Il caso
«Le politiche di contrasto al narcotraffico, alle mafie, al commercio delle nuove sostanze psicoattive via web, operato meritoriamente dalle Forze dell’Ordine, devono associarsi ad interventi, sanitari e sociali di prevenzione primaria, terapia e riabilitazione anche alternativi alla detenzione». Ne è più che mai convinto Pietro Pellegrini, direttore del Dipartimento assistenziale integrato salute mentale dipendenze patologiche dell'Ausl di Parma. In giorni di polemiche sulla distribuzione gratuita della pipe da crack ai tossicodipendenti, Pellegrini ricorda come «la complessità del fenomeno obbliga ad adottare chiavi di lettura che vadano oltre i principi di legalità (consentito/vietato) e di beneficialità (bene/male). Sostanze legali, alcool o tabacco ad esempio, hanno evidenze di danni molto gravi per la salute e di alta pericolosità in certe circostanze, ad esempio alcool e guida».
Concentriamo però l’attenzione sul consumo di droga.
«La tossicodipendenza è una malattia che si caratterizza per la perdita di controllo, il bisogno impellente di procurarsi la sostanza e un profondo stato di malessere in assenza della sostanza. E’ una condizione complessa, spesso accompagnata da stigma e incomprensione, che coinvolge la salute fisica, mentale e sociale e relazionale della persona. Affrontarla richiede un approccio multidimensionale che includa la prevenzione, l’accesso a trattamenti efficaci e una strategia di riduzione del danno. Dal 1994 le politiche europee e mondiali sulle droghe si basano sui cosiddetti quattro pilastri: lotta al narcotraffico, prevenzione, cura e riabilitazione, riduzione del danno e dal 2017 la riduzione del danno viene garantita dal Servizio sanitario nazionale all’interno dei livelli essenziali di assistenza. Prevenzione, cura e riduzione del danno non sono concetti in contraddizione tra loro, non sono esclusivi uno dell’altro. A Parma come in tutta la Regione, tutte e tre gli ambiti in stretta connessione tra loro sono portati avanti attraverso una rete pubblico-privato che impegna con professionalità e dedizione numerosi operatori e cittadini dei servizi sanitari, comunità terapeutiche, servizi sociali, terzo settore, volontariato».
Come stanno insieme prevenzione, cura e riduzione del danno?
«Prevenzione è tutto quello che si fa prima che una persona inizi a usare sostanze o sviluppare una dipendenza. Serve per evitare che ci caschi dentro. La prevenzione inizia con l’informazione e l’educazione. Interventi mirati nelle scuole, nei centri giovanili e nei contesti familiari possono aiutare a costruire consapevolezza sui rischi legati all’uso di sostanze psicoattive e nel contempo offrire alternative sane e accessibili, come attività sportive, culturali e sociali, capaci di rafforzare l’autostima, il senso di appartenenza e le competenze relazionali, riducendo così il rischio di consumo problematico. A Parma sono attivi progetti di prevenzione, in linea con il Piano regionale delle prevenzione e con il Piano nazionale, che hanno intercettato circa 4000 ragazzi nel 2024. La relazione al Parlamento sui consumi di droghe 2025 ha messo in evidenza per la prima volta un’inversione di tendenza nei giovanissimi con un calo dei consumi: l’evidenza che gli interventi di prevenzione, se basati su evidenze di efficacia, nel lungo tempo danno risultati».
E il tema della riduzione del danno si lega alla distribuzione di siringhe e, argomento di oggi, delle pipe per il crack.
«La riduzione del danno è un approccio pragmatico e umano, in atto a Parma da oltre 30 anni, che riconosce che non tutte le persone che usano sostanze sono pronte o in grado di smettere subito. Significa offrire strumenti per ridurre i rischi per la salute (propria e altrui) anche in assenza di una cessazione immediata del consumo. Gli interventi di riduzione del danno, come la distribuzione di siringhe pulite, stanza del consumo sicuro. docce e lavanderia, accoglienza notturna, educazione per ridurre i rischi, servono a limitare le conseguenze peggiori, anche se la persona continua a usare, e a proteggere la persona stessa e la collettività dai danni conseguenti, sanitari, economici, sociali e legali. Questi interventi non "incentivano" l’uso, come a volte si crede, ma salvano vite e servono a favorire e creare un contatto tra i servizi di cura e le persone più marginalizzate, aprendo la strada verso un possibile trattamento».
Da qui la scelta di distribuire le pipe.
«Sono uno strumento di riduzione del danno, a Parma vengono fornite ai soggetti su loro richiesta, durante l’attività dell’Unità di strada svolta sul territorio e presso la sede del Drop in. Al servizio vengono assistite persone in condizioni di fragilità di cui la metà non accede ai servizi di cura. Nel 2024 sono state seguite 181 persone di cui il 39%, in aumento rispetto all’anno precedente, faceva uso di crack. La richiesta di pipe è stata fatta da persone in condizioni di precarietà sociale o francamente in marginalità. Ne vengono consegnate ai pazienti al massimo una al mese, nell’ottica della responsabilizzazione verso la cura di sé. La letteratura scientifica e gli studi di ricerca evidenziano come l’uso della pipa, in alternativa a strumenti di fortuna, riduca le lesioni di labbra e bocca e quindi potenzialmente riduca i rischi di contagio di malattie infettive, mentre non vi è evidenza di incremento dell’uso. Ma fornire materiale per il fumo soprattutto costituisce un elemento di aggancio relativamente alla costruzione di una relazione di fiducia e finalizzata all’ingaggio della persona verso il sistema di cura, i Servizi per le dipendenze, o a motivarla verso un’adesione regolare a programmi a più alta intensità terapeutica. Costituisce quindi, per questa tipologia di soggetti, una porta di ingresso verso il contatto con i Servizi di cura».
Quante ne avete distribuite e quale è stata la spesa sostenuta dall’Ausl di Parma?
«La spesa è stata di 600 euro per 316 pipe nel 2024 e di 740 euro per 300 pipe nel 2025. Dal 2022 ad oggi sono state consegnate a 200 persone».
Insomma semplicemente una forma di prevenzione?
«Parlare di tossicodipendenza in modo non ideologico, basato su evidenze e orientato alla salute pubblica, è un atto di responsabilità. Non esistono scorciatoie: solo una società che investe nella prevenzione, che garantisce l’accesso ai trattamenti e che non lascia indietro nessuno (nemmeno chi è ancora nel pieno del consumo) può davvero dirsi umana e giusta. Perché la tossicodipendenza non è un crimine, ma una malattia. E come tutte le malattie, va affrontata con competenza, compassione e responsabilità collettiva e una grande concorde collaborazione interistituzionale».
r.c.
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Chirurgia mini-invasiva
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