Personaggio
Il suo compagno di “merende”, Gianni Morandi li ha fatti l’anno scorso, senza generare un interesse similare, ma gli 80 anni di Rita Pavone (nata il 23 agosto 1945 a Torino) sono come un siluro che, sparato dalla sua villa, a Latte Caldo, in Svizzera, irrompe nella quotidianità semi-tranquilla del dopo Ferragosto.
Si ha, almeno io ho, (da fan vero della prima ora, i suoi anni ‘60 , non quelli anagrafici, ma quelli dei suoi primi successi), la percezione che non sia mai diventata grande, ma se poi mi tuffo nel piacere dei suoi 45 giri, che non mi facevo certo mancare, quando costavano 250 lire, come le deliziose follie del «Geghegè» o del «Plip», un ballo tra pollice e mignolo, ancora oggi modernissimo, passando poi alle atmosfere rarefatte di «Alla mia età», una teen-ager con il timore e la voglia di crescere e quasi subito Rita crebbe eccome: vola in America e canta al Madison Square Garden a New York, colmo fino all’inverosimile oltre a prendere parti per diverse volte all’Ed Sullivan Show, che potremmo paragonare al nostro Maurizio Costanzo show che sarebbe arrivato qualche lustro dopo, ma dobbiamo pensarlo per una sterminata platea, quella degli States è una platea ovviamente molto più estesa, non solo, diventa popolare in Brasile e i suoi concerti una leggenda, ha fatto un tour anche più recentemente, nel 2018, «Rita is back», quando, è tornata in Sudamerica per con una serie di concerti tra San Paolo, Porto Alegre e Rio de Janeiro.
Non si dimentichi che la Pavone divenne popolarissima in molti Paesi Europei, ha inciso canzoni in tedesco, in Francia arrivando a cantare all’Olympia ma al tempo stesso, Rita si forma una famiglia, vera, la sua, con due figli, Alessandro, giornalista, l’altro, Giorgio, è un musicista e un autore (oltre ad aver fatto produzioni per sé ha anche scritto per la mamma quella sorprendente «Niente»/ Resilienza 74), portata a Sanremo nel 2020 prima che ci piovesse addosso il Covid.
Rita ha anche avuto problemi di salute, importanti, un intervento al cuore, ma tutto si può superare e lei lo ha dimostrato. Ci saranno una o più ragioni se Morrissey degli Smiths o gli U2 al gran completo hanno dichiarato di ammirarla.
Nel 2016 ci troviamo nella stessa edizione di «Ballando con le stelle», io col fiato corto, povero Raimondo Todaro, Rita che vola con Simone di Pasquale, s’incrina due costole ma fa niente, non la fermi neanche con le corde, ha tutto il diritto/dovere di dimostrare il suo talento su diversi territori… Due mesi a fare prove su prove, a cimentarsi col charleston, il boogie woogie, io con l’ossigeno in camerino, Rita libellula che uno poi dice «ma tu sei bionica» e io sono solo una foca da circo, miracolata dal destino.
Torno al suo repertorio dei ‘60 per via che è quello che mi folgorò da ragazzino: nel 2001 mi prendo una patetica rivincita incidendo la sua «Stasera con te», e qualche mese dopo me la porto in Radio, a Dee Jay che le apre le porte senza nessun pregiudizio, anzi! E tra un momento e l’altro del nostro incontro sul suo strepitoso album, «Masters», gliela faccio sentire e quella biondina, ex pel di carota (l’avesse conservato, un doppio misto con Jannik Sinner non ci sarebbe stato male…) mi guarda con un commiserevole sorriso e capisco da solo, abbassando la testa, che i fan sono una razza e gli artisti veri un’altra. Già è una fortuna incrociarli in questa vita e trascorrere del tempo, mai sprecato, in loro compagnia. Gli 80 anni di Rita, sono per tutti noi, un regalo che possiamo e dobbiamo ancora goderci in pieno. «Alla mia età s’incomincia a cercar l’amor», cantava una cinquantina abbondante d’anni fa, la «Ritin»; se la chiamassi così ancora oggi, la autorizzerei a punirmi per bene, me lo meriterei: augurissimi, Signora Rita!!!
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