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Il regista Jacopo Spirei: «”Falstaff” opera delle opere»

Il regista Jacopo Spirei: «”Falstaff” opera delle opere»

di Giulio A.Bocchi

02 Ottobre 2025, 03:01

Il regista Jacopo Spirei ha ripreso in mano l’allestimento di «Falstaff» che era andato in scena nel 2017 e che tornerà al Teatro Regio domani alle 20.

Come si è approcciato a quest’opera?

«Falstaff è l’opera delle opere: riassume la vita in tutti i suoi aspetti. Riesce a trovare un equilibrio tra le varie parti della società, ma è anche una satira feroce alla società borghese italiana. La trasposizione in Inghilterra la esotizza e diventa più digeribile, ma possiamo tranquillamente immaginarci un qualunque paese italiano di provincia che funziona con quelle dinamiche. La parte interessante è questo vecchio uomo che non è né simpatico né piacevole e pieno di difetti, ma follemente innamorato della vita. Questo, a dispetto di tutto quello che Falstaff combina, ci fa perdutamente innamorare di questo personaggio. Porta squilibrio nelle vite di tutti, ma in realtà li rende più veri: il finale del terzo atto li porta più vicini ai loro istinti e a chi sono, dispersi in questo bosco. È una grande metafora della vita: un’opera assoluta a livello umano oltre che musicale. Ho dato un’ambientazione inglese per i miei tanti trascorsi britannici».

Un omaggio alla sua esperienza in Inghilterra?

«C’è tutta una serie di cose ispirate dalla cultura pop inglese: anche le serie televisive come “Absolutely Fabulous”. I personaggi saranno tipici del mondo anglosassone: si pensi anche a certi personaggi di “Trainspotting” con una vena conservatrice punk, con la Regina Elisabetta. Questo è un omaggio, ma serve anche come contesto che non sia soltanto geografico, per rappresentare un villaggio di tutti.Lo spettacolo si basa sull’elemento di Falstaff che porta squilibrio: quando lui arriva rompe il
palco, storce tutto il villaggio e fa volare le case. È una forza della natura che irrompe nel tran-tran quotidiano di un piccolo villaggio e lo rende epico».

Com’è riprendere questo allestimento con un cast diverso?

«La bellezza di questo repertorio è che cambia ogni volta che cambiano i suoi protagonisti. Io mi baso molto sugli artisti con cui collaboro e i personaggi sono sempre costruiti sulla base degli interpreti che ho a disposizione, della loro sensibilità. È un lavoro di collaborazione e non ci sono mai due spettacoli uguali: è un percorso di ricerca affascinante e divertente. In questo caso ci sarà un cast di livello assoluto. È una gioia riportare questo spettacolo a casa, a Parma, dopo che è stato in giro in tutta Europa. In ogni caso è sempre un’esperienza gioiosa portare in scena Falstaff perché ha un’energia che tende a unire le persone e non a dividerle».

Ci sono titoli che non ha ancora affrontato, ma che la ispirerebbero?

«Dei titoli verdiani sicuramente Macbeth: è un capolavoro assoluto, il materiale di partenza è straordinario ed è l’ultima opera della “trilogia shakespeariana” che mi manca. Ho fatto diversi titoli verdiani, ma mi manca anche la “trilogia popolare”. Al di fuori di questo repertorio mi piacerebbe “Les contes d’Hoffmann” e le opere di Handel e Monteverdi, sempre e comunque».

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