Intervista
«La libertà di pensiero è alla base della satira»: parola di Sabina Guzzanti, attesa nella stand up comedy «Liberidì Liberidà» sabato alle 21 all’Auditorium Paganini. «Un tema vasto - ci racconta - con la meta di essere più liberi possibile dai condizionamenti». Attrice, autrice e regista, iconica per le sue imitazioni, sia a teatro, in televisione o sul grande schermo legge l’attualità con il caleidoscopio di una satira arguta che non fa sconti. In «Liberidì Liberidà» invita sul palcoscenico la politica insieme ai temi importanti del lavoro e dello sviluppo tecnologico, stuzzicando una riflessione critica su quest’epoca frastagliata dall’incertezza.
Qual è il nucleo dello spettacolo, che fa anche dialogare tra loro Schlein e Meloni?
«Con varie attualizzazioni e un adattamento teatrale, la chiave è quella usata nella trasmissione “Propaganda Live”. Mi presento come una mediatrice culturale che fa una relazione, ovviamente inventata, illustrando punti di forza e debolezze della loro comunicazione».
Come ne escono?
«Su Schlein si fa ironia sulla sua comunicazione acerba, essendo molto giovane. Sono stata felice quando l’hanno eletta, in una svolta a sinistra che tutti ci auguravamo, poiché non è possibile che da una parte ci siano ottantacinque sfumature di destra che sostengono il capitalismo più anarchico e dall’altra nessuna messa in discussione della stessa ideologia della sopraffazione. Detto questo, hanno sempre evitato un congresso, un dibattito: è un partito che non s’interroga sull’analisi dei nostri tempi. Quanto a Meloni, sono stata felice dell’elezione di un presidente del Consiglio donna, indipendentemente dal fatto che non mi rappresenta. Dal punto di vista simbolico, non dimentichiamo che è una cosa avvenuta grazie alla lotta di tutte le donne femministe. Però le lotte si fanno per tutte, non solo per chi la pensa come te. E’ un sintomo che le donne hanno preso parecchio più coraggio».
Cosa direbbe a un/una collega con l’intenzione di fare satira politica?
«Sembra che le nuove generazioni evitino la satira politica. Mi dispiace, ma è un segno dei tempi. Io continuo a farla, insieme ad altre cose. E’ un modo democratico di partecipare. Fatta bene fa arrabbiare, ma proprio perché è a parlare è una voce indipendente con cui le persone s’identificano e si riconoscono».
Lo spettacolo sarà in scena l’8 marzo. È il giorno giusto per misurare la temperatura dei diritti della donne. Come siamo messe?
«C’è un pezzo femminista nello spettacolo. Per le donne è ancora forte il condizionamento interno, come si diceva, nel senso che interiorizziamo i pregiudizi e non ci rendiamo conto di quanto ci auto limitiamo. Credo che ogni donna debba lottare contro una voce che le dice: “sei inadeguata, chi ti credi d’essere, ma sei sicura; non è meglio che te ne stai a casa?”. Dobbia-
mo andare controcorrente. Quella contro le donne è la forma di razzismo che sta alla base di tutte le altre. Quando nasce il patriarcato, che ha un inizio nella storia, nel 3000 avanti Cristo, è lì che i diritti vengono messi in discussione, a partire da quello della donna
di esistere. È l’ideologia della sopraffazione. La liberazione della donna io credo coincida con quella della natura che sottomettiamo. Vanno di pari passo, perché donna e natura sono strettamente associate».
Lei da quale donna è stata maggiormente influenzata?
«Sono talmente tante: scrittrici, cineaste, artiste. Mi ispirano le donne più battagliere. Virginia Woolf tantissimo, Elsa Morante, poi potrei citare Emil Ferris, autrice della stupenda graphic novel “La mia cosa preferita sono i mostri”».
Pensa abbia ancora senso festeggiare l’8 marzo?
«Ha senso dal punto di vista femminista, una parola che finalmente si può ridire. Per tutta la mia giovinezza e anche “adultaggine” suscitava imbarazzo e repulsione. Non è festa della donna in senso generale, tipo festa della madre di famiglia, ma femminista a partire dal significato che ha: ricordare l’incendio nella fabbrica e la lotta delle donne per la difesa del lavoro e la partecipazione alla vita sociale in modo libero».
Claudia Olimpia Rossi
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