossimo, il cugino Egidio Tibaldi, sabato alle 10.30 organizzerà un focus di approfondimento all’Auditorium dell’Assistenza Pubblica in via Gorizia, non solo per ricordare l’attualità politica del messaggio di Santi, ma anche per lanciare un appello alla cittadinanza insieme ai testimonial dell’universo socialista che interverranno all’appuntamento: Mauro Del Bue, Giampaolo Cantoni, Claudio Magnani, Cristiano Manuele e Alfredo Stocchi. Sempre sabato, alle 9,30 alla casa natale di Santi, si terrà la consueta commemorazione.
r.c.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata