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Ex scalo merci

Blitz dei carabinieri nella tendopoli dove vivono i disperati

Blitz dei carabinieri nella tendopoli dove vivono i disperati

di Luca Pelagatti

04 Marzo 2025, 03:01

Come in tutti posti molto frequentati ci sono diversi accessi, atrii differenti. Si può arrivare scavalcando il cancello verso viale Fratti oppure inerpicarsi su ripide terrazze di fianco alla Casa della salute del bambino. In ogni caso entrare non è per nulla difficile. Il vero problema è affrontare lo schifo che aspetta dentro: immondizie, resti di cibo, montagne di bottiglie vuote, stracci che furono abiti. Il Duc, il Direzionale Uffici Comunali, è giusto a 90 metri e l'edificio dove tutti i bambini di Parma vanno a farsi vaccinare si tocca allungando la mano. Ma qui all'ex scalo merci, eterna voragine senza redenzione, si continua a dormire, mangiare. Sopravvivere.

Per averne un assaggio basta accodarsi ai carabinieri impegnati in un servizio di controllo nella zona dove un tempo c'erano i binari. Ora c'è una baraccopoli. Gli esposti, le segnalazioni, le denunce dei residenti esasperati da quello che accade in questo enorme spazio - un po' pubblico, molto privato e parecchio non si sa - potrebbero riempire chissà quanti faldoni. Ma tutto si riassume in poche parole: qua regna la disperazione. E quella non si ferma con un po' di rete metallica.

I carabinieri arrivano all'alba e senza perdere tempo circondano gli edifici dove un tempo venivano stoccate le merci. Ora sono le tane di quelli che hanno perso il treno della vita. Le finestre e le porte sono state murate con colate di forati e cemento e così è stato colonizzato l'esterno: quando non hai nulla anche una tettoia diventa reggia.

Il passo dei militari rompe il silenzio e scatena i ratti: sono tanti, enormi e si nascondono dietro le tende dove si sta dormendo. Le pareti sono teli e cartoni, i muri pezzi di legno e corde elastiche, il pavimento teli di plastica. A guardare dentro si vedono ciabatte, vestiti ammucchiati, materassi luridi. Chi le abita si stropiccia gli occhi davanti alle divise e si infagotta in un maglione in più. Da una baracca esce, invece, uno vestito di tutto punto, con lo zainetto sulle spalle. «Ecco i documenti: ma per favore fate in fretta. Devo andare al lavoro». Sono tutti uomini, vengono dal Mali, dalla Sierra Leone, dal Ghana, hanno quasi tutti i documenti e, persino, carte di identità in regola. I militari controllano i nominativi, scorrono i terminali e salta all'occhio che lo scalo merci come riparo di tossici e balordi è probabilmente una realtà: ma è anche vero che tanti tra coloro che si rintanano qui più che una bustina di sballo sognano una dose di fortuna. «Ho perso il lavoro e non si trova altro da fare - , racconta un maliano in Italia da 9 anni. - Ma tanto chi assume uno che vive così?». A fianco un altro giovane con la faccia da vecchio si stringe nelle spalle: «Lavoro quando posso. Ma una casa vera non la trovo».

I militari intanto vanno avanti a esplorare ogni angolo, mettono la testa dentro altre tende, trovano tracce di esistenze randagie. I residenti raccontano che accanto a questi disperati ci sono poi quelli che vanno e vengono, fantasmi fatti di crack che si infrattano per un po' e poi schizzano a cercare monetine e altre dosi. Lo dimostrano, sparse in giro, borsette abbandonate e svuotate, bici dimenticate, portafogli saccheggiati mentre tra due baracche una poltrona sfasciata e un pentolino su una specie di focolare indicano l'angolo cottura di questo deserto molto affollato.

Dopo l'ultimo controllo, dopo l'ennesima identificazione i carabinieri riprendono il servizio, tornano verso la strada che inizia a riempirsi mentre tra poco si aprirà il cancello della Casa della Salute. Da una parte, oltre i finestroni, mamme e bimbi in attesa di una visita, dall'altra quelli delle baracche, le ombre dello scalo merci che strisciano diretti chissà dove. E ad ogni rumore improvviso un ratto corre a nascondersi.

Luca Pelagatti

© Riproduzione riservata

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