Reportage
I norcini delle piene. Una grossa vite a coclea montata in una benna portata da un manitou, un bobcat che la rifornisca di materia prima da indirizzare nel grosso tubo di iuta srotolato sul fianco. «È un po' come fare il salame» sorride Romeo Azzali, sulla strada semiallagata di Chiozzola, tra i volontari di Mezzani. Qui, sul lato occidentale del Fumolenta si è formato un lago, con un fiume al centro che punta verso valle, verso altri campi e una grande casa. Il salame di cui parla Azzali non si mangia, ma al tempo stesso impedirà all'acqua limacciosa di «mangiarsi» ciò che ha davanti.
Superati i sacchetti: ora i colmi di piena li si affronta stendendo sulla linea del fronte cordoli lunghi una trentina di metri riempiti in modo meccanico: lento, ma velocissimo rispetto al passato. Tre volontari - ovviamente con gli adeguati strumenti - sono in grado di fare in meno tempo più lavoro di decine di uomini armati di pale e rettangoli di iuta da riempire di sabbia. A dirigere i lavori, Riccardo Tamani, geometra in pensione e tra i fondatori della Protezione civile di Mezzani. È lui, lo stesso uomo che importò dall'Austria l'insacchettatrice meccanica, l'inventore della diavoleria alleata degli angeli custodi contro le alluvioni. «L'idea - racconta - è nata quattro anni fa ed è poi stata realizzata con la Metal Meccanica di Mezzani, che produce coclee». Due sono le macchine a disposizione: oggi (ieri), che c'è spazio, si può usare la più grande.
«Ogni metro di “salame” steso - prosegue Tamani - pesa 430 chili. E si possono sovrapporre fino a quattro strati». Ossia, si potrebbe erigere un muro alto un'ottantina di centimetri, a seconda delle circostanze. Mentre il manitou procede verso l'argine del Fumolenta srotolando il tubo di iuta gonfio di sabbia, si cerca di capire quanti strati serviranno, quanti altri camion. Ma il risultato è immediato. La corrente rallenta e si indirizza sempre più verso il centro della falla. Presto, si chiuderà anche lì.
La natura sembra impazzita per l'alluvione. Anche l'uomo ci mette del suo: come se niente fosse, un tizio pedala verso Sorbolo sulla strada affogata nello «lago» limaccioso ai piedi dell'argine. L'aria è affollata di insetti, come l'acqua lo è di corpi di topini stremati dal nuoto e infine annegati. A bassa quota, un falco svolazza sui volontari, quasi incredulo di fronte a tanta abbondanza. Sull'argine, una giovane lepre, impaurita come in un giorno di caccia. Appena oltre, dove l'acqua comincia a infilarsi tra le zolle di un campo arato di fresco, un airone immobile: dovrebbe essere l'unico a proprio agio in questo ambiente. L'unico con una nutria che prende il largo dal viavai umano. Frassinara è tornata a essere una palude, com'era prima della bonifica dei monaci.
Lo ricordano Simona Zatti e Annamaria Rolli, che abitano la grande casa a valle del «lago», quella che i volontari proteggeranno con la barriera stesa lungo strada Chiozzola. «Siamo sveglie dalle 4,30 - raccontano -, quando ci è stato dato l'allarme». Pronte a correre di sopra, si sono sedute al piano terra della casa, gli occhi fissi all'argine occidentale del Fumolenta, distante una ventina di metri. Ma non è con lo sguardo che hanno captato qualcosa d'insolito. «Alle 9 - proseguono - abbiamo sentito un forte rumore, come di una cascata». A provocarlo era l'acqua che ricadeva da un «sormonto» lungo il fianco opposto dell'argine: fosse stato di qua, avrebbero dovuto davvero salire di un piano. Anche loro hanno il giardino invaso dai topini: una li vorrebbe salvare, l'altra no. Ai loro gatti, invece, non importa più: è stata fin troppo facile la strage.
«Poi - raccontano - si è aperto un fontanazzo appena a monte, ai piedi dell'argine, questa volta sul nostro lato. E subito sono accorsi i volontari con un manitou che aveva inforcato un pallet carico di sacchetti di sabbia. Il fontanazzo (ora sorvegliato dai tecnici dell'Aipo, ndr) così è stato tappato. Meravigliosi, quei ragazzi». Alcuni sacchetti di sabbia sono stati forniti anche alle abitanti della casa, che li hanno disposti davanti alle porte. «E altri ancora ci sono stati dati da Nicola Cesari, che li aveva sul suo fuoristrada». Il sindaco insonne come tutti i suoi e tutti i volontari: alla piena dei canali è corrisposta quella dell'adrenalina nelle loro vene. Alla fine, il Nessundorma suonato dalle acque ha avuto l'effetto di una carica.
rob.lon.
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