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BEDONIA

Monsignor Berni racconta l'amico Papa Leone XIV: «Sa entrare nel cuore della gente»

Monsignor Berni racconta l'amico Papa Leone XIV: «Sa entrare nel cuore della gente»

di Rachele Camisa

11 Maggio 2025, 09:36

 Quando monsignor Domenico Berni parla del nuovo Papa, Leone XIV Robert Francis Prevost, lo fa con una luce negli occhi che tradisce tutta l’emozione di un’amicizia profonda, coltivata in anni di missione e fede condivisa: «Siamo amici, amici, anzi più che fratelli. Ad oggi non ho ancora avuto il coraggio di chiamarlo, ci scriviamo spesso e la sera stessa gli ho scritto un messaggio e mi ha risposto dopo qualche ora. Non abuserò della nostra amicizia», confida con la voce rotta dall’emozione.

Entrambi agostiniani, entrambi missionari in Perù, entrambi pastori profondamente legati alla gente. La storia che lega mons. Berni - nato a Piane di Carniglia, nel comune di Bedonia, il 26 maggio 1940 - al nuovo Pontefice è una storia di vicinanza spirituale, collaborazione fraterna e stima reciproco. Ordinato sacerdote nell’Ordine di Sant’Agostino il 29 giugno 1966, Berni ha conseguito il dottorato in diritto canonico e civile alla Pontificia Università Lateranense prima di essere inviato, nel 1971, come missionario in Perù.

Lì ha speso una vita intera. Nel 1989, San Giovanni Paolo II lo nomina vescovo prelato di Chuquibambilla, incarico che esercita fino al 2018, quando lascia per raggiunti limiti d’età. Una missione lunga e intensa, accompagnata da una profonda comunione con il confratello Prevost, che nel frattempo guidava la diocesi di Chiclayo, sulla costa peruviana, mentre Berni era tra le Ande.

Come è nata l’amicizia con il Papa Leone XIV?

«Il nostro è un bel cammino - spiega Berni -. Con mons. Prevost in Perù ci vedevamo almeno due volte l’anno negli incontri ecclesiali. Ci sentivamo spesso, anche se eravamo lontani: la sua Diocesi era sulla costa la mia sulle montagne. Ma il legame è sempre stato forte. Quando fu nominato Superiore degli Agostiniani, Prevost visitava tutte le nostre Case e portava sempre un clima di ascolto, equilibrio e profonda spiritualità. È un uomo profondamente colto, che conosce gli ultimi, la fatica. È sempre stato apprezzato da tutti i vescovi per la sua preparazione e la capacità di dialogo».

Mons. Berni ricorda anche l’arrivo di Prevost nella diocesi di Chiclayo, un contesto non facile in quel momento...

«Arrivava dopo i sacerdoti dell’Opus Dei e non fu semplice. Ma lui ha saputo riconciliare, entrare con delicatezza nel cuore della gente. Lo hanno amato da subito. È uno di quelli che sanno stare in mezzo al popolo, e il popolo questo lo sente».

Nel 2018, al momento della fine della missione di mons. Berni in Perù, Prevost era al suo fianco: «Ha percorso i 1080 km, quelli che dividevano le nostre Diocesi, per esserci. Ha concelebrato con me, era lì per sostenermi e sostenere il mio successore. Un gesto che non dimentico. Lasciare una missione iniziata nel 1971 quando le azioni di evangelizzazione e promozione umana erano davvero difficili… è un’intera vita. Anche per mons. Prevost come per me il Perù e le missioni rimangono come una seconda patria dentro di te».

«Nei momenti importanti ci siamo sempre stati l’uno accanto all’altro: Quando è stato nominato cardinale, l’ho accompagnato a Roma, gli amici ci devono essere non solo con la preghiera, il suo cammino di crescita è stato davvero importante e veloce. Il “rumore” delle sue azioni in missione, sia come religioso che come “uomo diplomatico” si è sentito ovunque. Come Bergoglio anche lui era in un posto lontano “alla fine del mondo”. Lo scorso anno, quando era già Prefetto del Dicastero per i Vescovi, Prevost si trovava a Roma per un incontro con Papa Bergoglio e ha preso un giorno di libertà per venire a trovarmi. È venuto fino a Celle Ligure, dove quella domenica dovevo andare per una celebrazione e abbiamo concelebrato insieme. Questo è lui: presenza, affetto, fedeltà».

E su quella che è diventata una notizia storica per la Chiesa universale, l’elezione a Papa, mons. Berni non è rimasto sorpreso?

«Lo Spirito Santo conosce, sa. Ma io, nel mio cuore, l’ho sempre saputo che il mio amico aveva qualcosa di speciale. Il mio cuore sapeva che poteva essere Lui il prescelto, era pronto per guidare la Chiesa, il suo percorso, il suo cammino. Papa Francesco lo conosceva bene, si stimavano profondamente. Mons. Prevost andava spesso a Buenos Aires come Supervisore per le Case agostiniane, e lì ha conosciuto l’allora arcivescovo Bergoglio. La loro era un’amicizia di fede, una comunione missionaria. Francesco ha preparato il suo cammino, sapeva chi era Prevost, conosceva la sua umiltà, la sua esperienza tra gli ultimi e la sua capacità di trovare equilibri dove apparentemente non ci sono».

La scelta del nome pontificio, Leone XIV, l'ha colpita?

«Ecco, la scelta del nome mi ha sorpreso, ma è una scelta che dice tanto. Leone XIII fu un Papa vicino agli agostiniani, ma anche molto alla dottrina sociale, al popolo. Scegliere quel nome significa dire al mondo quale sarà il tuo “programma di vita”. E il modello è chiaro: sarà un Papa che starà in mezzo alla gente, in ascolto, come ha sempre fatto»».

In ogni parola di monsignor Berni trapela l’affetto sincero e la gratitudine per un’amicizia che ha attraversato anni, chilometri, fatiche e gioie. Un’amicizia che oggi si fa storia e che nasce da solidi radici, quelle della fede e nel cuore della missione.

Come vive questo momento?

«Sono felice, davvero. Non per me, ma per tutta la Chiesa. Perché il mio amico, quello che ho visto tra la polvere delle strade peruviane, ora ci guiderà continuando ad essere uno di noi».

E conclude emozionato: «Andrò presto a trovarlo anche se ho molti acciacchi, ora tocca a me raggiungerlo. Credo avrà tanti impegni ma so che rimarrà quello di sempre, un caro amico Papa Leone XIV».

Rachele Camisa

© Riproduzione riservata

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