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Violenza

Prima le minacce, poi il pugno in volto: disabile aggredito sull'autobus

Prima le minacce, poi il pugno in volto: disabile aggredito sull'autobus

di Anna Pinazzi

01 Febbraio 2025, 03:01

Prima le minacce. Poi una manata sulla visiera del berretto. Infine un pugno sferrato in pieno volto. È questo l'incubo che il 52enne Andrea Schianchi ha vissuto in pieno giorno sull'autobus 8, in direzione via De Chirico. Erano all'incirca le 13.30, stava tornando dal lavoro quando ha «notato questi due ragazzi che avevano piazzato i piedi sui sedili del bus - spiega l'uomo -: con educazione gli ho chiesto di tirare giù le scarpe dai sedili... non lo avessi mai fatto».

Di tutta risposta uno dei due ragazzi - «erano piuttosto giovani, di origine straniera» - si è avvicinato al 52enne, affetto da una emiplegia, e ha cercato di intimorirlo. Hanno iniziato a minacciarlo, con un fare «tipico da bullo - ricorda Andrea - come sono soliti fare questi “maranza”». Tutto è iniziato con un colpo sulla visiera del cappellino della vittima, per abbassarglielo sugli occhi. Per poi arrivare a un pugno sferrato in pieno volto: «Mi hanno rotto due incisivi e ora ho il labbro completamente tagliato, fatico a parlare - spiega Andrea -: ho avuto paura, ma ho provato anche tanta, tanta rabbia». Il tutto è durato pochi minuti: giusto il tempo che il bus impiega per percorrere il tratto tra viale Toschi e i portici di via Mazzini. Proprio lì, a quella fermata del centro, sono scesi i due giovani «di corsa, a gambe levate», dopo la chiamata immediata alla polizia. Le forze dell'ordine sono intervenute immediatamente, ma i malviventi sono riusciti a scappare (la vittima ha sporto denuncia contro ignoti). È stato necessario anche l'intervento del 118, dato che la vittima ha riportato diverse ferite.

Tutti, all'interno del bus, hanno fatto la propria parte in quei minuti di «paura e rabbia». C'è chi ha iniziato a urlare per mandare via i due, chi ha prestato i primi soccorsi ad Andrea. Il 52enne, infatti, tiene a ringraziare «il conducente, la signora che ha condiviso la propria testimonianza con le forze dell'ordine, la ragazza che mi ha portato una bottiglietta d'acqua e tutte le persone che mi hanno aiutato».

E adesso? «Lo ammetto, non sono tranquillo ad andare a lavoro: e se mi riconoscono?», confida l'uomo, che subito dopo aggiunge: «E se li incontro, cosa devo fare?». Un vero incubo, tanto che «sarò costretto a trovare soluzioni diverse - spiega il 52enne -. Non so come farò a tornare a casa dal lavoro con questo pensiero».

Anna Pinazzi

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