Via Pisacane
Da quel tardo pomeriggio del primo dell'anno la vita di Elisabetta Pietroluongo è cambiata.
Definire disavventura ciò che la donna, che con la sorella gestisce il bar Farnese nella centralissima via Pisacane, ha passato è davvero troppo poco. Piuttosto, è stato un incubo.
Cosa è successo quel giorno? Dopo una giornata di lavoro, verso l'orario di chiusura, nel bar aveva fatto irruzione sbraitando un nigeriano, armato di coltello. E per la titolare e una sua dipendente quei minuti sono sembrati infiniti in balìa l'energumeno che, brandendo l'arma, buttava all'aria tutto quello che trovava a portata di mano.
Poi, scattato l'allarme, c'è stato il provvidenziale intervento di alcuni militari dell'Esercito che si trovavano di pattuglia nei paraggi, e della polizia locale. È arrivata anche la polizia di Stato che ha arrestato il nigeriano per tentata rapina.
Fine dell'incubo? Non del tutto, perché da quel giorno la «Betta», come tutti la chiamano, non si sente più sicura dietro il bancone del bar.
«Adesso io, mia sorella e le dipendenti appena comincia a diventare buio nel pomeriggio, abbiamo paura - sospira -. Temiamo che qualcuno entri con cattive intenzioni. E pensare che anche d'inverno abbiamo sempre tenuto il locale aperto fino alle 20 con assoluta tranquillità. Ora però le cose sono cambiate. Gira brutta gente, davvero troppa. E questo accade in orari, specie al venerdì e al sabato nel tardo pomeriggio, che sono tra l'altro quelli in cui un locale come il mio dovrebbe lavorare di più».
La donna parla di «stranieri, africani e nordafricani, ma anche giovanissimi italiani, le cosiddette baby-gang, che bevono e fanno casino».
Lavorare in centro, dunque, non sempre è sinonimo di sicurezza. «Anzi - prosegue -, qui in via Pisacane la strada è poco illuminata, e pensare che siamo a due passi da via Cavour e piazza Garibaldi. Quelle “lucine” dei lampioni, una delle quali è stata cambiata proprio dopo l'episodio del primo gennaio, fanno poco o niente. Se passi di sera in questa strada è praticamente buio totale. Io invece chiedo solo di lavorare con tranquillità».
Un malessere e un timore che l'accompagnano ogni giorno. «Entrano nel locale dei giovani incappucciati - prosegue - com'è accaduto un po' di giorni fa. Era una ragazzina di 16-17 anni e non si riusciva a vederla in volto. Ha chiesto solo di andare in bagno, ma io cosa posso sapere delle sue intenzioni? Poi tanti ragazzini sono maleducati e strafottenti. E se esco dal mio locale e passo per la Pilotta, la situazione è agghiacciante».
E pensare che la Betta non ha un carattere debole. «Prima non ci facevo troppo caso - ammette -, ma dopo quello che mi è successo il primo dell'anno, penso subito male».
Lancia perciò un appello «al sindaco e alle forze dell'ordine. Facciano qualcosa per noi commercianti che abbiamo un'attività ma diamo anche lavoro alle persone e forniamo un servizio. Dobbiamo chiudere? Spero di no. Poi ci sarà un bar in meno e si dirà che alla domenica o il primo dell'anno, quando noi siamo sempre aperte, in centro non si trova un locale in cui bere un caffè. Ma ci devono ascoltare e tutelare».
Anche lei in tutti questi anni ha visto cambiare la città. E non certo in meglio. «Io ho aperto questo locale dodici anni fa - aggiunge - e negli ultimi anni Parma è peggiorata tantissimo. Siamo qui per lavorare, non per avere paura. Il sindaco Guerra venga a prendere un caffè da noi. Oppure mi riceva. Non lo ha fatto dopo quello che mi è accaduto, trovi il tempo adesso».
M.Cep.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata