×
×
☰ MENU

Sanità

Massimo Fabi: «Ridurre le liste d'attesa, più controllo sulle prescrizioni»

Massimo Fabi: «Ridurre le liste d'attesa, più controllo sulle prescrizioni»

di Stefano Pileri

19 Gennaio 2025, 03:01

Liste d'attesa, sicurezza del personale sanitario, situazione dei pronto soccorso e dei centri di assistenza e urgenza, i Cau. E poi: case di comunità, nuove forme di assistenza territoriale, nomine dei direttori generali. Ma soprattutto risorse economiche che non bastano mai. Sono tante e complesse le questioni che si ritrova sulla scrivania Massimo Fabi, neo assessore regionale alla Sanità. Problemi non certo nuovi per lui, visto che sono quelli con cui ha dovuto fare i conti per anni alla guida delle aziende sanitarie parmensi. Ma ora, dal suo ufficio di viale Aldo Moro a Bologna, è lui a dover gestire il futuro della sanità emiliano romagnola. Ed è la sfida che il governatore Michele de Pascale ha indicato come quella cruciale di questa legislatura regionale. Nel primo mese dall'insediamento, Fabi si è concentrato sul lavoro per tracciare gli obiettivi di mandato della Giunta, che sono statti presentati in Assemblea legislativa. «Un documento che - dice Fabi - per quanto riguarda gli interventi sanitari e sociali, è ispirato al tema della promozione della Salute, tra continuità e rinnovamento».

Quanta continuità e quanto rinnovamento?
«Come ha rimarcato il presidente de Pascale, da una parte puntiamo alla tutela del servizio sanitario regionale in un momento di oggettivo sotto finanziamento rispetto alle necessità del nostro sistema di cura. Ma non ci vogliamo nascondere i problemi e vogliamo affrontarli con una metodologia che preveda il coinvolgimento, in primo luogo, di tutti gli operatori di sanità pubblica, ma anche di sindaci e conferenze territoriali sociali e sanitarie, oltre che dei diversi corpi sociali, a partire da organizzazioni sindacali, associazioni, volontariato.... Insomma una programmazione partecipata che vedrà nei primi cento giorni la definizione del piano operativo di legislatura con approfondimenti specifici sugli obiettivi di mandato».

Fra i principali problemi da affrontare c'è quello delle liste d'attesa. Come interverrete?
«Continuiamo il lavoro previsto dal piano straordinario di contenimento dei tempi d'attesa, definito oltre un anno fa che sta dando i suoi primi risultati, anche se non sono sufficienti. È un piano straordinario basato sul potenziamento dell'offerta. Solo a Parma abbiamo erogato 152mila prestazioni in più. Ma dovremo lavorare anche sul governo della domanda di accesso alla specialistica ambulatoriale»

Un controllo più forte delle prescrizioni?
«Un lavoro sull'appropriatezza della prescrizione della visita specialistica. E su questo abbiamo ancora tanto da fare. Siamo di gran lunga la Regione che eroga più prestazioni specialistiche per numero di residenti. Produciamo tanto. Bisogna che ci sia un uso appropriato di questa preziosa risorsa che è la specialistica ambulatoriale».

Questo servirà a ridurre i tempi di attesa?
«Un uso appropriato delle risorse vuol dire diminuire le attese per chi ha bisogno. Ma lavoriamo anche all'introduzione di meccanismi operativi nelle prenotazioni»

Quali?
«Non ci sono più agende chiuse per le visite specialistiche. Sono tutte aperte 24 mesi. Ci sono meccanismi di presa in carico della richiesta di visita come le pre-liste. Se il tempo di attesa supera quelli definiti dalle indicazioni ministeriali e regionali, il cittadino deve essere ricontattato per dargli un tempo che sia congruo rispetto alla richiesta che viene dal prescrittore. Per portare tutto a regime servirà tempo ma i primi risultati li stiamo vedendo. Gli indici di performance sono già migliorati, ma su alcune branche non sono ancora soddisfacenti. Pensiamo si possa fare ancora di più completando il patto che stiamo costruendo con i professionisti, i medici di medicina generale e gli specialisti, sia territoriali che ospedalieri, per lavorare sull'appropriatezza delle prescrizioni»

Il governo con il ministro Schillaci sostiene che serve ancora più impegno dalle Regioni...
«Noi stiamo tenendo un atteggiamento di confronto e dialogo con il governo. Ma è giusto ricordare che per il contenimento dei tempi d'attesa il governo stanzia 38 milioni che sono considerati all'interno del finanziamento complessivo, quindi non sono risorse aggiuntive. Noi come Regione abbiamo messo non 38 ma 50 milioni. Stiamo facendo tutto il possibile».

