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MUSICA

Angela Hewitt: «Suonerò Bach al Regio»

Angela Hewitt: «Suonerò Bach al Regio»

di Giulio A. Bocchi

06 Marzo 2025, 03:01

La stagione concertistica 2025 del Teatro Regio, realizzata dalla Società dei Concerti di Parma, avrà il suo secondo appuntamento sabato alle 20,30. La pianista canadese Angela Hewitt proporrà l’Aria con 30 variazioni, in Sol maggiore per clavicembalo BWV 988 di Johann Sebastian Bach, conosciute più familiarmente come «Variazioni Goldberg».

Come si è avvicinata alla musica?

«I miei genitori erano musicisti: mio padre è stato organista nella cattedrale di Ottawa, città dove sono nata. Arrivò in Canada dall’Inghilterra quando era ancora molto giovane. Mia madre era pianista e allieva di mio padre e quindi sono cresciuta con la musica a casa, in particolar modo quella di Bach. La musica era una lingua e ci dicevamo tutto con quella. Sono stati i miei primi professori: all’età di tre anni mia madre ha iniziato a darmi lezioni di pianoforte e non ho protestato per nulla: ne volevo una ogni giorno. A quattro anni, invece, ho suonato per la prima volta in pubblico e tutto è cominciato così».

Qual è il suo approccio a Bach?

«Ho affrontato tantissimi compositori già dai primi anni, le trentadue Sonate di Beethoven, le diciotto di Mozart e tanta musica francese. Ho un repertorio vasto, ma non ci sono tanti pianisti che abbiano fatto l’integrale di Bach. Non ha scritto nulla in partitura a parte le note, niente dinamiche, indicazioni di tempo o di fraseggio: sono cose che dobbiamo cercare di capire con lo studio e questo mi ha sempre interessata. La cosa più importante in Bach è la musica e lo strumento viene in un secondo momento. Certamente sul clavicembalo non era possibile imitare la voce e il suo fraseggio naturale, come si può fare con altri strumenti come gli archi o i fiati, ma sarebbe stato felice di avere a disposizione uno strumento a tastiera che potesse fare lo stesso: ha fatto in tempo a vedere i primi esemplari di fortepiano, nato per imitare la voce e successivamente sviluppatosi nel pianoforte. La cosa importante è non suonare Bach come Chopin: bisogna usare pochissimo pedale e privilegiare la chiarezza delle note, facendo emergere ogni voce. Non servono tanti “crescendo” e “diminuendo” come nella musica romantica, ma bisogna seguire le linee della voce. La musica di Bach è piena di danza e di ritmo».

Cosa rappresentano per lei le «Variazioni Golberg»?

«Quest’anno festeggio il cinquantesimo anniversario da quando ho suonato per la prima volta queste pagine in pubblico. Era il 16 marzo 1975, nella Cattedrale di Ottawa, ed ero molto giovane: le ho imparate a sedici anni. Nel settembre successivo partecipai a un concorso a Washington dove le Variazioni erano un brano d’obbligo: ho ottenuto il secondo premio e ho potuto debuttare al Kennedy Center. È forse l’opera che mi ha seguito di più durante la mia vita è cambiata e si è sviluppata con me».

Qual è il suo rapporto con l’Italia?

«La prima volta sono venuta per dei concorsi poi sono tornata negli anni ottanta per dei concerti. Successivamente stavo cercando un posto fuori Londra dove avrei potuto studiare in pace: essendo canadese volevo un lago. Avevo amici in Umbria e dopo aver visto il Lago Trasimeno in alcune foto ho trovato un terreno sul quale ho fatto costruire una casa: è stata una storia piena di felicità. Quando ho visto il Castello dei Cavalieri di Malta, a cinque minuti da casa mia, ho pensato che avrei dovuto coinvolgerlo in un festival. Quest’anno festeggio anche i vent’anni del Trasimeno Music Festival, in questa edizione dal 26 giugno al 2 luglio: abbiamo un concerto ogni sera con artisti di livello internazionale e interviste con autori importanti. Il nostro pubblico viene dal mondo intero al quale possiamo mostrare le bellezze dell’Umbria».

È già stata a Parma?

«Ho già suonato al Regio con la Camerata Salisburgo, tanti anni fa. So che è uno dei più bei teatri italiani e non vedo l’ora di tornare e di suonare per il suo pubblico».

Giulio A. Bocchi

© Riproduzione riservata

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