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INDAGINE CHIUSA

Delitto al Centro d'accoglienza, quei colpi di mattarello e la gola squarciata: la ferocia dell'assassino

Delitto al Centro d'accoglienza, quei colpi di mattarello e la gola squarciata: la ferocia dell'assassino

di Georgia Azzali

07 Novembre 2024, 03:01

Il volto straziato con ferocia. Prima i colpi di mattarello alla testa e sul viso, poi il coltello affondato nella gola. Eppure, era il ragazzo che gli dormiva accanto, il compagno con cui condivideva angosce e speranze al Cas, il Centro di accoglienza di via Faelli. Rabbi Hosen si era accanito con brutalità su Rabby Ahmed: poco più che un ragazzino, 21 anni, due in meno del suo aggressore e bengalese come lui. Così raccapricciante e inspiegabile il delitto che la stessa procura aveva chiesto la perizia psichiatrica in incidente probatorio, quindi nel confronto delle parti. Ma Hosen, a parte un primo colloquio, si è poi sempre rifiutato di incontrare lo psichiatra, che così non ha potuto esprimersi sulla sua capacità di intendere e volere e sulla pericolosità, stabilendo solo che può stare a processo. Ora l'inchiesta, portata avanti dalla Mobile, è stata chiusa ed è stato depositato l'avviso di conclusione delle indagini: omicidio volontario (senza aggravanti) e porto illegale di coltello, l'arma (non del delitto) con cui Hosen era fuggito dalla struttura per poi essere bloccato qualche ora dopo. Il fascicolo, dopo il trasferimento a Piacenza del pm Emanuela Podda, è passato al collega Domenico Galli.

Resta comunque l'ombra di patologie significative che affollerebbero la mente di Hosen, e ciò può aver inciso nella scelta del pm di non contestare alcuna aggravante e potrebbe comunque avere un peso sulla concessione di eventuali attenuanti. Ma Hosen si è chiuso in un silenzio assoluto, il che complica e riduce le scelte processuali. Per poter chiedere il giudizio abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena), è necessario che il ragazzo si presenti in aula e dia il suo assenso o che firmi una procura speciale. Ma se tutto ciò non sarà possibile, la difesa dovrà optare per il rito ordinario. Corte d'assise, quindi, anche se poi sarà possibile dare l'assenso all'acquisizione di tutti o gran parte degli atti, potendo così realisticamente contare su una condanna più mite. «E' una storia di enorme disagio sociale - sottolinea Matteo Bolsi, difensore di Hosen - che deve portare tutti a una riflessione preventiva sulla problematica dei centri di accoglienza e sulla condizione dello stato mentale dei soggetti coinvolti, specialmente in relazione alla capacità di autodeterminarsi».

Il padre di Ahmed si costituirà parte civile all'udienza preliminare, assistito dall'avvocato Serena Dimichele. «Un omicidio di una straordinaria efferatezza - sottolinea il difensore -. E anche se il perito non è arrivato a conclusioni sulla capacità di intendere e volere, ha stabilito che Hosen può stare a processo».

Quella sera d'ottobre è fatta di istantanee velocissime. E drammatiche. Hosen era in cucina con altri due ragazzi, ma improvvisamente si era allontanato per andare in bagno e poi si era infilato nella camera in cui stava riposando l'amico. I colpi, la coltellata, tutto senza dire nulla, poi era passato davanti a uno degli ospiti del Cas dicendogli semplicemente di chiamare un responsabile del centro. Poi era uscito e aveva cominciato a vagare finché era stato bloccato da una pattuglia dei carabinieri.

Ma già da alcuni giorni Hosen era atterrito dall'angoscia. Da paranoie che cominciavano a perseguitarlo. Temeva che lo stessero avvelenando con il cibo. Aveva paura di essere ucciso. La sera del 20 ottobre aveva chiamato un'ambulanza, si era fatto portare al Pronto soccorso, ma all'alba del giorno dopo si era allontanato dall'ospedale. Quattro giorni dopo erano stati gli stessi operatori della cooperativa che gestisce il Cas a riportarlo al Pronto soccorso: fu visitato da tre psichiatre, che poi suggerirono di rivolgersi allo Spazio salute immigrati dell'Ausl. L'appuntamento era stato fissato per il 2 novembre. Ma Hosen era già stato sopraffatto dai suoi fantasmi. E Ahmed era già morto.

Georgia Azzali

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