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Aveva 92 anni

Addio a Ugo Minetti, il batterista parmigiano di Henghel Gualdi: ha suonato con Chet Baker e Quincy Jones

Addio a Ugo Minetti, il batterista parmigiano di Henghel Gualdi: ha suonato con Chet Baker e Quincy Jones

06 Dicembre 2024, 03:01

Una vita per la musica. E per quella batteria che ha scandito il ritmo di un lungo cammino di successi. Gli stessi che hanno portato Ugo Minetti sui palchi di tutto il mondo.

Nato il 14 novembre del 1932, Minetti ha amato la musica da sempre. Onorato di essere «figlio» della migliore tradizione parmigiana, ha avuto come maestro il cugino musicista Jack Greci, che lo ha sempre seguito nei primi passi della carriera. Un batterista internazionale, che ha persino suonato davanti allo scià di Persia. Minetti ha fatto parte di grandi band, come quella che accompagnava il famoso clarinettista italiano Henghel Gualdi. Una vita vissuta soprattutto all'estero, dove ha incontrato vere leggende e con molti ha pure suonato: tra i tanti a New York con Quincy Jones. E proprio in una delle tante tournée a Parigi ha incontrato la donna che poi diventerà sua moglie: l'inseparabile Nicole, scomparsa nel 2010.

Anche per Parma Ugo Minetti è stata un'importante presenza, per le sue collaborazioni e per i suoi determinanti contributi: al Conservatorio Boito e al Teatro Regio, appena c'era un nome, Minetti veniva chiamato per mettere a posto la batteria ospite. Una presenza significativa soprattutto per quei «ragazzi» di allora che sono cresciuti con lui per diventare grandi musicisti. E Minetti è sempre stato lì, pronto ad aiutarli, per aggiustare una batteria e per quelle lezioni di musica, che si sono sempre trasformate in lezioni di vita.

«Con Ugo è stata una frequentazione continua dal 1974 - confessa Oscar Abelli -. Tante aneddoti da ricordare. Già la prima volta che lo avevo sentito suonare, ho compreso il suo grande modo di rullare, la sua irruenza e il gusto. Ugo è stato un grande aiuto per tutti e a tutti ha insegnato come si accordano i rullanti e come si tengono gli strumenti. Per molti è stato soprattutto un motivatore: riusciva ad esaltarti con la passione che aveva e con quella sua filosofia di vita: la filosofia del musicista. Molto dotto, Ugo conosceva anche diverse lingue. E oltre ad essere un bravissimo musicista era anche molto bravo a cantare. Per me ha cantato più di una volta, suonando con le spazzole in quella che tutti chiamavano "la cantina": casa sua, prima dalle parti di piazzale Maestri e poi dalle parti di via Savani. A volte ci si trovava in dieci o quindici persone: tutti ad ascoltare quello che lui aveva da dire, mentre aggiustava batterie anche completamente rotte. E i suoi racconti erano sempre incredibili». Così continua Abelli: «Ho cominciato a suonare le percussioni da bambino ed ero un autodidatta. E lui mi disse un giorno dopo avermi ascoltato: "Suonando le percussioni e suonando la batteria, ti stai formando uno stile tutto tuo che non assomiglia a nessun altro, perché hai formato una tecnica tutta tua". E questo mi incoraggiò tantissimo, anche perché un ragazzo è sempre insicuro e si chiede spesso cosa può fare in futuro. Ma lui mi diceva di mettere a frutto le mie stranezze: "Sei stato e sei insegnante di te stesso". E questa frase mi ha sempre riempito il cuore».

«Ero anche molto amico della moglie Nicole - conclude Oscar Abelli -, una persona straordinaria, dotata di un'enorme carica vitale e molto vivace. Un po' il contrario di lui. Le ultime parole che Ugo mi disse sono state: "Tra me e te è stata una bella amicizia". E io gli ho risposto: "E' una bella amicizia". Rimasi un po' sconvolto da quell'ultima telefonata. Poi si ammalò e ora sappiamo com'è andata. Con la scomparsa di Ugo, Parma ha perso una personalità notevole. E spero presto di poter fare un omaggio per lui: Ugo merita qualcosa di più della visibilità che ha avuto».

Un altro grande batterista, Paolo Mozzoni, aggiunge: «Ho conosciuto Ugo nel 1985, quando ho iniziato a dedicarmi seriamente alla batteria. Ugo aveva smesso di fare la professione del batterista da poco tempo. Aveva suonato con importanti orchestre come quella di Bruno Martino e di Henghel Gualdi (che ospitarono per un mese in un club romano Chet Baker). Ugo aveva suonato ovunque: dalla Scandinavia alla Francia, dall'Olanda al Libano. E quando smise di suonare, nella sua magica "cantina" iniziò a fare "liuteria batteristica": dai ragazzi principianti ai professionisti era un viavai continuo. Era riuscito a trovare tamburi e piatti vintage rarissimi: ogni mio strumento viene dalla sua "cantina"». E chiude Mozzoni: «Devo molto a Ugo Minetti, soprattutto sulla conoscenza del suono della batteria jazz. La sua vita è stata davvero molto intensa. Ci mancherà tanto».

Mara Varoli

© Riproduzione riservata

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