I 60 anni dell'Istituto storico della Resistenza
È nato negli anni del boom, nel 1964, ha sessant’anni molto ben portati, e alla pensione non ci pensa neppure lontanamente: l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea spegne le sue 60 candeline con lo sguardo rivolto al futuro, perché molto c’è da testimoniare e molto resta da indagare e studiare per consegnare alle nuove generazioni uno strumento di lettura su ciò che è stato il secolo breve e su quello che ci ha lasciato in eredità.
Sul certificato di nascita, stilato dal notaio Aminta Rota il 26 giugno 1964, è registrato come «Istituto Storico della Resistenza per la Provincia di Parma».
A sottoscriverlo come ente promosso da privati furono alcuni cittadini, volti noti della Resistenza parmense, ma su ispirazione politica di Comune, Provincia e associazioni partigiane Anpi, Alpi e Anpc: la prima firma è di don Giuseppe Cavalli (presidente), seguono quelle di Silvio Cervi, Gino Costa, Florindo Boschi, Arrigo Dedali, Fulvio Massimo, Italo Podestà (poi storico preside dell’Istituto Magistrale), Remo Polizzi, e da ultimo Primo Savani, che era stato primo sindaco di Parma e Presidente della Provincia.
Per un breve periodo l’Istituto fu delegazione dell’ente regionale, ma presto divenne autonomo. Trovò sede in due stanze a palazzo del Governatore, messe a disposizione dal Comune.
Da lì - come spiega Marco Minardi, attuale direttore - iniziò la raccolta della documentazione prodotta dalle Brigate Partigiane, delle immagini dei caduti e la formazione di un archivio con la raccolta delle testimonianze scritte, con l’obiettivo di farne il luogo di conservazione della memoria per chi la guerra non l’aveva vissuta.
Ma la quantità di materiale conferito all’Istituto fu così abbondante che la sede divenne troppo stretta, inducendo, a fine anni Settanta, l’allora presidente Sergio Passera a chiedere al Comune nuovi locali. Fu l’annuncio della visita di Sandro Pertini ad accelerare la risoluzione del problema: così il 6 giugno 1984, il presidente della Repubblica inaugurò la nuova sede in vicolo delle Asse, evento che segnò una svolta nella vita dell’Istituto, insieme alle celebrazioni del sessantesimo della Resistenza, culminate l’anno precedente con la grande mostra sulle Barricate di Parma del 1922, allestita al parco ex Eridania, e la pubblicazione del volume «Dietro le Barricate – Parma 1922». Fu quell’evento ad indicare una strada nuova, grazie alla collaborazione di giovani storici, che operarono con il mandato di costruire la mostra con un’impostazione di ricerca storica, non celebrativa. Da qui prese il via il programma didattico del Comitato Scuola e Resistenza, con ricerche, convegni, presentazione di libri. Così, verso la fine del secolo scorso, si volle rendere esplicito ciò che già era nei fatti: non più solo Istituto Storico della Resistenza, ma Isrec, anche dell’Età Contemporanea, con un orizzonte allargato alla storia del Novecento.
Altra svolta nel 2008, con l’inizio dei Viaggi della memoria, pullman e pullman di studenti che si recano sui luoghi dei memoriali, negli ex campi di sterminio e di concentramento, per vedere con i loro occhi ciò che è stato e che è difficile raccontare solo con le parole. Nel frattempo si incrementava il lavoro di ricerca da parte degli storici collaboratori dell’ente, e venivano pubblicati volumi di testimonianza diretta, fra i quali La Storia della Resistenza Armata nel Parmense di Leonardo Tarantini, comandante partigiano e presidente Anpi.
Il resto è storia recente. Dal 2014 a oggi sono state date alle stampe nella collana «Vite Ritrovate»: 9 biografie di persone che hanno svolto ruoli importanti nella lotta antifascista, e dal 2018 sono usciti 8 numeri della collana Riflessi (editore Mup) di studi e ricerche sulla storia del Novecento parmense.
«La nostra carta vincente - precisa ancora Minardi -è stata fin dalle origini la capacità di interagire con le istituzioni, in particolare gli enti locali, Regione e Comune, con il supporto della Provincia, e con l’associazionismo, con uno sguardo sempre più puntato verso la scuola e i giovani. Se l’Isrec esiste è perché le istituzioni gli hanno riconosciuto un ruolo».
L’Istituto oggi possiede una biblioteca con 10.000 volumi, un archivio che custodisce le carte delle Brigate Partigiane, i fondi del Cln, le raccolte della Gazzetta di Parma degli anni 1945-46, gli Archivi di Giacomo Ferrari, Dante Gorreri, quelli provenienti da don Giuseppe Cavalli e Democrazia Cristiana (ricevuti in custodia dall’associazione Il Borgo), quelli di Associazione Mazziniana (afferente al Pri), Fondazione Arta (di provenienza Pci) e Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia. Negli ultimi anni si sta lavorando alacremente sulla digitalizzazione, con la creazione di siti dedicati e di banche dati, fra le quali i ruolini dei partigiani parmensi, ma anche gli inventari e i documenti «fragili», per preservare gli originali. «In questo periodo - racconta Minardi - stiamo lavorando per l’80° anniversario del triennio della Resistenza, l’ultimo progetto realizzato è stato quello della mostra sui militari italiani nei lager tedeschi, allestita nell’Ape Museo, che ha avuto riscontri importanti anche oltre i confini ducali».
Antonio Bertoncini
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