L'OMICIDIO DI SALSOMAGGIORE
Era stesa in quel corridoio angusto che porta all'ingresso. Il volto rivolto verso l'alto e due segni evidenti, uno tra il sopracciglio e la tempia destra e l'altro vicino all'orecchio sinistro. Meena Kumari era già morta, la mattina del 28 novembre 2023, quando Donatella Fedeli, medico legale incaricata dalla procura, è entrata nella casa di via Trento. «Non c'erano grosse lesività, nonostante mi fosse stato comunicato al telefono che la donna era stata colpita con una mazza da cricket», spiega davanti alla Corte d'assise. A meno di due metri, seduto accanto al suo difensore Donata Cappelluto, il marito di Meena, Lal Onkar, accusato di omicidio volontario, aggravato dai futili motivi, dal fatto di essere avvenuto in un contesto di maltrattamenti, oltre che dal rapporto coniugale. Impugnava ancora quella mazza da cricket, quando in casa si era precipitata Noemi Schiraldi, la carabiniera, in quel momento fuori servizio, che aveva sentito le grida d'aiuto ed era accorsa. Ma cosa ha causato la morte di Meena, indiana, 67 anni, stessa età del marito? Quali sono state le lesioni fatali? Non c'è una risposta univoca. Non solo tra consulenti della procura e della difesa, ma emergono divergenze anche tra gli stessi specialisti nominati dal pm Silvia Zannini, titolare del fascicolo prima del trasferimento a Firenze, a cui è poi subentrato il collega Fabrizio Pensa. C'è una prima autopsia, firmata da Donatella Fedeli, in cui innanzitutto viene escluso che le lesioni al cranio siano state fatali. «Ho concluso che il decesso fosse dovuto a una perdita massiva di sangue nel pericardio, nella sacca che racchiude il cuore, dovuta a una lacerazione aortica - spiega Fedeli -. La causa? Un trauma da precipitazione: la signora è caduta, verosimilmente in seguito a una spinta. Non ho trovato nessuna altra causa che fosse una valida alternativa».
Le lesioni riscontrate alle costole e allo sterno sarebbero dovute alle prolungate manovre di rianimazione. Inoltre, «non vi è alcun segno sulla cute» nella zona dell'addome e del torace, così come non stati rilevati «segni di difesa su mani e braccia tipiche di chi si difende da un'aggressione», aggiunge Fedeli. Conclusioni condivise anche da Michele Cavallo, il neurochirurgo, nominato sempre dalla procura, che lo scorso gennaio ha compiuto una rivalutazione medico-legale insieme a Donatella Fedeli.
Ma il pm ha voluto altre risposte per capire soprattutto se la lacerazione dell'aorta potesse essere dovuta alla caduta o a eventuali colpi. E si è affidato a Cristina Cattaneo, medico legale e antropologa forense molto conosciuta, a capo del Labanof (Laboratorio di antropologia e odontologia forense) di Milano. E' stata la consulente della procura per l'omicidio di Yara, solo per citare una delle vicende più note, e per il caso di Meena ha lavorato al fianco di Lorenzo Franceschetti, ricercatore in Medicina legale all'Università di Milano. Cattaneo ha subito posto l'attenzione sul colore della pelle della donna. Una carnagione olivastra: tutt'altro che un dettaglio in ambito medico-legale. «La tonalità scura richiede l'applicazione di protocolli che di solito in Italia non vengono seguiti. In più, come in questo caso, c'era il fattore decomposizione - spiega Cattaneo -. E' possibile, infatti, non visualizzare segni sulla cute, ma nella zona sottostante. E così abbiamo scoperto due aree contusive: una all'interno della coscia sinistra e un'altra sulla spalla destra. Non lesioni mortali, ma nessuno può escludere che siano state attinte altre parti del corpo, oltre alla testa per cui abbiamo invece delle testimonianze».
Insomma, Meena potrebbe essere stata colpita con la mazza in altre zone, ma soprattutto, secondo Cattaneo e Franceschetti, la letteratura scientifica internazionale mostra che «la lacerazione aortica più che da una caduta da in piedi, un metro e mezzo di altezza, probabilmente è dovuta a una compressione toracica. Una compressione cinetica notevole, compatibile con la mazza da cricket».
Ma i problemi di salute di Meena non sarebbero stati presi in considerazione. Sicuramente Cristina Cattaneo e il collega non hanno avuto modo di consultare la cartella clinica della donna. Che parla di ipertensione e problemi cardiaci, come rilevato da Federico Personè, il medico legale consulente della difesa. «Non sono aspetti da sottovalutare - sottolinea -. E' chiaro che la morte è conseguenza della lacerazione aortica, tuttavia i 200 millilitri di sangue ritrovati nella sacca pericardica potrebbero essere insufficienti per l'arresto cardiaco, considerando anche il massaggio cardiaco per tentare di rianimarla. E il versamento di sangue non esclude che prima si sia verificato un arresto cardiaco».
Valutazioni medico-legali diverse. Per molti aspetti contrastanti. Ora spetterà ai giudici fare le loro valutazioni. Tra omicidio volontario e preterintenzionale c'è un abisso di pena. A fine gennaio la discussione finale. E la sentenza arriverà poco dopo.
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