Altro tema caldo: quello della sicurezza degli operatori sanitari in particolare nei pronto soccorso, ma non solo. Quali interventi concreti?
«Questi episodi purtroppo rappresentano un campanello di allarme del disagio sociale che stiamo vivendo. Bisogna intervenire con forza e determinazione con una maggiore tutela per gli operatori, con posti di polizia all'interno del pronto soccorso come abbiamo attivato a Parma, servizi di vigilanza privata, sistemi di videosorveglianza, di controllo e di allarme per attivare immediatamente le forze dell'ordine. E poi serve un'opera di sensibilizzazione sul rispetto per tutti gli operatori. Siamo negli ospedali e sul territorio al servizio dei cittadini. Vorrei che tutti ricordassero sempre l'impegno e la dedizione di chi sceglie di lavorare nel sistema sanitario».

Reparti di pronto soccorso e nuovi Cau. Ci sono tante opinioni contrastanti. Cambierà qualcosa?
«Vogliamo valutare come sta andando. Noi giudichiamo l'esperienza dei Cau positiva anche se ci sono delle luci e delle ombre. Vanno bene quei Cau realizzati in stretta integrazione con le funzioni di pronto soccorso, basta pensare alle esperienze maturate a Parma e Piacenza, dove l'allentamento della pressione sul pronto soccorso è stata veramente eclatante: abbiamo ridotto del 53% gli accessi al Pronto soccorso di Parma e del 42% a quello di Fidenza. Quindi lì il risultato è stato sicuramente positivo. Ci sono altri ambiti territoriali dove i Cau, pur avendo un gradimento dei cittadini, non hanno generato lo stesso contenimento degli accessi al pronto soccorso. Bisognerà valutare. Ci confronteremo con tutti i professionisti coinvolti e decideremo, tenendo presente che vogliamo puntare sempre più sulla rete di servizi territoriali per le cure primarie secondo quanto previsto dal decreto ministeriale e dall'accordo collettivo nazionale che i medici di medicina generale hanno firmato».

Questo in concreto cosa significa?
«Parlo delle aggregazioni funzionali territoriali all'interno delle case di comunità, che riuniscono i medici di medicina generale, delle aggregazioni dei pediatri di libera scelta e delle aggregazioni degli specialisti. A questo bisogna aggiungere che si stanno costituendo dipartimenti o strutture organizzative con integrazioni ospedale territorio, soprattutto per la presa in carico dei pazienti. Le unità di continuità assistenziali diventeranno essenziali. Insomma, l'ospedale che esce sul territorio. Quindi, unità mobili che vanno verso i bisogni di salute dei pazienti cronici, ma non solo. Ci sono vari modelli positivi, alcuni nati anche durante la pandemia, che vogliamo valutare e mettere a sistema».

Vengono segnalati sempre più casi di medici e infermieri che lasciano il servizio sanitario pubblico. Qual è la situazione? Come si possono fermare le uscite?
«C'è un problema di livelli salariali per chi lavora nel servizio sanitario. Speriamo si possa arrivare rapidamente a un'intesa per siglare un accordo collettivo nazionale con miglioramenti significativi. Ci sono operatori che non hanno più salari adeguati, non solo al costo della vita ma anche a una vita dignitosa. In questa legislatura puntiamo ad arrivare a un sistema di facilitazioni ad esempio sul tema degli affitti delle case, in primis per infermieri ed operatori socio sanitari. A Parma c'è un'intesa in questo senso fra Comune, Università e aziende sanitarie che partirà per dare risposte a questi colleghi».

Per i medici invece?
«Anche qui c'è il tema remunerazione, se ci si confronta con gli altri Paesi. Ma, soprattutto nei grandi policlinici, non si è assolutamente registrato un numero significativo di uscite di dirigenti medici. Credo che la qualità e la complessità delle prestazioni che si possono garantire all'interno degli ospedali pubblici rappresentino comunque un motivo di forte radicamento per i nostri medici»

Più volte è stato lanciato l'allarme dalle Regioni sulla situazione finanziaria del comparto sanità. Quale situazione ha trovato?
«C'è una situazione di mantenimento di equilibrio economico-finanziario che questa Regione ha garantito negli anni passati, soprattutto nel periodo post-Covid facendo fronte al sotto finanziamento statale. È un problema che riguarda soprattutto le regioni che stanno garantendo maggiori livelli di assistenza. Cito fra tutte Emilia Romagna e Toscana. Sono quelle che si trovano in maggior difficoltà a garantire il pareggio di bilancio»

Colpa di questo governo?
«Questo ci ha messo del suo, ma purtroppo è una situazione che va avanti da anni, anche con altri governo. C'è certamente una sofferenza con una finanza pubblica in forte difficoltà. E si ripercuote su questo bene comune straordinario che è il nostro sistema sanitario nazionale. Sistema che richiede finanziamenti adeguati alle sfide che ha davanti».

