Lutto
Nel silenzio che scende su viale Duca Alessandro sembra di percepire ancora un respiro lieve: l’eco di un uomo che per decenni ha raccolto storie, sguardi, frammenti di vita. Un bar, sì, ma anche un approdo sicuro per chi cercava conforto, un sorriso, una parola capace di alleggerire il passo. Dietro a quel bancone, ogni giorno, c’era Gianni Coppellotti: occhi pieni di vita, passo calmo, la pazienza di chi ha imparato ad ascoltare il tempo. Rigoroso ed elegante, sempre con il gilet da barman, sapeva accogliere tutti con un sorriso o una parola cortese.
«Papà era innamorato del suo mestiere - ricorda la figlia Roberta - e lo faceva con rispetto e dedizione, trattando ogni cliente come un amico». A 21 anni aveva lasciato la sua terra per la Germania, deciso a imparare l’arte del gelato. Lì, tra il rumore secco delle palette e il profumo dolce della crema alla vaniglia, aveva coltivato il suo sogno. Dopo tre anni era rientrato in Italia con un’idea precisa: aprire una gelateria. Durò poco. Gianni capì che voleva di più: un luogo vivo, aperto, dove le persone potessero fermarsi, parlare, sentirsi a casa. Così, nel 1962, nacque il suo bar: il Bar Gianni.
Lo chiamavano «il bar della camomilla», non tanto per la bevanda in sé quanto per l’effetto che aveva: calmava e rassicurava quei ragazzi che, prima di partire per sostenere l’esame di guida, si sedevano ai tavolini stringendo una tazza calda come fosse un talismano. Quel piccolo rito, ripetuto negli anni, si intrecciava alla vita quotidiana del quartiere, dove il locale era diventato un vero e proprio salotto: gli anziani chini sulle carte al pomeriggio, i giovani che si davano appuntamento per un aperitivo, i tifosi del Parma che riempivano le notti di cori e speranze. Gianni guardava tutto questo e diceva: «Sono arrivato che era periferia, me ne vado che ormai è centro».
Non chiudeva mai: era sempre lì, non per dovere ma per il piacere di stare nel suo bar, tra clienti che erano anche amici. Non amava le vacanze: ad agosto, più che il mare, gli mancava la sua gente. Ripeteva spesso: «Io non lavoro, faccio ciò che amo». E lo amava davvero. «Dietro al bancone era una forza - ricorda il fratello Armando -, aveva sempre una parola buona per tutti e la capacità di fare qualsiasi cosa, senza mai perdere il sorriso». Dopo una vita di lavoro senza soste, aveva imparato a concedersi piccoli piaceri: il mare, la casa sulla costa, qualche crociera con un amico. Eppure, anche dopo il pensionamento, la sua presenza continuava a farsi sentire. Perché certe presenze sanno restare: discrete, luminose, indimenticabili.
Gianni si è spento a 92 anni, lasciando un vuoto profondo in chi lo ha conosciuto e amato. Lo ricordano con affetto la figlia Roberta, il fratello Armando e le loro famiglie, gli amici di sempre e tutti coloro che, entrando al bar Gianni, hanno trovato molto più di un caffè: hanno trovato un sorriso che sapeva di casa.
La camera ardente sarà allestita venerdì alle 12 a Varano de’ Melegari, in viale Martiri Libertà 17. Il funerale si terrà lo stesso giorno alle 15 nella chiesa Parrocchiale di Metti, a Bore. Sarà l’ultimo saluto a un uomo che, con semplicità e passione, ha saputo lasciare un segno indelebile nella vita di un quartiere e nel cuore di chi lo ha conosciuto, trasformando un bar in una casa e un caffè in un abbraccio. E resteranno sempre i ricordi: il tintinnio dei cucchiaini, il profumo del caffè, la sua voce calma dietro il bancone. Perché ci sono vite che non si archiviano: continuano a vivere ogni volta che qualcuno varca quella soglia e si sente, ancora, a casa.
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