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Pubblicato su «Science» uno studio rivoluzionario sull'origine delle nostre azioni guidato da Luca Bonini

Pubblicato su «Science» uno studio rivoluzionario sull'origine delle nostre azioni guidato da Luca Bonini

di Luca Molinari

10 Gennaio 2025, 03:01

Sono serviti otto anni di lavoro e un metodo di ricerca innovativo, mai usato in passato, che ha messo in discussione alcuni concetti fondamentali sul funzionamento del sistema motorio.

Il rivoluzionario studio guidato da Luca Bonini, 45enne professore ordinario di Psicobiologia del nostro Ateneo, in collaborazione con la scuola superiore Sant'Anna di Pisa, è stato pubblicato ieri dalla prestigiosa rivista scientifica «Science» e svela nuovi meccanismi celebrali che controllano le azioni naturali, aprendo la strada ad applicazioni pratiche nel campo della neuroriabilitazione e della robotica.

Professor Bonini, cosa rende questo studio rivoluzionario?

«Si tratta del primo studio realizzato con una nuova metodologia di ricerca, che segna la transizione dalla neurofisiologia classica, ossia effettuata con cervello «fermo», alla neuroetologia, ossia allo studio di animali (scimmie ndr) che esprimono comportamenti spontanei e naturali. Può considerarsi uno studio innovativo perché in passato non potevamo contare su determinate tecnologie che ora ci consentono di superare numerose limitazioni».

Quali sono le nuove tecnologie che avete utilizzato?

«Nel nostro studio abbiamo utilizzato tecnologie wireless per registrare l'attività di centinaia di neuroni tramite chip impiantati chirurgicamente nel cervello di due scimmie, in modo simile a quanto recentemente realizzato su pazienti umani paralizzati dalla Neuralink di Elon Musk. Con la telemetria abbiamo registrato a distanza come i neuroni producono e controllano azioni naturali come camminare, arrampicarsi, mordere, sbadigliare. Tutto questo in precedenza non poteva essere osservato perchè le tecnologie a disposizione costringevano i ricercatori a studiare cervelli immobili, come avviene anche con gli umani quando vengono sottoposti a elettroencefalogramma o a risonanza magnetica. Fino ad ora gli studi neurofisiologici sui primati si erano concentrati sui movimenti di mano, bocca o occhi, ma sempre con la scimmia seduta su una sedia per primati e con la testa bloccata. Ora, invece gli animali eseguono azioni spontanee, senza costrizioni, con una migliore qualità della loro vita anche durante gli esperimenti. Questo si riflette non solo sul loro benessere ma si traduce anche in una maggiore qualità dei risultati della ricerca».

Cosa avete scoperto attraverso questo nuovo approccio?

«Le ricerche classiche ritenevano che singoli neuroni controllassero singole azioni come afferrare, mordere, tirare. Invece, studiando molte azioni libere e spontanee in condizioni prive di restrizioni, abbiamo scoperto che il contributo di ogni cellula si distribuisce su più azioni diverse».

Cosa cambia in concreto?

«Questa scoperta mette in discussione l'idea che le azioni orientate a un obiettivo siano codificate come tali dai nostri neuroni. I nostri risultati suggeriscono invece che i neuroni rappresentino sinergie motorie che possono essere combinate per creare azioni diverse. Per usare una metafora, i neuroni motori si comportano come tasti di un pianoforte: proprio come ogni tasto può combinarsi con altri per creare melodie diverse, i neuroni nella corteccia motoria generano sinergie che organizzano le azioni spontanee che gli esseri umani e le scimmie possono compiere, molte delle quali erano in precedenza impossibili da studiare in un laboratorio».

Quindi lo studio aiuta a comprendere meglio come agisce il cervello

«Esatto. Leggendo l'attività dei neuroni attraverso determinati algoritmi, riusciamo a prevedere con un secondo di anticipo quello che la scimmia farà. Quindi , questo risultato, significa essere riusciti a decodificare come il cervello cerca di controllare il nostro corpo. Anche se si tratta di una ricerca di base, comprendere come il nostro cervello genera azioni spontanee e volontarie rappresenta un primo passo cruciale per ripristinare le funzioni motorie compromesse da malattie neurologiche o anche in caso di traumi o incidenti».

Ci sono già esempi sull'applicazione in campo medico delle neurotecnologie?

«Un esempio sono gli importanti studi portati avanti dalla scuola superiore Sant'Anna di Pisa, che vede Silvestro Micera come coautore, in cui le neurotecnologie vengono utilizzate per far recuperare la capacità di camminare a dei pazienti paralizzati, attraverso sistemi e dispositivi sviluppati in precedenza sui ratti e sulle scimmie».

Anche questo progetto di ricerca si svolge in collaborazione con la Sant'Anna di Pisa

«Si tratta di una collaborazione tra il laboratorio di Neuroetologia dei primati non umani del dipartimento di Medicina e chirurgia del nostro Ateneo e un team dell'istituto di Biorobotica della scuola superiore Sant'Anna di Pisa, coordinato da Alberto Mazzoni, responsabile scientifico del Computational Neuroenginnering lab, con il contributo di Silvestro Micera, docente di Bioingegneria, e dei primi autori Francesca Lanzarini, Monica Maranesi, Elena Hilary Rondoni e Davide Albertini. Il tutto conta sul finanziamento di tre progetti da parte del Consiglio europeo della ricerca (Erc) e di altrettanti attraverso i fondi del Pnrr».

Questo studio rappresenta la classica punta dell'iceberg. Cosa ci aspetta in futuro?

«Le nuove tecnologie ci consentono di registrare l'attività dei neuroni anche durante il sonno, un'attività che prima d'ora non era possibile effettuare. Questo permette di capire cosa accade alle strutture che controllano il nostro comportamento mentre dormiamo. Ci sono poi altre linee di ricerca che riguardano stimoli fisiologici come lo sbadiglio o il modo in cui afferriamo le cose e il fatto che vengano coinvolte anche testa, collo e tronco. In conclusione esistono tante direzioni di ricerca che partono dai medesimi paradigmi. Il grande obiettivo è quello di far incontrare il binario della ricerca con quello delle applicazioni cliniche, per migliorare la vita delle persone».

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