LIRICA
Divide il pubblico «La Bohème» di Puccini andata in scena ieri sera al Teatro Regio di Parma, terzo titolo della Stagione Lirica 2025: tutto è finito tra gli applausi generali ma nel corso della serata un po’ di freddezza si è percepita e, se nel complesso tutto è filato senza incidenti, al termine del secondo quadro è sorta una voce che ha chiosato «Povero Puccini!». Eppure, l’apprezzamento di parte del pubblico non è mancato.
Opera indubbiamente complessa, con quell’uso del declamato che si apre a oasi liriche, e un tessuto orchestrale denso che non sempre è semplice gestire nel rapporto con il palcoscenico, era qui messa in scena con la scelta coraggiosa di affidarne la realizzazione ad artisti giovani. Il cast era nel complesso equilibrato, con belle voci anche se forse non sempre centrate nel ruolo Pucciniano: Roberta Mantegna (Mimì), Atalla Ayan (Rodolfo), Alessandro Luongo (Marcello), Roberto Lorenzi (Schaunard), Aleksei Kulagin (Colline), Maria Novella Malfatti (Musetta), Eugenio Maria Degiacomi (Benoit, Alcindoro), e ancora Francesco Congiu (Parpignol), Angelo Lodetti (Sergente dei doganieri), Matteo Mazzoli (Doganiere), Matteo Nonni (Venditore ambulante).
La direzione del giovane Riccardo Bisatti alla guida della Filarmonica di Parma è riuscita a gestire bene la macchina teatrale, anche se talora con qualche squilibrio nei volumi, non aiutato dall’uso del fondo del palcoscenico per i protagonisti. Valido l’apporto della banda di palcoscenico degli Allievi del Conservatorio Peri-Merulo di Reggio Emilia, del Coro del Teatro Regio di Parma, preparato dal maestro Martino Faggiani, e del Coro di voci bianche del Teatro Regio di Parma preparato dal maestro Massimo Fiocchi Malaspina.
Quanto alla regia, si apre come una scatola di ricordi la scenografia dell’allestimento firmato dalla regista e costumista Marialuisa Bafunno, dalla scenografa Eleonora Peronetti, dal light designer Gianni Bertoli e dal coreografo Emanuele Rosa, vincitori del bando rivolto a team creativi under 35. Mettendo al limitare della scena un Rodolfo anziano che, ritrovando un cofanetto pieno di oggetti, ricorda il suo passato, la nostalgia diventa elemento centrale, come idealizzazione di una gioventù già salutata. La regia in questo coglie il punto nodale dell’opera: la malinconia è insita nel veloce fuggire della spensieratezza dei protagonisti del libretto di Illica e Giacosa come nella musica di Puccini, che è una continua rimembranza di se stessa. La nostalgia è insomma centrale senza bisogno di questo espediente drammaturgico che comunque non disturba finché non diventa troppo invasivo: in alcuni momenti il vecchio Rodolfo entra infatti nel ricordo, finendo per interferire con la narrazione. La caratterizzazione dei personaggi gioca sull’attualizzazione, con Colline ecologista, Schaunard leopardato e aspirante drag queen (forse un omaggio al musical «Rent» di Jonathan Larson), Marcello street artist, Musetta diva da Instagram mentre Mimì e Rodolfo sono più vintage, connotati da macchina da scrivere e una macchina fotografica analogica.
Lucia Brighenti
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata