Scontro con la Regione
«Un fulmine a ciel sereno». Così Mario Cotti, capo consulta dell'Upi e direttore generale e amministratore delegato di Valparma Hospital, commenta la decisione della Regione Emilia Romagna di cancellare i ristori e gli indennizzi concessi durante il periodo pandemico alla sanità privata accreditata.
Decisione che, per altro, ha preoccupato nei giorni scorsi già tanti esperti del settore e il mondo politico. La novità è stata comunicata a inizio settimana, quando la Regione ha annunciato di voler rivedere il tetto dei rimborsi per le prestazioni sanitarie in mobilità attiva e revocare la delibera del 2024 per gli indennizzi agli ospedali privati che, nel periodo dell’emergenza Covid, avevano messo a disposizione il proprio personale al sistema sanitario regionale.
«Stop indennizzi»
«Il tutto è arrivato come un fulmine a ciel sereno - ribadisce Cotti -. A novembre avevamo raccolto e presentato i documenti per gli indennizzi e adesso, a distanza di pochissimi mesi, ci dicono che gli indennizzi non solo non arrivano più, ma che dobbiamo restituire quell'anticipo che ci era stato dato nel periodo emergenziale: una situazione che mette a rischio l'assistenza a favore del cittadino».
Impossibile da dimenticare lo sforzo economico e organizzativo durante quei periodi così complessi. «Il contributo di cui parla la Regione era stato peraltro già erogato in anticipo nel periodo Covid, insieme ad alcune spese straordinarie per i dispositivi di protezione individuale - fa notare Cotti, anche capo della consulta della sanità privata all'interno di Confindustria Parma -. Rapidamente si era dovuto convertire i nostri reparti di medicina in reparti per infettivi, e formare il personale per dare assistenza ai pazienti contagiati». Ma non solo, la questione riguarda anche la mobilità dei pazienti provenienti da altre regioni. In concreto verrebbero ridotti i tetti massimi delle prestazioni erogabili a chi arriva fuori regione per le strutture private accreditate.
«Caos mobilità pazienti»
«A tutto questo caos si aggiunga il paventato blocco della mobilità dei pazienti provenienti da fuori regione, per ricevere cure specialistiche e prestazioni di chirurgia - sottolinea Cotti-. Se i pazienti ci scelgono vuol dire che siamo attrattivi, abbiamo delle eccellenze, dei bravi specialisti e riusciamo a dare un ottimo servizio, questo ci rende orgogliosi e ci stimola a fare sempre meglio il nostro lavoro. Il cittadino - rimarca - deve essere libero di poter scegliere il medico e il luogo di cura».
Gli alloggi dell' «Ail»
Una questione, quella della mobilità, che potrà avere ripercussioni «anche sul pubblico», fa presente Cotti.
Basta chiedere ad Ail Parma, infatti, per sapere quanti pazienti abbiano usufruito dei loro alloggi gratuiti, messi a disposizione proprio per le persone malate che arrivano da fuori regione o i loro familiari. «Nei nostri appartamenti sono state accolte prevalentemente persone trapiantate o i loro familiari - fa sapere Federico Quaini, neopresidente della sezione parmigiana dell'Associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma -. Appartamenti che è da almeno due anni che sono sempre pieni. Da dove arrivano maggiormente i pazienti? Dalle isole, dal sud, ma anche dalla Toscana, per esempio».
Secondo Quaini di Ail Parma è quindi «fondamentale che le persone possano curarsi anche in altre città - ribadisce - certe cure vengono erogate solo in determinati centri ospedalieri: per alcune patologie sono necessarie cure in strutture altamente specializzate, centri all'avanguardia magari anche per le nuove tecnologie utilizzate». Quello del blocco della mobilità dei pazienti diventa quindi un ulteriore «peso» che si aggiunge a un contesto generale già complesso: dalla «difficoltà per la forte carenza di personale», a causa anche di «stipendi inadeguati» e «turni lavorativi pesanti», alle liste d'attesa. Tanto da costringere le strutture private accreditate a «reperire il personale all'estero, a cui dobbiamo fornire anche l'alloggio - sottolinea il direttore generale e ad di Valparma Hospital -. Il problema è che il Servizio sanitario italiano è stato penalizzato da oltre 10 anni di mancata crescita del fondo sanitario nazionale». La preoccupazione è concreta: «In questo contesto difficile - ammette Cotti -, sembra sempre più difficile soddisfare le esigenze dei cittadini».
Il tribunale del malato
Da un lato quindi c'è la preoccupazione dei privati, chiamati a restituire prestiti da 80 milioni. Dall'altro c'è la Regione, che vuole mettere in discussione le risorse anche alla luce dei tagli sulla sanità previsti dal governo. Un rapporto, quello tra sanità pubblica e privata, che in Emilia Romagna «è sempre funzionato bene ed è stato proficuo nella maggior parte dei casi, permettendo un servizio di alto livello», dichiara Anna Baldini, segretaria regionale per la cittadinanza attiva Emilia Romagna del Tribunale dei diritti del malato. E per quanto riguarda al blocco indennizzi, afferma: «Bisogna aspettare che la situazione si configuri come più chiara, adesso pare che ci sia l'intento della Regione a ridiscutere l'accordo, ma non sappiamo in che termini verrà riconfigurato: è chiaro che non si possono cancellare i diritti acquisiti, non si può tornare indietro». In particolare, Baldini fa notare, «richiamando» la Regione, come «non si possa usare lo stesso criterio, quello dei tagli del Governo, contro cui si combatte».
Anna Pinazzi
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