1728 Gazzetta incontra
Luca Sofri non gioca a fare l'indovino e a chi gli chiede quale futuro attenda il mestiere del giornalista risponde con estrema onestà: «Non lo so. Non faccio previsioni oltre i tre mesi». Ma anche se il direttore editoriale de Il Post non fa previsioni sul futuro dei giornali in Italia (e non solo), di sicuro lui è uno che la sua scommessa l'ha vinta: la sua testata online (che non ha mai pubblicato una pagina di carta) è nata 15 anni fa ed oggi è un punto di riferimento per l'informazione chiara, accurata e di qualità in rete. «Siamo partiti in sei, in una stanza a Milano che usavo come studio. Quella è stata la nostra prima redazione»: ora Il Post ha una redazione con 50 giornalisti, affiancati da altri 30 collaboratori, racconta Sofri, il primo direttore (di un quotidiano) protagonista della rassegna «1728 Gazzetta incontra», organizzata ieri al Palazzo del Governatore. Dopo di lui è salito sul palco Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, mentre sabato alle 16, in Pilotta, sarà la volta di Enrico Mentana, direttore del Tg La7.
Un futuro difficile
Partiamo dalle cattive notizie (per confermare lo stereotipo che ai giornalisti piacciono solo quelle): quale sarà il futuro dei quotidiani? A chiederlo a Sofri è Stefano Pileri, vicedirettore della Gazzetta di Parma. «Vedo un futuro difficile e complicato, perché è un business in difficoltà», ammette, senza sbilanciarsi troppo. «Oggi la differenza fra un'informazione accurata, di qualità, e un'informazione inattendibile e pericolosa si è un po' diluita», avverte, lanciando quindi un appello non solo ai giornalisti, ma a tutti i cittadini. «È una sottrazione di responsabilità pensare che tutte le responsabilità riguardo l'informazione siano in capo solamente i giornalisti. L'informazione riguarda tutti, quindi una consapevolezza e una formazione maggiori sarebbero apprezzabili anche fuori dal mondo giornalistico».
Un mondo social
Sofri è molto chiaro: non solo i giornalisti producono informazioni. Inoltre, sui social, molti giornalisti hanno un numero ridotto di follower rispetto alla media dei ragazzi. «Mia figlia ha 1.200 follower su Instagram. È ovvio che se lei scrive qualcosa sui social le conseguenze di quello che scrive sono molto più efficaci rispetto a un giornalista autorevole che però di follower ne ha meno». Può non piacere, ma è così. Sofri lo spiega senza giri di parole: «I social ormai sono la vita. Dire che i giornali sbagliano a seguirli è come dire che un quotidiano non deve seguire ciò che accade in strada». Intere generazioni vivono la loro vita sui social, quindi i mass media non possono ignorare ciò che avviene in rete: sarebbe come perdersi un pezzo di realtà.
Giornali fatti con l'AI
Altra insidia per i giornalisti: l'intelligenza artificiale (AI). La macchina sostituirà l'uomo nella scrittura degli articoli? Il Foglio ha già pubblicato alcuni numeri totalmente scritti dall'AI. «Il Foglio è un giornale satirico, nel senso che ha un approccio spiazzante» punzecchia Sofri. «La sua esperienza dimostra che l'intelligenza artificiale è uno strumento utile, ma poco rivoluzionario, perché aiuta a fare con meno fatica, con minor dispendio di energie lo stesso prodotto che si faceva prima. Non mi sembra un esito molto rivoluzionario. L'AI ha un potenziale sovversivo molto più grande». Nella redazione de Il Post quanta intelligenza artificiale viene usata? «Non la usiamo. Dopo un'indagine interna è emerso che siamo tutti abbastanza scarsi e indietro. Dovremmo studiare e prepararci di più».
Sofri poi è spiazzante su un punto: «È un po' sopravvalutata la richiesta di trasparenza nell'uso dell'AI». Per il fondatore de Il Post, non avrebbe senso scrivere che un articolo è stato scritto dall'intelligenza artificiale, perché le indicazioni sull'argomento da approfondire, la revisione dell'articolo e le sue eventuali correzioni dipendono sempre dal giornalista. «È come se, in fondo ad ogni articolo, dovessimo scrivere che è stato utilizzato il correttore di Word».
Lezione ai giovani
Per molti ragazzi i quotidiani sono prodotti da museo che, al massimo, vengono sfogliati a casa dei nonni. I giovani non si informano sulla carta stampata (o leggendo le testate online): le loro conoscenze maturano sui social. Come aiutarli quindi a distinguere un'informazione di qualità dalle fake news? «Per prima cosa - puntualizza Sofri - ai ragazzi bisogna spiegare i fondamenti della convivenza civile, il perché abbiamo assistito in passato all'aumento della conoscenza e come è avvenuta la condivisione di questa conoscenza. Tutti aspetti che sono stati abbastanza demoliti in questi anni. Ma il mondo andrà a rotoli se continuiamo a fregarcene». Sofri è netto: «Oggi, competenza e conoscenza vengono etichettate come snobismi, atteggiamenti radical chic, presunzioni di chi non capisce il Paese reale».
Il buon giornalismo
Meno letteratura e più fatti. Questa, per Sofri, è la regola del buon giornalismo. Una regola poco applicata in Italia. «Nel giornalismo italiano, storicamente, gli standard di accuratezza sono più bassi che altrove. Non è diffusa una cultura particolarmente rigorosa». Negli Stati Uniti, assicura, è diverso. Almeno per quanto riguarda New York Times, Wall Street Journal, Washington Post e Usa Today. «I giornali seri americani sono più noiosi. Sono più suggestivi certi articoli italiani, nei quali c'è molta più voglia di emozionare, coinvolgere, divertire, appassionare il lettore, ma per riuscirci ci si allontana un po' dai fatti, dal rigore e dalla correttezza».
L'esperienza del Post
Il Post che linea segue: più rigorosa o più «letteraria»? È più anglosassone o latino? «Noi abbiamo scelto di essere accurati, chiari, di cercare di far capire le cose». Un pregio che anche Pileri riconosce al Post: «I suoi articoli sono scritti in modo da non costringere il lettore a ricordare le puntate precedenti. Le notizie sono scritte in modo accessibile a tutti. Questo è giornalismo di qualità».
Un giornalismo, spiega Sofri, che si basa su tre pilastri: «Essere chiari, senza ricorrere al linguaggio artificioso del “giornalese”. Essere accurati, affidabili e, terzo punto, occuparsi del cambiamento. La mia impressione è che questi tre aspetti fondamentali mancassero un po' nel giornalismo italiano». Ma la qualità paga? «Purtroppo in molti settori la qualità è in declino, ma se individui una nicchia di richiesta di qualità e sai offrirla in modo soddisfacente, puoi creare un prodotto che sta in piedi». Perché anche il «fuoco sacro» del giornalismo deve fare i conti con le vendite.
Pierluigi Dallapina
Fontana: «Investire sulla qualità per garantire un futuro ai giornali»
Ci sono tanti fili che si intrecciano, nella storia del «Corriere della Sera» e della «Gazzetta». Tanti giornalisti parmigiani che hanno scritto pagine importanti della storia del quotidiano di via Solferino. Ed è stato «un onore avere il direttore del “Corriere” Luciano Fontana ospite del nostro “1728 Gazzetta incontra”», ha detto il direttore della «Gazzetta» Claudio Rinaldi aprendo il secondo incontro della giornata.
L'impronta parmigiana
L'intervista non poteva che partire dai ricordi, da quell'impronta parmigiana che è rimasta impressa in via Solferino nel corso del tempo. «Il nostro storico direttore Baldassarre Molossi - ha esordito Rinaldi - amava ripetere alla redazione che non bisognava fare un piccolo “Corriere” ma una grande “Gazzetta”. Non era certo un gesto di sfida al “Corriere”, che era e resta un'istituzione, ma un modo per sottolineare la filosofia, sempre attuale, di un giornale orogliosamente provinciale, che deve puntare sul radicamento sul territorio.
Tanti i giornalisti che nel corso del tempo sono passati dalla «Gazzetta» al «Corriere». Rinaldi ha citato Egisto Corradi, «il più grande inviato di guerra», Bruno Rossi e Maurizio Chierici». «Gianluigi Colin - ha proseguito - che per decenni ha curato la grafica del “Corriere”, ha firmato la nostra ultima riforma, nel segno di Bodoni».
Il ricordo di Micconi
Fontana ha dedicato un ricordo affettuoso a Luciano Micconi, storico segretario di redazione di via Solferino: «Ogni mattina ci mandava fogli di appunti con tutti gli errori del giorno precedente. È stata una “persecuzione” quotidiana di straordinaria utilità perché tra le tante cose da cui si distingue un giornalismo di qualità rispetto a un giornalismo impressionistico, c'è la precisione, il saper raccontare i dettagli. È su tutto questo che si costruisce l'originalità di un giornale». Anche Rinaldi ricorda con infinita nostalgia le telefonate quotidiane di Micconi.
L'avvento del digitale
Fontana, durante la sua lunga carriera (è giornalista dal 1986, al «Corriere» dal '97, direttore da dieci anni), ha vissuto i tanti cambiamenti che hanno trasformato la professione del giornalista. A partire dall'avvento del digitale. «Ho 66 anni e come giornalista ho attraversato ere geologiche diverse - ha spiegato -. Quando ho iniziato non c'erano nemmeno i computer: ci si portava la macchina da scrivere e una tessera telefonica per dettare i pezzi. A quei tempi c'era una grande esclusività delle notizie, ora invece la discussione è su quanto i giornalisti possano sbagliare, ma ai tempi non c'era uno “scrutinio” diretto e continuo come oggi».
Quanto alla trasformazione digitale, «nel nostro mondo era un tabù, c'era una paura infinita - ha ricordato - il suo avvento ha portato uno sconvolgimento non solo nel fare informazione, ma anche nel modo di organizzare turni di lavoro e competenze. Ora si lavora h24 divisi su turni e uno dei picchi più importanti è quello delle 7 di mattina, quando tante persone si svegliano e leggono le notizie del giorno».
Guardare al futuro
Fontana ha raccontato quando nel 2006, da vice direttore con delega al digitale, venne mandato negli Usa per capire come si stavano organizzando in campo digitale grandi giornali come il «New York Times». «Quando sono diventato direttore - ha osservato - possedevo le competenze per capire come la storia e la tradizione del “Corriere” potessero essere portate nelle piattaforme digitali. I lettori hanno diritto alla stessa qualità e quantità di informazioni anche sul digitale. Il giornale deve poter essere letto da tutti e con la stessa qualità. Oggi il “Corriere” conta più di 600mila abbonati digitali, un numero che rappresenta uno straordinario valore. Sul futuro non sono pessimista, ma serve uno sguardo aperto e bisogna saper cogliere le opportunità. La gente vuole leggere cose serie, affidabili, credibili. Al di là del mezzo, le basi rimangono l'autorevolezza e l'affidabilità».
Lo spirito dei «social»
Il mondo dell'informazione, secondo Fontana, «ha preso lo spirito dei social network, dove tutto è bianco e nero e le opinioni altrui sono qualcosa da scagliare come pietre. Si fanno giornali rispecchiando i pregiudizi dei lettori, invece un giornale di qualità deve essere fatto per tutti. Questo non significa essere incolori, ma dare notizie verificate, esprimendo opinioni con rispetto anche verso chi la pensa in modo diverso. Oggi invece i giornali in larga parte si sono chiusi in un angolo, ma una informazione con gli elmetti in testa non fa un buon servizio al Paese, ma anche a livello aziendale, perché restringe l'orizzonte».
Investire sul domani
Oggi il «Corriere» conta 483 giornalisti assunti e 6-700 collaboratori. «Puntare sulla qualità è la strategia vincente - ha dichiarato -, se invece si punta sui tagli, tagli il prodotto e continui fino a quando non si chiude. Il valore della carta è ancora importante, soprattutto per dare una gerarchia e una determinata struttura alle notizie».
Il «Corriere» organizza numerosi eventi. «Fatturiamo quasi 10 milioni di euro l'anno grazie agli eventi - ha precisato Fontana - che riguardano svariate tematiche che vanno dall'intelligenza artificiale alla sostenibilità».
L'utilizzo dell'AI
L'AI difficilmente potrà sostituire la «penna» di un giornalista, ma può aiutarlo a velocizzare una serie di azioni ripetitive e nel correggere eventuali errori e sviste. «L'AI scrive bene ma non ci trovi niente di originale - ha assicurato Fontana -, il giornalismo invece è apertura di orizzonte, originalità. Ti aspetti che leggendo un articolo ti offra un punto di vista nuovo. Questo rischio con l'AI non si corre. Siamo molto lontani anche dalla necessaria affidabilità nel reperimento dei dati. Se vuoi, puoi fare un giornale con l'AI, ma non sarà mai come quelli scritti da giornalisti. Esistono inoltre numerose app per trasformare contenuti e con altre funzioni che ci possono aiutare nel nostro mestiere».
Politica estera
Non sono quindi mancate domande e risposte sui temi di attualità. «Per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, siamo ancora molto lontani dalla possibilità che si apra una vera trattativa e ci sia una pace giusta e duratura - ha spiegato senza giri di parole -. Trump ha concesso tanto a Putin, ma soltanto ora sta iniziando a capire che la trattativa non è facile. Putin ha ottenuto il massimo dal punto di vista politico, ma non concede nulla».
A Gaza invece «Netanyahu deve fermare un intervento militare andato oltre ogni limite».
Il cosiddetto riarmo europeo «non doveva essere chiamato così - ha precisato - ma l'idea di costruire una sicurezza europea è molto importante. Bisogna infatti pensare anche alla cybersicurezza e a sistemi di controllo avanzati diventati ormai indispensabili».
Il nuovo Papa
Papa Leone XIV «parlando della pace si è inserito molto bene e ha usato parole forse meglio calibrate rispetto a Papa Francesco - ha rimarcato -. Si è offerto per diventare sede delle trattative e ha ben chiaro quali siano i punti di una pace giusta e durevole. L'impressione finora è ottima. Continuerà l'opera di rinnovamento di Francesco, ma sarà un Papa costruttore».
Politica interna
Sulla durata dell'attuale governo, Fontana non ha espresso dubbi: «Penso che arriverà a fine legislatura perché ha una grande polizza sulla vita: non c'è un'alternativa plausibile, pronta e credibile». «Al di là dei conflitti nella maggioranza - ha aggiunto - nei primi due anni ci sono stati aspetti positivi: sono stati tenuti a bada i conti pubblici e risolte partite delicate come il Superbonus e il reddito di cittadinanza. Però le grandi riforme nessuno le ha viste: la pressione fiscale è quasi inalterata e il Pnrr naviga con difficoltà. L'Italia oggi ha un grosso problema di salari bassi, ma possono salire solo se il Paese cresce. Anziché perdere tempo in scaramucce, sarebbe bene che il governo concentrasse la propria azione su 2-3 priorità». «L'altra parte politica invece - ha concluso - per ora rimane un grande punto interrogativo».
Rinaldi ha infine donato a Fontana il catalogo della mostra allestita dalla «Gazzetta» in occasione di Parma capitale italiana della cultura.
I saluti di Lavagetto
L'incontro è terminato con l'intervento di Lorenzo Lavagetto, vice sindaco con delega alla Cultura. «Stiamo cercando di aprire una discussione sulla situazione nazionale e internazionale - ha precisato - farlo con interlocutori di questo livello è un privilegio».
Luca Molinari
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