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Tragedia

Processo Sofia, arringhe tra accuse incrociate

Processo Sofia, arringhe tra accuse incrociate

di Roberto Longoni

24 Ottobre 2024, 03:01

Certe norme sono basilari: chi ottiene un brevetto di salvamento deve conoscerle. Quindi, Emanuele Fulceri, bagnino senior del Texas di Marina di Pietrasanta non avrebbe avuto alcuna responsabilità: la gestione della vasca idromassaggio dello stabilimento era affidata al diciottenne Thomas Bianchi, che, per quanto giovanissimo e al primo impiego, era pur sempre a sua volta bagnino. La colpa della morte della piccola Sofia Bernkopf, secondo il difensore di Fulceri, l'avvocato Cristiano Baroni, sarebbe sua (ossia di colui con il quale il pm Salvatore Giannino è stato meno severo, chiedendo un anno con pena sospesa, mentre per l'assistito di Baroni, il pubblico ministero ha proposto al giudice Gianluca Massaro una condanna a due anni e 9 mesi).

E poi c'è il fattore tempo. Anche un impianto realizzato «a regola d'arte» dopo dieci anni può non essere più lo stesso. Quindi, per Federico Bagattini, difensore di Enrico Lenzi - l'installatore della vasca idromassaggio -, il suo assistito è innocente. Da assolvere con formula piena, non da condannare a tre anni, come richiesto dall'accusa. Quanto avvenuto quel maledetto 13 luglio 2019, semmai sarebbe da imputare all'incuria dei proprietari dei bagni Texas, la famiglia Cafissi. Per le due sorelle Simonetta ed Elisabetta le richieste di Giannino sono state rispettivamente di tre anni e di due anni e tre mesi; per i loro mariti, Giampiero Livi e Mario Assuero Marchi, di tre anni e due mesi e due anni e nove mesi. I difensori terranno le loro arringhe mercoledì prossimo, in un'udienza che si preannuncia più dolorosa di altre per i genitori di Sofia, Edoardo Bernkopf e Vanna Broia, come sempre in aula assistiti dall'avvocato Stefano Grolla, a vivere passo dopo passo un processo-calvario.

Annegò la loro bimba dodicenne, quel 13 luglio, in 80 centimetri d'acqua. L'idromassaggio nella quale era entrata si trasformò nella sua bara: la bocchetta del ricircolo le risucchiò i lunghi capelli biondi. Trascinata sotto, Sofia non riuscì a riemergere e respirare. Nemmeno un adulto ne avrebbe avuto la forza, secondo i periti della Procura di Lucca, per quanto l'impianto era potente. Letali i minuti necessari perché la piccola fosse strappata dal fondo. Nulla poté il medico che improvvisò un massaggio cardiaco a bordo vasca; i seguenti quattro giorni di ricovero all'Opa di Massa prolungarono solo l'agonia. Il 17 luglio, si staccarono fili e ultima speranza. Della piccola sopravvissero solo gli organi donati a pazienti in attesa di trapianto.

Ieri in Tribunale a Lucca è cominciato il turno delle difese al processo per la sua morte. Difese improntate in larga parte all'attacco, in un fuoco d'accuse incrociato. L'avvocato del bagnino senior che scarica le responsabilità sul giovane, il difensore del tecnico che solleva dubbi sulla gestione dell'impianto. Anche se il «conflitto di interessi» non è su tutta la linea: Bagattini ha aggiunto, in merito ai nessi di causalità per la morte di Sofia di associarsi preventivamente alle conclusioni dell'avvocato Padovani, legale dei Cafissi.

Bagattini ha sottolineato come le pompe di aspirazione fossero state tarate per lavorare ben al di sotto della potenza massima. «Non importa - ha commentato Edoardo Bernkopf -. Ciò che conta purtroppo è che comunque la loro potenza d'esercizio fosse ben al di sopra del limite di legge».

Per due ore ha poi parlato il difensore di Fulceri, imputato sia come responsabile della piscina che come tutor di Bianchi. Secondo Baroni, i documenti depositati dalla Procura in istruttoria dibattimentale non comprovano le accuse mosse al suo assistito. Inoltre, Fulceri non sarebbe stato (come invece emergerebbe da alcuni documenti) il tutor di Bianchi. Quindi, anche lui, per il suo legale, sarebbe da assolvere. Per scoprire che cosa ne pensi il giudice, bisognerà attendere l'11 dicembre, giorno di sentenza. Intanto, un verdetto morale lo esprimono i genitori di Sofia, a fine udienza. «Strumentali e insincere» sono state ritenute le parole di vicinanza dell'incipit delle arringhe. Dovevano trascorrere oltre cinque anni e si dovevano ascoltare le spontanee dichiarazioni del papà di Sofia, la scorsa udienza, in favore di Bianchi, l'unico a mostrare fin da subito segni di condivisione del dolore della famiglia, perché si ricordasse l'enormità del lutto subito dai Bernkopf? «Troppo tardi».

Roberto Longoni

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