Ma in Emilia Romagna c'è il buco di cui si sente parlare?
«Il buco non c'è. C'è un livello notevole di sotto finanziamento e questo costringe noi ed altre Regioni ad attingere risorse regionali non destinate alla sanità per mantenersi in equilibrio e per non smantellare i servizi. Questo è il rischio».

Cioè, se non cambia qualcosa, si rischia di dover tagliare?
«Nei nostri obiettivi di mandato puntiamo a garantire un servizio sanitario regionale pubblico universalistico con alti livelli di assistenza. Siamo ben coscienti che dovremo lavorare per assicurare un equilibrio. Questo sempre attraverso percorsi di qualità, cioè garantendo prestazioni con scelte orientate ai bisogni di salute della popolazione. Lo faremo verificando anche se dobbiamo adottare misure di riorganizzazione, soprattutto a livello ospedaliero per far sì che il territorio meriti gli investimenti di cui ha necessità».

Tema: sanità privata. Che ruolo ha e potrà avere?
«Il privato accreditato, sia a livello ospedaliero che per la specialistica ambulatoriale, fa parte integrante della rete pubblica. Per la riduzione dei tempi d'attesa della specialistica ambulatoriale abbiamo previsto risorse aggiuntive. Storicamente c'è un rapporto positivo e si sta rivelando una parte importante del nostro sistema sanitario».

Parliamo di Parma. Che situazione lascia in Ospedale e Ausl?
«Non sta certo a me dare giudizi. Ci sono le valutazioni dei risultati fatte dagli organismi incaricati e posso solo dire che per me sono state molto soddisfacenti. Mi sembra però giusto ricordare che a giugno del prossimo anno, l'ospedale avrà una nuova Maternità. Nel frattempo aprirà il nuovo Centro oncologico. E penso che siano due passaggi importanti. Abbiamo un policlinico di livello nazionale. C'è una sanità territoriale molto forte. E c'è un ottimo rapporto con il privato accreditato. Abbiamo 27 case della salute, l'88% dei medici di medicina generale sono associati in gruppo. La stragrande maggioranza è già dentro le case della comunità. Di fatto, siamo in discesa nel costruire le aggregazioni funzionali. Il lavoro fatto a Parma è assolutamente coerente con gli obiettivi di mandato che abbiamo come Regione»

Ma la fusione fra Azienda ospedaliera e Azienda Usl a che punto è?
«Sia a Parma che a Ferrara siamo al punto finale: l'unica cosa che manca è un provvedimento di livello nazionale che consenta di unificare aziende sanitarie locali e aziende ospedaliero universitarie nelle regioni a statuto ordinario. Per il resto è tutto pronto».

Tutto?
«Sì, in particolare per Parma la fusione dei servizi amministrativi e tecnici l'abbiamo fatta. Abbiamo un unico servizio bilancio, un unico servizio personale, un unico servizio di area tecnica... Insomma abbiamo unificato tute le aree amministrative e tecniche e tutte le strutture dipartimentali ospedaliere e territoriali. Manca solo quel provvedimento normativo che consenta di schiacciare il bottone...»

Parliamo degli altri due ospedali del Parmense, Vaio e Borgotaro. Periodicamente si registrano preoccupazioni sul loro futuro...
«L'ospedale di Fidenza è un ospedale di riferimento provinciale ben strutturato e con dei professionisti d'eccellenza, cito per tutti, ma non solo l'Ortopedia. Quello di Borgotaro è un ospedale di prossimità con al proprio interno eccellenze, anche qui potrei citare l'Ortopedia, ma tutti i professionisti sono di altissimo livello».

Per Borgotaro riaprirà il punto nascite o è un'ipotesi accantonata?
«Un elemento che caratterizza il programma del presidente de Pascale è la sicurezza delle cure. Un valore assoluto. I punti nascita sotto i 500 parti annui, e Borgotaro era andato ben più sotto, non garantiscono i livelli di sicurezza per le donne che devono partorire e per i bambini che devono nascere. È una scelta molto chiara, quella sulla sicurezza, che è stata annunciata dal presidente e che noi vogliamo garantire. Una scelta che riguarda il momento della nascita ovviamente, ma non solo»

Ultima questione: è in arrivo un nuovo direttore generale a Parma? Quando? Sarà uno solo per entrambe le aziende?
«Ci sarà una sola nomina, secondo lo schema attuale: direttore generale dell'Azienda ospedaliera e commissario straordinario dell'Azienda Usl. Quando? Entro il 31 gennaio»

Stefano Pileri

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI